Il linguaggio, così come la scrittura, sono invenzioni peculiari dell’uomo. Ma c’è davvero bisogno di scrivere per comprendersi? Per l’artista Xu Bing il linguaggio ha molti limiti.
L’artista cinese Xu Bing, noto per l’uso creativo del linguaggio e delle parole, con le sue istallazioni artistiche ha rivoluzionato e influenzato la comprensione canonica del mondo.
Da anni, infatti, l’artista esplora i limiti della forma scritta, raggiungendo risultati strabilianti. Una delle sue opere più famose, Book from the sky , riproduce su rotoli e libri ben posizionati, più di 4.000 caratteri cinesi.
I caratteri utilizzati, tuttavia, sono completamente inventati. Un gran paradosso, se si tiene presente che il titolo cinese, Tiānshū, in origine identificava una “scrittura divina”, per poi interpretare il No Sense, la scrittura senza senso.
Quest’opera non è stata esente da critiche: l’élite erudita si è sentita piuttosto offesa dell’audace mossa dell’artista, che intendeva proprio puntare sulla confusione e sul disagio del suo pubblico.
Xu Bing, infatti, ha basato la sua arte sulla comprensione e la destrutturazione del linguaggio, setacciando i quattro angoli del mondo alla ricerca del linguaggio “universale”, che niente, però, aveva da spartire con le convenzioni canoniche sulla lingua.
Innanzitutto, perché gli uomini dovrebbero comprendere i caratteri fonetici, propri della lingua, tralasciando quelli pittorici?
I pittogrammi cinesi sono una palese testimonianza che il cervello umano riesce tranquillamente a decifrare sia parole fatte di immagini, sia parole fatte di lettere.
Xu Bing, componendo un’opera all’apparenza priva di significato, è riuscito a interpretare in maniera del tutto innovativa, non soltanto le ricerche più moderne in termini di neuroscienza, ma a svelare quali possono essere i limiti del linguaggio.
Cosa avviene nel cervello umano quando s’interpreta una parola?
In ogni cultura, il linguaggio è considerato la più profonda facoltà dell’uomo di esprimersi e di comunicare, attraverso convenzioni implicite che variano a seconda del tempo e dello spazio.
La semplice parola scritta attraverso l’alfabeto occidentale, diventa pittogramma in estremo oriente. Convenzioni implicite diverse, volte al raggiungimento del medesimo obiettivo: la comunicazione con altri esseri umani.
La differenza tra i due tipi di linguaggio verte soprattutto sull’utilizzo del suono. L’alfabeto occidentale è unicamente formato da fonemi, che unendosi compongono la parola. I pittogrammi, d’altro canto, oltre al suono, conservano l’originaria forma pittorica.
Eppure, per entrambe le forme, è necessaria una conoscenza pregressa senza la quale è impossibile comunicare.
Senza dubbio, l’alfabeto è composto da caratteri facilmente memorizzabili, ma nel momento in cui si forma una parola, essa è priva di significato.
Nella mente fresca di un bambino, infatti, la parola Mare o la parola Sedia, non hanno alcun valore proprio. Si potrebbero facilmente invertire i significati, ma il concetto espresso resterebbe invariato.
Gli insegnamenti impartiti dall’ambiente interno ed esterno, l’educazione e la crescita sono gli unici strumenti per sviluppare un uso proprio del linguaggio, così come viene canonicamente accettato dalla società.
Soltanto allora la parola Mare passerà a indentificare realmente una distesa d’acqua salata. Eppure, perché non è possibile utilizzare Sedia per descrivere la stessa distesa d’acqua?
Un bambino, il cui linguaggio non è stato ancora plasmato, comprenderebbe senza alcun problema il significato di una frase come “La sedia era cristallina. Una nuotata era d’obbligo.” Per un uomo adulto, invece, c’è un’evidente inversione di significato.
Un’inversione che appare addirittura disturbante.
Quando un uomo adulto legge, infatti, le parole acquistano un significato ben preciso ai suoi occhi perché gli è stata impartita una cerca educazione, in un dato ambiente, con ben strutturate forme sociali.
Ecco cosa ha differenziato il linguaggio nel corso del tempo: tempo e spazio e strutture sociali diverse.
La risposta di Xu Bing
In epoca remota, gli uomini non avevano bisogno di scrivere parole per comprendersi: la comunicazione avveniva esclusivamente per via orale. Eppure, anche in quel caso, i parlanti erano membri della stessa comunità.
La comunicazione, che avvenisse mediante simboli, parole o immagini procedeva per convenzioni strutturare, canonicamente accettate e ben definite.
Dopotutto, è necessario comprendersi per poter comunicare.
Attraverso lo studio e la destrutturazione del linguaggio, Xu Bing ha puntato proprio sulla facoltà primordiale del cervello umano: comprendere.
Infatti, il cervello ha un superpotere impressionate: riuscire ad adattarsi alle situazioni di difficoltà, per ottenere rapidamente dei vantaggi.
La comunicazione con altri essere umani è un istinto primordiale che ha portato alla nascita di simboli, forme pittoriche e, in ultimo, la parola e la scrittura.
Procedendo all’inverso, scrivendo caratteri cinesi privi di significato, ma con forma identica ai pittogrammi classici, Xu Bing ha reso evidente quando il linguaggio si sia evoluto e stagnato in forme tanto fisse da essere diventate costrittive.
In un’altra celebre opera, The Book from the ground, l’artista cinese utilizza caratteri inventati ed emoji per raccontare la storia di un impiegato. Se all’inizio il libro può risultare ostico, sfogliando le pagine, diventa più semplice interpretare.
La storia di quell’impiegato diventa quasi facile da leggere. Magari, per un bambino del 2020, abituato alle emoji, leggere quel libro sarà addirittura più facile che interpretare l’alfabeto.
Il potere della comprensione
Il nostro cervello, dunque, è in grado di comprendere e di leggere varie forme di scrittura e di linguaggio, interpretando ciò che sfugge, in base alle conoscenze pregresse, acquisite nel corso del tempo.
Leggere, parlare e anche scrivere non sono processi incisi a fuoco nel cervello, si può sempre imparare d’accapo.
Non è un caso che ai dislessici venga chiesto di concentrarsi sulla forma della parola, più che sul significato. Non è un caso che le scritture pittografiche e cuneiformi vengano tranquillamente parlare e interpretate a distanza di anni.
La lingua si evolve, così come il cervello. La comprensione è un’arma che l’uomo potrà sempre utilizzare a suo vantaggio, anche per liberarsi di sovrastrutture pregresse che imbrigliano la conoscenza.
Dopotutto, molti popoli non hanno mai comunicato fossilizzando le parole (o i simboli) in forme cristallizzate.
Antonia Galise