Il caso di Zeudi Araya è emblematico per comprendere come i corpi neri siano stati rappresentati nel cinema del passato.
Zeudi Araya è un’attrice e produttrice cinematografica eritrea naturalizzata italiana. Si è resa celebre in Italia soprattutto con film come: La ragazza dalla pelle di luna, La ragazza fuoristrada e Il corpo. Tutti e tre sono stati dei veri e propri cult del cinema erotico italiano degli anni Settanta. Sentiamo il bisogno però di andare più a fondo. Riguardando questi film oggi c’è decisamente qualcosa che non va.
I film di Zeudi Araya
Il primo film di Zeudi Araya fu La ragazza dalla pelle di luna (1972), diretto da Luigi Scattini. La storia si apre con una crisi matrimoniale tra Alberto e Helen alla quale la coppia decide di rispondere con un viaggio alle Seychelles, tentando così di ricucire il rapporto in crisi. Sull’isola però, Alberto si innamora di una ragazza locale, Simoa, interpretata da Zeudi Araya. Alberto finisce per avere dei rapporti con Simoa che inizia a incarnare perfettamente il simbolo di una rovina matrimoni, pronta a rubare il marito ad una “povera moglie innocente”.
La rappresentazione stereotipata e razziale di Zeudi Araya purtroppo non finisce qui. Anche ne Il corpo (1974), il personaggio di Zeudi Araya è fortemente legato all’aspetto sessuale e corporeo. La donna comanda con lo sguardo e attira a sé un uomo e lo spinge persino ad uccidere l’amante di lei. La donna qui è rappresentata come una mantide che porta i suoi pretendenti verso una fine inevitabile.
Ne La peccatrice(1975) diretto da Pier Ludovico Pavoni, interpreta il personaggio di Debra Santalena, arrivata in Sicilia. Il “Turco”, potente locale, si innamora di lei, provocando gran gelosia alla moglie. In generale, il trattamento che le donne del paese riservano a Debra soprattutto a causa del suo colore della pelle e per la sua bellezza incantatrice, è tutt’altro che amichevole. La moglie del Turco chiama in auto il figlio Michelino che finisce per innamorarsi anch’esso di Debra. A quel punto, verso la fine della storia, le paesane finiscono per uccidere Debra lanciandole delle pietre Debra. In questa scena la moglie del Turco si rivolge a Debra prima di ucciderla così: “Venisti dalla tua terra a portare sventura e maleficio e disonore nella mia casa, maledetta strega che Dio ti maledica! Devi morire“.
Feticizzare e sessualizzare i corpi neri
In ogni rappresentazione di Zeudi Araya ritroviamo una sorta di feticismo e sessualizzazionedel corpo nero. Inoltre, la donna viene concepita come oggetto, o meglio trofeo, frutto di un forte razzismo coloniale. Sono film certamente di un’altra epoca, ma non per questo non hanno bisogno di un’analisi. Anche se non ci ritroviamo in queste rappresentazioni, purtroppo è ancora possibile riscontrare dei retaggi di tutto ciò nella vita quotidiana.
La donna nera nel cinema italiano è sempre stata rappresentata come una elemento puramente corporeo, messo lì per provocare e suscitare sensazioni tra gli uomini. Pensiamo ad un elemento di intrattenimento, un souvenir esotico che spaventa ed eccita al tempo stesso. Come ha brillantemente spiegato Oiza Q. Obasuyi in un articolo su Colory
Nell’immaginario collettivo italiano influenzato da un determinato modo di rappresentare – dalla televisione ai film – le relazioni amorose che riguardano le persone nere, si tende a eliminare qualsiasi pensiero inerente ai sentimenti di queste ultime. Il fatto di immaginare una persona nera innamorata e capace di provare dei sentimenti, o di avere una personalità, viene rimpiazzato da un’idea che si focalizza principalmente sugli stereotipi e i pregiudizi che riguardano il loro corpo e il sesso. Questo deriva sia dai retaggi coloniali di epoca fascista applicati ai corpi delle persone nere, in particolare il corpo delle donne, sia dal tipo di rappresentazione mediatica che negli anni si è voluta dare delle persone nere.
Il madamato
Tutto questo deriva da un forte retaggio coloniale. Le donne nere erano le schiave sessuali e nell’Eritrea coloniale si parlava di “madamato“. La “madama” era donna che vive temporaneamente con un uomo italiano, svolge servizi domestici e sessuali, ed è ricompensata con cibo, vestiti o denaro. Anche Alessandro Vaccarelli (Università degli Studi dell’Aquila) ne ha parlato in un articolo intitolato Veneri nere. Il corpo delle donne africane come oggetto di desiderio tra sessismo e razzismo coloniale
Se consideriamo il razzismo e il corpo femminile, in particolare il corpo femminile africano, è evidente come la fusione di genere e razza porti a un duplice e potente processo di naturalizzazione delle differenze: a tratti come l’istintività, e in alcuni casi la ferocia, attribuiti a certe “razze” se ne possono aggiungere altri (debolezza, intelligenza limitata, propensione ai ruoli domestici) tutti carichi di erotismo, pornografia , sottomissione sessuale.
Ma pensiamo davvero di esserne completamente fuori da tutto ciò? Sicuramente, nel cinema, si è fatto un grande passo in avanti, ma le persone nere sono davvero svincolate da stereotipi di questo tipo nella vita reale?