La chiamano la “coscienza della città” altri la sua vergogna. Così come alcuni considerano l’“operazione speciale” una catastrofe umanitaria, altri la considerano un’azione di liberazione. Ma a preoccupare Yelena Osipova non sono gli avversari politici, bensì l’indifferenza.
2 Marzo 2022, San Pietroburgo— Un video che da lì a poche ore avrebbe fatto il giro del mondo, riprende l’arresto di una donna anziana, accusata di partecipare alle proteste contro “l’operazione militare speciale” voluta dal governo russo. Stretta tra due ali di folla, nel corso di tremendo scontro che registra sempre più vittime, Yelena Osipova è armata di soli cartelli per la pace e porta con sé il peso di una storia che vale la pena raccontare.
La guerra negli occhi di una bambina
Yelena Andreevna Osipova nasce nel 1945, figlia di sopravvissuti all’assedio di Leningrado: resistenza che durò 2 anni e 5 mesi, nel corso della quale perse il nonno Alexei Zakharovich Osipov, anche lui artista e musicista.
Eravamo tutti orfani. Vedevo i miei genitori un giorno alla settimana. Loro lavoravano giorno e notte per ricostruire il paese. I bambini erano nei campi 24 ore su 24, e raramente era possibile tornare in famiglia. Eravamo abbandonati a noi stessi e avevamo una terribile nostalgia di casa, non capivamo perché non potevamo vedere i nostri genitori. Non ricordo l’evidente devastazione, ma ricordo bene che per strada c’era molta gente senza braccia e gambe – erano persone che tornavano dal fronte, per poi scomparire dalle strade. – Yelena Osipova
Lo shock, le difficoltà, come anche il respiro della libertà che aleggiano in un dopoguerra tutto da ricostruire, si trasformeranno in attivismo e la sua arte in uno sfogo.
Fin dall’età di tre anni nutre una forte attrazione verso la comunicazione artistica in cui ritrova la sua massima espressione nella pittura monumentale. Rapita dagli affreschi dei maestri russi Andrej Rublëv e Dionisio, Yelena Osipova decide di perseguire il suo sogno e nel 1962 entra nella Tauride Art School, oggi conosciuta come la Roerich Art School. Dopo il diploma, sente il bisogno di approfondire i suoi studi sulla pittura murale, cerca così di intraprendere la carriera universitaria, non priva di difficoltà.
In quel periodo, mi iscrissi al programma di pittura monumentale presso l’Accademia delle belle arti Mukhina, ma fui respinta diverse volte. Le giovani donne non venivano ammesse al programma di pittura monumentale. Oggi non ho nessun rimpianto. Mi ha stupito che i dipinti che producevo allora e che mi piacevano non fossero portati in mostre ufficiali. Mi veniva detto che c’era “troppo colore” nei miei lavori. Una volta ho portato una rappresentazione di come veniva fatto il pane – basandomi su ciò che ho visto nel dopoguerra – e sono stata subito selezionata per l’esposizione: in quel caso si adattava al format! – Yelena Osipova
Rigetti e censure chiudono il sogno di una carriera artistica, ma aprono a nuove opportunità. In fondo Yelena Osipova non ha interesse a raffigurare storie bucoliche di agricoltura e campagna. Il suo desiderio è dipingere affreschi secondo la sua intima e personale visione, ma pensandoci bene, nessuno le avrebbe offerto questa possibilità. Comprese quindi che avrebbe continuato a lavorare da sola, sviluppando e promuovendo un pensiero creativo indipendente.
Decide così di lavorare come insegnante. Porta a termine gli studi in pedagogia e pittura e successivamente fonda tre scuole d’arte, esercitando la professione per i successivi 35 anni. Periodo in cui la vita le regala un figlio, Vanja: “Sono stati gli anni più belli della mia vita” commenta l’artista. Purtroppo un periodo destinato a spegnersi prematuramente: debolezze, rapporti difficili, portano Vanja ad ammalarsi e a combattere per diversi anni contro una salute cagionevole.
L’immunità è stata completamente minata e Vanya si è ammalato di tubercolosi, che ha causato complicazioni. Aveva i polmoni deboli fin dall’infanzia e lo colpì in questo punto debole. È stato malato per molto tempo e la malattia lo ha portato via. – Yelena Osipova
Il manifesto come arma di protesta politica
Poi nell’Ottobre 2002 la svolta. Il sequestro degli ostaggi nel teatro Dubrovka di Mosca innesca qualcosa in Yelena: “Ho reagito così intensamente a quello che è successo che non sapevo come dirlo”. Nelle prime ore della mattina scrive su un poster :” Signor presidente, cambi urgentemente rotta!” e si reca di fronte al Palazzo Marinsky a manifestare contro la seconda guerra Cecena.
La notte in cui il teatro è stato preso d’assalto, ho lavorato a casa, ho dipinto un quadro, seduta su un divano davanti alla TV. Gli eventi a Dubrovka sono stati trasmessi dal vivo. Tutti aspettavano l’epilogo, anch’io, e divenni testimone di questo orrore. Ho visto autobus pieni di gente con la testa che china sul sedile … E poi, qualche giorno dopo, il telegiornale ha mostrato Putin recarsi in ospedale e tendere la mano alle persone che sono state quasi intossicate a morte, che hanno perso i loro cari. – Yelena Osipova
Questa è la prima di una lunga serie manifestazioni di piazza, che esposero l’attivista a situazioni scomode e pericolose: i poster di Yelena vengono spesso rubati, strappati o confiscati dalla polizia. Riceve minacce dai dissidenti e viene arrestata in diverse occasioni.
A volte le persone poco gentili mi rimproverano: “sei stata pagata”, “ti vendi per soldi” e tutto il resto. Quali soldi? -“Tutti i miei poster sono a casa mia, non ne ho venduto uno solo in vent’anni. Altre persone li fotografano, ne fanno copie e le vendono. Ma non posso rispondere per questo. – C’è stato un vertice del G20 qui un’estate. Ci sono andata con due manifesti: “Non credere nella giustizia di guerra!” e un altro sullo smaltimento delle scorie nucleari. La polizia mi ha arrestata quel giorno, e da allora sono stata arrestata molte altre volte, anche in modo abbastanza brutale. – Yelena Osipova
Ma l’artista di San Pietroburgo non si è arrende, anzi. Dopo l’inizio della guerra in Iraq, sostiene sempre più manifestazioni pacifiche con le sue sole forze. Negli anni seguenti, ripetutamente critica ripetutamente il governo Putin e protesta contro la droga, l’ingiustizia, la persecuzione politica e il razzismo. Un atto di resilienza che nel tempo porterà sempre più manifestanti nelle piazze della sua città: durante il conflitto in Ucraina del 2014, Yelena Osipova non è più in piazza da sola, ma come partecipante di una protesta più ampia e condivisa.
Fondamentalmente, sono solo una figura marginale. Eppure le persone che partecipano a questi eventi la pensano come me, e questo è abbastanza importante. Senti di non essere sola con le tue idee, senti che ci sono altre persone che la pensano allo stesso modo. Oggi non sono ancora molti, ma ci sono. – Yelena Osipova
L’arte: forza attrattiva che sconfigge l’indifferenza
Yelena Osipova non solo mette in luce l’importanza dell’arte visiva come arma pacifica per comunicare, lottare e coinvolgere i cittadini su temi sociopolitici, ma ne mostra anche la sua efficacia: nella sua immediatezza “naïf” mette in discussione ideologie e credenze, scalfendo i muri del pregiudizio e incoraggiando a farsi carico di una realtà scomoda. Cambiare è un ‘atto di responsabilità e ciò che più la rattrista, dice, non sono i dissidenti, ma l’indifferenza.
La maggioranza di coloro che si avvicinano o in qualche modo rispondono ai manifesti, sono bambini. I bambini generalmente capiscono tutto correttamente e rapidamente. La maggior parte degli adulti chiude gli occhi e passa oltre. Non vedo, non sento… E io non lo capisco! Il silenzio fa accadere le cose peggiori.
– Yelena Osipova
Attraverso le sue opere, riesce a comunicare le ingiustizie e i crimini dell’umanità, nonché del potere che la soggioga. Osipova entra in empatia con le difficili condizioni delle persone, indipendentemente dal fatto che siano stati vittime di attacchi terroristici, disastri naturali, elezioni disoneste o violazioni dei diritti civili.
Yelena Osipova non si ferma
Dopo un paio di giorni di fermo dall’arresto del mese scorso, Yelena è stata rilasciata e non si perde d’animo: lo scorso 6 marzo, infatti, come dimostrano alcuni video amatoriali pubblicati su Twitter e su Instagram l’attivista viene nuovamente vista manifestare nelle strade di San Pietroburgo, contro il proseguimento dello scontro militare in Ucraina e per la libertà di espressione.
Attraverso i canali social riesce a dare e ricevere sostegno dalle persone che, come lei, reputano inaccettabile la violenza perpetrata in questi anni dal governo.
Secondo lei, il colore della Russia è il blu, come nelle opere del suo amato Wassily Kandinsky. Secondo lei, l’uccello è sempre stato il simbolo della Russia: onesto, pacifico gentile.
Oggi, purtroppo, Yelena vede sempre meno colore, nelle piume della sua terra natale, ma, come lei stessa afferma, c’è qualcosa che la trattiene dal cedere.
Non è chiaro da dove provengano le forze! Fisicamente mi sento molto male. A seguito della pandemia e a causa dell’età. Ad un certo punto ho pensato che forse non ce n’era bisogno e volevo smettere: sono rimasta scioccata dal fatto che molti russi supportino “l’operazione speciale”. Quando tutto è iniziato e ne sono venuta a conoscenza, sono uscita in strada con un poster in vena di suicidio. Ma le persone mi hanno salvato. Quel giorno ho visto che molti giovani e non solo, condividere le mie opinioni. Si avvicinavano e dicevano “grazie”. Dicevano che avrei dovuto continuare a farlo perché gli davo speranza”.
Fabio Lovati