Di Insaf Dimassi
Il 20 luglio 2021, a Voghera, piccolo comune in provincia di Pavia, si è consumata una tragedia che si porta alle spalle non solo il peso della drammaticità del problema della violenza nel nostro Paese, ma si trascina dietro l’evidenza ineludibile del razzismo e della marginalizzazione dei soggetti più deboli della società che accompagna la nostra quotidianità in Italia.
Ricostruiamo i fatti: un uomo, 39 anni, di origine marocchina, il cui nome è Youness El Boussettaoui, senza fissa dimora e con problemi psichiatrici, viene ucciso con un colpo di pistola che c’entra perfettamente il torace dell’uomo, colpo di pistola sparato da Massimo Adriatici, assessore alla sicurezza del Comune, partito di appartenenza Lega (NORD).
L’assessore, portatore di una pistola carica perché “in possesso di porto d’armi” (come se fosse una legittimazione), afferma di aver sparato accidentalmente all’uomo dopo uno spintone ricevuto, conseguenza di una lite iniziata davanti un locale per un presunto disturbo che Youness El Boussettaoui stava recando ai clienti.
Ora, io non voglio entrare nel merito dei fatti, ruolo che non spetta né a me ne a nessuno di voi, perché compito solo della giustizia, ma vorrei affrontare una discussione, non dico importante, ma di vitale importanza, quale il linguaggio e la narrazione razzista di cui il nostro Paese, i nostri politici e i nostri mezzi di informazione sono disgraziatamente portatori.
Mi sembra quasi imbarazzante dover iniziare dal commento che il leader della Lega, Matteo Salvini, ha fatto per GIUSTIFICARE, perché di questo si tratta, le azioni aberranti del membro del suo partito.
Capiamoci: il leader di un partito, un Deputato, un ex Ministro dell’Interno, invece che condannare senza condizioni l’omicidio avvenuto nei confronti di una persona inferma mentalmente (certificato clinicamente dai professionisti che lo seguivano) e indifesa, ha iniziato a fare una lista confusa ed erronea di motivazioni che GIUSTIFICASSERO un omicidio, facendo passare il messaggio spaventoso, che quando abbiamo di fronte una persona marginalizzata dalla società e straniera, si è giustificati a sparare e uccidere, perché la vita di alcuni vale molto di più rispetto alla vita di altri.
Come se non bastasse, a seguito di questi commenti indecenti, subentra nei canali social del partito una comunicazione disgustosa che punta a de-umanizzare e criminalizzare la vittima, pubblicando materiale video e scritto, con elenchi dei precedenti penali di Youness el Boussettaoui e con testimonianze di persone vicine all’uomo che possano contribuire a colpevolizzare chi, in questo contesto, è solo e soltanto una vittima.
A parti inverse, però, le parole sarebbero sarebbero state le stesse?
Le parole di condanna, non sarebbero durissime e taglienti? Non sarebbe subentrata una narrazione razzista e anti-immigrazionista feroce e crudele?
Eppure, nonostante la vittima sia straniera e non italiana, la narrazione razzista c’è stata eccome, perché, anche di fronte alla morte di una persona, il rispetto della dignità umana non si sa cosa sia.
Ma si insiste sulle origini, si insiste sulla condizione sociale, si insiste sulla condizione della salute mentale, come se tutto ciò fosse una giustificazione del crimine commesso.
Cari lettori, cari concittadini, in Italia il razzismo esiste, e se anche di fronte a questi avvenimenti lampanti non ne vogliamo parlare, abbiamo un grosso, enorme problema di omertà.
Perché non ci sono stati numeri significanti di leader o esponenti di altri partiti a condannare il razzismo di tutta questa vicenda? Perché anche la cara sinistra ha voluto focalizzarsi unicamente sul problema dell’arma carica e sul pericolo che l’Assessore rappresenta? Perché anche in questo caso il protagonista della vicenda non è la vittima? Dove sta la dignità del nostro Paese? Dove si è nascosta?
Complici di tutto questo, sono i nostri giornalisti “indipendenti” e “custodi della verità”, che hanno utilizzato un linguaggio terribilmente fuorviante e con una palese narrazione che non si vergogna di colpevolizzare l’uomo che ha tragicamente perso la vita.
Con un utilizzo spregiudicato della spettacolarizzazione della sofferenza umana, sono sbucati imperterriti i video dell’accaduto, accompagnati da titoli sprezzanti che continuano a tentare di spostare la responsabilità sulla vittima.
“Il pugno che ha steso l’Assessore” recitano alcuni titoli, “non si trattava di uno spintone, ma di un pugno”, scrivono altri.
Ma la dignità e il peso delle parole, dove sono finite?
E sapete cos’è che più mi fa soffrire in tutta questa storia? Che al centro di questo dibattito esacerbato non ci siano le parole, la sofferenza, la testimonianza di chi in questa vicenda ha perso un pezzo della propria vita. Di chi ora più che mai torna a vivere la paura di esistere.
Pochi, sono i giornali mainstream che hanno “concesso” spazio ai familiari di condannare, esprimere il proprio dolore e di chiedere giustizia.
In tutto questo le parole che più dovrebbero risuonare, coprendo l’eco irrispettoso delle speculazioni che stanno emergendo, dovrebbero essere le dichiarazioni dei familiari e della sorella, che marchiano in maniera indelebile la nostra pelle e la nostra anima umana.
E’ stato ammazzato innocentemente, non ha fatto niente, chiedo giustizia, e vi seguo finché non otterrò giustizia per mio fratello.
E’ stato sparato qui, da un avvocato, un ex poliziotto, un assessore che gira con la pistola carica, gli ha sparato al petto con l’intenzione di ucciderlo.
Ci sono alcuni che dicono “è un barbone” “è malato” E ALLORA? E ALLORA?
Allora prendiamo la pistola e andiamo ad uccidere ogni persona malata?
Per voi così è giusto, solo perché è marocchino.
I carabinieri che dicono: la famiglia è clandestina. Siamo tutti italiani! Con la cittadinanza italiana!”
Perdonaci, Bahija El Boussettaoui, perdonaci se di fronte alle tue parole di dolore e di giustizia ancora non ti è stato concesso un doveroso silenzio.
Abbiate il coraggio di dire le cose come stanno, abbiate il coraggio di non parlare di colpo accidentale.
L’unica cosa che non è accidentale, in tutto questo, è il razzismo della vicenda. Uniamoci in coro a chiedere giustizia, che non ha colore né contestualizzazione. Che non può esistere una vita più dignitosa di un’altra.
Bellissimo articolo!
Grazie Magda. Torna a leggerci presto, se ti va 🙂
Il marocchino in questione è indifendibile, era pericoloso, molesto e addirittura si masturbava in pubblico.
Non credo sia giusto aspettare che simili criminali a piede libero compiano furti, stupri o aggressioni affinché siano perseguibili ai sensi di legge.
A mio avviso l’assessore Massimo Adriatici ha fatto benissimo a uccidere e in questo specifico caso l’omicidio del balordo è gesto encomiabile e necessario a ristabilire l’ordine pubblico.
Ai marocchini e più in generale ai nordafricani voglio dire: andate a delinquere nel vostro Stato d’origine.