Il neoeletto presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, in un’intervista a La Repubblica, ha dichiarato che è pronto a scendere in campo alle prossime primarie del PD: «Io ci sarò. Anche alle primarie, non escludo nulla». Il suo nome va ad aggiungersi a quelli di Orlando e Calenda, che, però, ha preso la tessera del partito solo pochi giorni fa e non ritiene opportuno candidarsi come suo segretario.
Zingaretti verso le Primarie PD
Dopo la sua seconda vittoria consecutiva alle regionali, aveva proposto di “rinnovare il centrosinistra” e spiega che, per fare ciò, vorrebbe puntare al modello de L’Ulivo, per un congresso «aperto e unitario», precisando: “Non quell’Ulivo, che è il passato, ma la sua ambizione sì, lo spirito innovativo, la voglia di stare insieme e di vincere insieme”; con al centro «l’articolo 3 della Costituzione [l’uguaglianza di tutti i cittadini]. La mia parola è rigenerazione: non solo del Pd, ma di tutta la sinistra. E senza accordi calati dall’alto, ma aprendo un grande confronto, vero e forte».
Inoltre, anche lui esclude eventuali accordi con il M5S: “Dobbiamo stare all’opposizione. Non siamo stati noi a deciderlo, ma gli elettori. Chi ha vinto provi a governare”.
Eppure, solo due giorni fa, aveva annunciato che il suo desiderio era quello di continuare a fare il governatore della regione Lazio: “Nei prossimi 5 anni sarò presidente del Lazio: è per quello che i cittadini mi hanno eletto”. Forse ci avrà ripensato, o forse l’incarico di segretario del PD fa gola anche a lui, soprattutto ora ches i è reso conto di non avere la maggioranza nel consiglio regionale. Difatti, nonostante la sua sia stata una delle poche (se non l’unica vittoria dei Dem alle ultime elezioni politiche), il centrosinistra non ha la maggioranza per governare alla regione Lazio. Dunque, anche qui, bisognerà pensare a qualche alleanza e Zingaretti, a riguardo dice:
“Il mio atteggiamento è sempre stato e continuerà ad essere di grande apertura e disponibilità all’ascolto. Ci confronteremo”. Mentre con la candidata del Movimento 5 Stelle, Lombardi, non c’è stato alcun contatto, anzi sembra essere sparita nel nulla. Rimane Pirozzi, sindaco di Amatrice, che ha scelto di correre da solo alle regionali decretando la sconfitta di Parisi, candidato del centrodestra.
E Sergio Pirozzi ne ha così commentato la sconfitta: “Parisi non è stato votato dai partiti che lo sostenevano. Se l’avessero votato, avrebbe vinto. Ora vediamo chi darà più filo da torcere al Presidente: se il “potente” candidato con cui dovrà scendere a patti per governare, visto che non ha la maggioranza in Consiglio, o se un modesto ma libero “piccolo sindaco”.
Una maggioranza che non c’è né nel Lazio né in Italia
Dopo l’annuncio di Renzi di voler lasciare il suo ruolo da segretario del Partito Democratico, è cominciato il toto-nomi su chi sarà la sua prossima guida. Di sicuro, lunedì prossimo verranno formalizzate le dimissioni di Renzi e la palla passerà poi a Maurizio Martina, attuale vicepresidente, che avrà il compito di organizzare l’assemblea di aprile, in cui si deciderà se avere un segretario di transizione (fino al congresso del 2019) o se andare alle primarie. Sembra che Martina sia impegnato a creare un organismo collegiale, in grado di supportarlo in questa delicata fase (su suggerimento di Andrea Orlando), ma i renziani non sono d’accordo. Anche se Renzi ha deciso di lasciare, la sua presenza e la sua opinione continuano a pesare nel PD: i suoi fedelissimi sono contrari ad aperture verso verso il Movimento 5 Stelle e i renziani sono la maggioranza degli eletti: su 56 al Senato 38 sono con Renzi, così come il 70-80% dei 112 eletti alla Camera.
Dunque, nel Partito Democratico è in corso una vera e propria lotta, e a nulla sembrano valere gli appelli del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che invita tutti a «collocare al centro l’interesse generale del Paese e dei cittadini».
Carmen Morello