Zaki rimarrà in carcere per altri 45 giorni. Lo ha annunciato EIPR in un twitter. È quanto stabilito dalla sentenza emessa oggi dalla Procura Superiore dello Stato. L’esito dell’udienza che doveva deliberare circa il rinnovo della custodia cautelare ieri ha tenuto tutti con il fiato sospeso. I sostenitori del giovane, che si erano radunati fuori dal tribunale, si sono dispersi quando l’avvocato dello studente, Hoda Nasrallah, è uscita dall’aula annunciando il rinvio della sentenza ed esprimendo un certo scetticismo. Il giudice avrebbe infatti concesso a Zaki l’accesso ai libri in carcere.
La settima udienza per Zaki
L’udienza, la settima per il ricercatore egiziano in carcere dal 7 febbraio con l’accusa di sovversione, era prevista per sabato 5 dicembre. La corte ha poi informato che la data comunicata “non era corretta” e che la seduta si sarebbe tenuta ieri, domenica 6. Si tratta comunque di un anticipo: il 22 novembre era stato disposto il rinnovo della custodia cautelare. Non si attendeva quindi un nuovo aggiornamento prima del mese di gennaio.
In tribunale erano presenti, oltre allo studente e al suo avvocato, anche il procuratore dell’UE e i rappresentanti delle ambasciate italiana, tedesca, olandese e canadese. Non mancavano i rappresentanti delle ONG che in questi mesi hanno lottato per la liberazione incondizionata del giovane. Naturalmente in prima linea gli attivisti dell’Iniziativa Egiziana per i Diritti della Persona (EIPR), l’organizzazione con cui collaborava Zaki.
Nella prima fase dell’udienza è stato disposto il congelamento dei beni dei 3 leader di EIPR,Karim Ennarah, Gasser Abdel Razek e Mohamed Basheer, rilasciati su cauzione nei giorni scorsi dopo poche settimane di detenzione. Lo annuncia l’organizzazione con un post su Facebook: “La corte ha disposto il congelamento dei beni senza permetterci di parlare e senza permettere ai nostri avvocati di leggere l’ordine di congelamento”.
Il carcere di Tora
La seduta si è svolta in un’accademia di polizia prossima al carcere di Tora, dove Zaki è stato trasferito a marzo. La high security prison 992, a sud del Cairo, dove il giovane rimarrà per altri 45 giorni, è una “tomba di cemento”, dove torture, violenze e abusi fisici e psicologici sono parte del protocollo. Tra il 2013 e il 2019 sono morti 917 detenuti, molti dei quali deceduti perché erano state loro negate adeguate cure mediche, un’altra prassi molto diffusa che aggiunge crudeltà alla prigione del regime di Al-Sisi.
Il vero inferno è il braccio di massima sicurezza noto come scorpion, dove è detenuto Zaki insieme ad altri prigionieri di coscienza. I racconti dei detenuti sopravvissuti parlano di continue violazioni dei diritti, trattamenti inumani e degradanti. Qui i membri della popolazione carceraria vengono torturati con scosse elettriche, obbligati a spogliarsi e poi presi a bastonate sulla schiena. Le celle, sporche, sono spesso sovraffollate, ospitano a volte anche 20 detenuti costretti a fare i turni per dormire e a condividere lo stesso disgustoso bagno. Il cibo è stantio, infestato da insetti. Anche le violenze sessuali sono comuni. I secondini scelgono un detenuto, gli affibbiano un nome femminile e lo stuprano a turno, fino a togliergli ogni traccia di dignità umana.
A inizio dicembre, per la prima volta dall’arresto, l’avvocato del ventinovenne ha potuto fare visita al suo assistito, e ha riferito che “Zaki dorme per terra, senza materasso. Soffre tremendi dolori alla schiena, e ha chiesto una pomata e una cintura per la schiena”.
Zaki rimarrà in carcere
Il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury, ha dichiarato: “Dopo ore e ore di attesa questa decisione sconcertante, vergognosa, lascia veramente senza fiato e sgomenti”. E ancora: “È il momento che ci sia un’azione internazionale per salvare questo ragazzo dall’orrore di Tora in Egitto”.
Ora la custodia cautelare è stata rinnovata, e si inizia a temere per il futuro di Zaki che, con un’accusa di propaganda sovversiva, rischia fino a 25 anni di carcere.
Camilla Aldini