Dagli Stati Uniti arriva il nuovo monito dei cardiologi: niente zucchero ai bambini. Sono 640 milioni le persone obese o in forte sovrappeso con gravi patologie. La lotta agli zuccheri si fa più serrata.
Tempi duri per le torte della nonna, le caramelle e tutte quelle “coccole dolci” riservate al nipotino. Non che prima dolci e bevande gassate fossero annoverate tra i cibi salutari della nostra dieta, eppure stavolta dagli Stati Uniti più che un monito giunge un divieto. L’American Heart Association, nella sua ricerca pubblicata su Circulation, stabilisce dei limiti rigorosi che – tra le altre cose – vieta in maniera categorica la somministrazione di zuccheri aggiunti ai bambini da 0 a 2 anni.
Se ai tempi della nonna era prassi consolidata quella di “inzuppare” il ciuccio dei bambini nello zucchero, ora la percentuale di obesità infantile – e delle non poche patologie direttamente collegate ad essa – costringe i medici a lanciare l’allarme. E dopo i 2 anni? Dai 2 ai 18 anni, sottolinea lo studio, non bisogna superare i 25 grammi giornalieri, pari a sei cucchiaini scarsi. Naturalmente è importante non confondere gli zuccheri aggiunti con quelli già presenti nel cibo, come nel caso di latte e frutta, che non a caso sono esclusi dalla blacklist dei cibi vietati. Non solo merendine, a salire sul banco degli imputati sono bibite gassate, succhi di frutta, biscotti e cereali per la prima colazione dei più piccoli. Insomma, tutti quei cibi elaborati e fornitori di “calorie vuote” che non forniscono alcun nutriente benefico all’organismo.
Può sembrare una semplice bacchettata dei medici alle piccole e consolidate cattive abitudini dei genitori. Una quisquilia insomma! Eppure è ormai acclarato che l’aumento dell’obesità infantile è una vera e propria piaga dilagante, che porta con sé una maggiore esposizione a malattie cardiovascolari, ipertensione e infarto in età adulta, oltre che a una maggiore incidenza del diabete di tipo 2.
In molti Paesi sono già state adottate delle misure restrittive per fronteggiare il problema, non ultima la Gran Bretagna che la scorsa settimana ha approvato una tassa sulle bibite zuccherate, in vigore a partire dal 2018. Gli introiti che ne deriveranno saranno impiegati nella promozione e sviluppo di uno stile di vita sano, attraverso la costruzione di nuovi impianti sportivi e tante altre iniziative ad essi correlate. L’esempio britannico è solo l’ultimo di una scia di modelli simili, in Francia come in Belgio, nei paesi scandinavi così come in Messico. In Italia la proposta è nata e naufragata nel 2012, in barba al triste primato europeo del Belpaese per il tasso di obesità nei bambini fino a 10 anni.
Per carità, i trend attuali dimostrano una lieve diminuzione e questo ci conforta. Ma nonostante ciò, il consumo di zuccheri per bambino resta ben oltre i livelli fissati. Le cifre dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riviste al ribasso lo scorso anno, fissavano a 50 grammi giornalieri il limite consentito di consumo di zucchero per un adulto. Un bambino italiano ne consuma mediamente 87 grammi, tanti nonostante siano meno della media europea di 97 grammi. I dati contenuti nell’indagine europea Idefics e pubblicati lo scorso anno, suggeriscono quindi che la battaglia ai danni dello zucchero è lontana dalla vittoria.
Dal luglio 2018 le grandi aziende alimentari saranno obbligate a indicare il quantitativo di zucchero contenuto nei loro prodotti, in modo da facilitare il calcolo delle calorie consumate. Occorre non sottovalutare la questione, tenendo presente che è proprio nei primi anni di vita del bambino che si plasmano i gusti e le scelte alimentari che lo accompagneranno per tutta la vita. Se il bambino, inoltre, si abitua ai sapori dolci si crea un’assuefazione tale che lo porterà ad escludere i cibi sani. Bandito lo zucchero, forse i nostri figli saranno più scontenti. Ma ci ringrazieranno.
Alessandra Maria