L’Ue punta a diventare la prima economia al mondo ad avere zero emissioni nette a effetto serra nel 2050. In questo modo vuole mostrarsi come un leader capace di realizzare gli Accordi di Parigi, guidando la lotta globale al cambiamento climatico. Questo è l’obiettivo della Commissione Europea presentato da Maros Sefcovic, commissario europeo per l’unione energetica, e dal commissario al clima, Miguel Arias Canete. “L’impatto climatico zero è necessario, possibile e nell’interesse dell’Europa – ha dichiarato Canete – nessun cittadino e nessuna regione europea saranno lasciati indietro”.
La strategia climatica europea
La Commissione Europea ha elaborato tre strategie differenti per realizzare gli Accordi di Parigi del 2015, ovvero un impegno internazionale per contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2°C. La prima prevede una riduzione delle emissioni di CO2 dell’80% entro il 2050; la seconda una riduzione del 90% con completa decarbonizzazione entro il 2070; la terza propone zero emissioni nette entro il 2050 con una riduzione delle emissioni del 95% e il 5% di assorbimenti di carbonio grazie ad iniziative agro-forestali. È quest’ultima la soluzione preferita dalla Commissione. Combinando azioni che puntano al rinnovabile, all‘economia circolare, all’uso di idrogeno ed e-carburanti, all’elettrificazione spinta, ai biocarburanti sostenili, unite alla valorizzazione del settore agricolo-forestale, si possono raggiungere grandi risultati anche nel breve termine.
La reazione degli ambientalisti
Il piano della Commissione è un’ancora di salvezza, secondo Greenpeace. Un passo necessario da compiere per rispondere alla crisi climatica. Ma il Wwf, invece, sostiene che si debbano raggiungere le emissioni zero di carbonio già entro il 2040. Ciò sarebbe possibile con l’utilizzo consapevole di tecnologie mirate, già a portata di tutti. Posizione dura, invece, quella di Legambiente.
La strategia proposta dalla Commissione europea è inadeguata rispetto alla crisi climatica che stiamo vivendo e le cui conseguenze, come l’amplificarsi degli effetti di frane e alluvioni, sono sotto gli occhi di tutti”
Secondo Legambiente ci sono tutte le potenzialità economiche e tecnologiche per ridurre le emissioni nette del 55% entro il 2030. Ma Bruxelles volta le spalle all’organizzazione, non ritenendo forse la spinosa questione climatica abbastanza urgente. Serve una linea condivisa dai governi europei e dall’Europarlamento. Una linea consapevole e chiara, sottoscritta da tutti e con effetti immediati a breve termine. Perché rimandare a trent’anni quello che possiamo realizzare tra dieci?
Ilaria Genovese