Dal 2014 lo Yemen sta vivendo una crisi umanitaria permanente, e in questo il conflitto tra Russia e Ucraina può solo peggiorare le cose: da una parte la riduzione di scorte alimentari e grano, dall’altra una pace che con lo scontro tra Russia e Occidente sembra essere sempre più lontana.
Se il conflitto tra Russia e Ucraina ha compiuto un mese a fine marzo 2022, quello in Yemen ha toccato i sette anni da quando l’Arabia Saudita ha deciso di intervenire nella guerra civile che dall’anno precedente, nel settembre 2014, aveva preso pieghe particolarmente violente. La chiamano “guerra dimenticata”, e in effetti ciò che la popolazione yemenita sta passando ininterrottamente da quasi un decennio sembra essere sempre in secondo piano rispetto ad altre vicende. Il fatto è che, seppur non se ne parli, il problema rimane; non solo: la crisi umanitaria permanente che il Paese sta vivendo è ulteriormente aggravata proprio dagli eventi internazionali e gli scenari che da inizio anno si sono concretizzati.
Brevi cenni sul conflitto in Yemen
È il 2011: nel mezzo della cosiddetta Primavera araba il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, al governo da oltre trent’anni, lascia il potere a Abdel Rabbo Monsour Hadi. Nonostante le promesse di riforma e di unificazione del Paese, il governo di Hadi non riesce a tenere il controllo su uno stato spaccato da tensioni e discriminazioni sociali. Gli houthi, un gruppo anti-governativo a prevalenza sciita, delusi nel vedere le loro richieste di autonomia non soddisfatte, iniziano a organizzare proteste per cacciare Hadi dal governo. Il malcontento cresce, fino a quando nel settembre 2014 gli houthi prendono il controllo della capitale Sana’a e altre città dello Yemen, dando inizio a un sanguinoso scontro.
La situazione forse si sarebbe risolta da sé, se non fosse che a fine marzo 2015 l’Arabia Saudita, supportata da una coalizione di altri otto stati arabi, decide di intervenire militarmente per ripristinare il governo legittimo. A loro sostegno, Stati Uniti, Regno Unito e anche l’Italia, che nel 2016 ha venduto armi alle milizie saudite. Dall’altro lato, gli houthi vengono aiutati dall’Iran, creando così uno schieramento internazionale che ancora una volta vede due fronti ben delineati che apparentemente sostengono gli interessi interni di una sola nazione.
Parallelismi di guerra
Quello che è successo in Ucraina a febbraio 2022 sembra quasi fare eco al conflitto in Yemen. Scontri etnici interni al paese si vedono riflessi in questioni di portata assai maggiore, con una lotta per l’imposizione della propria influenza che trova nella popolazione locale l’unica vera vittima di tutto. Se dopo solo due mesi di conflitto l’Ucraina sta vivendo un’emergenza umanitaria grave, si può immaginare cosa voglia dire per una nazione essere terreno di scontri per quasi otto anni, nazione già prima della guerra civile in una situazione di estrema povertà.
Gli schieramenti, inoltre, presentano diverse similitudini. Se nel conflitto europeo le sfere d’influenza sono NATO da un lato e Russia e alleati dall’altro, nello Yemen le due parti rivali sono una – i sunniti sostenuti dall’Arabia Saudita – appoggiata dall’Occidente e l’altra – gli sciiti dell’Iran – amici del Cremlino e protagonisti di attriti pregressi con gli americani.
La crisi umanitaria “permanente”
Quella dello Yemen è stata definita dalle Nazioni Unite come la “più grande crisi umanitaria del XXI secolo”. Il Paese, che nonostante le ricchezze presenti sul suo territorio era già lo stato più povero del Medio Oriente, dallo scoppio della guerra civile ha visto le proprie condizioni socioeconomiche precipitare a picco.
Nei primi sette anni del conflitto, da quando l’Arabia Saudita si è unita agli scontri, l’ONU ha calcolato che 377mila yemeniti hanno perso la vita, di cui il 60% per cause come la mancanza di cibo, acqua, le pessime condizioni di igiene e il collasso del sistema sanitario che hanno fatto proliferare malattie (colera, difterite e, non ultimo, il Covid-19). Di quelle centinaia di migliaia, come riferito dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, 10mila sarebbero bambini; secondo l’UNDP, “nel 2021 ogni 9 minuti è morto un bambino di meno di 5 anni”. Save the Children ha stimato che il 65% della popolazione ancora presente sul suolo yemenita, ossia 20 milioni di persone, ha bisogno di assistenza umanitaria.
Le conseguenze dell’invasione russa in Yemen
Il conflitto tra Russia e Ucraina ha destabilizzato pesantemente gli equilibri mondiali, mettendo in crisi anche le economie occidentali più forti. A rimetterci maggiormente, però, sono quelle parti di mondo che già prima si trovavano in difficoltà. L’Africa in generale, ma lo Yemen nel dettaglio vede la sua situazione peggiorare ulteriormente per diversi fattori legati all’azione militare russa.
Da un lato, sul piano politico la pace sembra allontanarsi sempre più. L’acuirsi della divisione tra blocco occidentale e sfera d’influenza della Russia potrebbe riflettersi anche nella questione yemenita, facendo sfumare quel consenso internazionale che da tempo si cercava di raggiungere per mettere fine alla guerra civile. Ad uscire avvantaggiati dai disequilibri di potere paiono proprio gli sciiti sostenuti dall’Iran, con i tentativi di pace promossi dall’ONU e dagli Stati Uniti compromessi dalla delicata situazione in Ucraina.
Dall’altro, la crisi umanitaria permanente è più disastrosa che mai. Lo Yemen riceve la maggior parte delle provviste alimentari dal World Food Programme dell’ONU, il quale a sua volta compra il grano dall’Ucraina e la Russia. Non solo il conflitto sul suolo ucraino ha bloccato le esportazioni di beni primari, ma anche imposto al WFP un nuovo fronte su cui operare. Diverse agenzie umanitarie e delle stesse Nazioni Unite già da marzo hanno dovuto sospendere gli aiuti verso lo Yemen per mancanza di fondi, facendo precipitare la condizione di povertà della gran parte della popolazione. Il rischio, in realtà già concretizzato, è quello di non riuscire a sopperire a tutte le crisi umanitarie in corso; dal WFP arriva una richiesta d’aiuto: “Non fateci prendere il cibo da bambini affamati per darlo a bambini che stanno morendo di fame”.