L’anno scorso, una collaborazione fra scienziati della Tufts University in Massachusetts e dell’ University of Vermont (UVM) ha generato un’importante scoperta: l’invenzione di piccole macchine biologiche provenienti da cellule di rana chiamate “Xenobots”. Queste cellule sono capaci di guarire le proprie ferite, di muoversi, di spostare dei pesi e di mostrare un comportamento collettivo in presenza di altri Xenobots.
Lo stesso team ha adesso creato una una nuova forma di vita capace di assemblarsi da sola, a partire da una singola cellula e di ricordare degli eventi. La nuova generazione di Xenobots riesce anche a muoversi più velocemente, in ambienti differenti, e riesce anche a vivere più a lungo rispetto alla generazioni passate. I risultati della nuova ricerca sono stati pubblicati nella rivista Science Robotics il mese scorso.
La nuove generazione di Xenobots
Mentre la prima generazione di Xenobots era costruita tramite la modellazione e l’applicazione manuale di pelle di rana e di cellule cardiache, la nuova generazione viene prodotta con un approccio tutto differente.
L’ultima versione di Xenobots continua a utilizzare le cellule staminali della rana africana “Xenopus laevis” (da qui il nome “Xenobots”). Le cellule vengono separate in un piattino di petri dove si assemblano liberamente e crescono in delle sfere. Dopo alcuni giorni, le sfere iniziano a produrre ciglia, estensioni filamentose che si muovono avanti e indietro o che ruotano. Il nuovo approccio ha quindi eliminato l’applicazione manuale di cellule cardiache la cui contrazione aiutava gli Xenobots 1.0 a muoversi.
Con le ciglia, i nuovi Xenobots sferoidali vengono dotati di “gambe” che finalmente gli permettono di muoversi più velocemente e su diverse superfici. Sia nelle rane che negli esseri umani le ciglia si trovano nelle membrane mucose. Nei polmoni, ad esempio, aiutano a respingere particelle patogene come virus e batteri. Negli Xenobots, le ciglia vengono riproposte con un’altra funzione, quella di fornire una locomozione rapida.
“Nell’embrione della rana, le cellule cooperano per produrre un girino. In questo caso, rimosse dal loro contesto originale, le cellule sono comunque in grado di riprodurre le loro formazioni genetiche, come le ciglia, ma le destinano ad altre funzioni, come la locomozione. È Incredibile che le cellule possono interpretare altri ruoli e creare nuovi piani per il proprio organismo, senza dei lunghi periodi di selezione evolutiva”.
-Michael Levin,Professore di Biologia e direttore dell’Allen Discovery Center alla Tufts University, nonché autore dello studio.
Le somiglianze fra Xenobots e robots
Gli Xenobots sono costruiti come robot, solamente che al posto dell’hardware vengono utilizzati cellule e tessuti per creare comportamenti prevedibili. Gli scienziati della UVM si sono occupati di seguire il comportamento di Xenobots con forme differenti, in programmi di simulazione computerizzata. Utilizzando il potente Deep Green Supercomputer, capace di attualizzare miliardi di computazioni al secondo, Josh Bongard e Sam Kriegman, hanno analizzato il comportamento degli Xenbots in centinaia di migliaia di condizioni. Grazie a queste simulazioni sono riusciti a scoprire quali forme di Xenobots erano capaci di lavorare meglio in gruppo.
Ottimizzazione delle forme tramite Super Computer
“Vogliamo che gli Xenobots siano utili. Al momento gli stiamo dando dei compiti molto semplici, ma speriamo che questo nuovo strumento vivente, possa, per esempio, pulire le microplastiche nell’oceano o i contaminanti nel suolo”
-Josh Bongard
E’ stato osservato che i nuovi modelli di Xenobots sono più veloci nei compiti come la raccolta di detriti. Lavorando insieme, in un piattino di petri, possono spazzare via particelle di ossido di ferro, ma possono anche coprire superfici piane più estese e viaggiare attraverso vie capillari.
Le simulazioni su computer hanno il merito di aver velocizzato e ottimizzato la sperimentazione di nuove caratteristiche sui robot biologici. Un’applicazione, sicuramente la più rilevante, è quella che ha donato agli Xenobots una memoria.
Il ricordo dello Xenobot: possibili applicazioni
I robot stanno facendo passi da giganti nella registrazione di informazioni complesse e con l’I.A., nella capacità di usare la memoria per modificare i propri comportamenti. Anche gli Xenobots però potrebbero sorprenderci con la loro capacità di leggere e scrivere le informazioni che ricevono dall’esterno.
Gli scienziati hanno utilizzato una proteina fotoreattiva, chiamata EosFP, che emette luce fluorescente verde o rossa a seconda delle condizioni luminose a cui è sottoposta. Grazie a questa proteina hanno potuto registrare gli effetti di un’onda luminosa sugli Xenobots.
Il codice RNA della proteina EosFP viene iniettato nell’embrione di rana prima che le cellule vengano asportate per creare gli Xenobots. In questo modo gli Xenobots hanno un interruttore interno che gli permette di reagire, emettendo luce rossa, quando esposti a una luce di 390 nm.
Prime immagini rilasciate dalla Tutfs University
In laboratorio, gli scienziati, hanno registrato il comportamento degli Xenobots illuminando una sezione di superficie con una luce a 390 nm e lasciando che gli Xenobots ci nuotassero sotto. Dopo due ore, ⅓ dei bot continuavano ad emettere luce rossa mentre i restanti rimanevano del loro verde originale. Solo sotto una luce a 390 nm la proteina EosFP emette luce rossa, quindi i bot rossi stavano ricordando il passaggio sotto la luce.
In futuro, questo esperimento di memoria molecolare potrebbe essere esteso al rilevamento di altri tipi di radiazione. La presenza di una contaminazione radioattiva o di inquinanti chimici e malattie, potrebbero essere documentate da forme di vita ingegnerizzate piuttosto che da strumenti elettronici.
“Quando aggiungiamo nuove capacità agli Xenobots, possiamo utilizzare le simulazioni del computer per modellare una forma adatta ad un comportamento più complesso e con l’abilità di portare a termine compiti più elaborati. Potenzialmente potremmo ingegnerizzare i bot sia per documentare l’ambiente si per modificarlo e ripararlo”. -Josh Bongard
Il potere rigenerativo dei nuovi Xenobots
L’altro vantaggio di un robot biologico, dice Levin, è quello di avere un metabolismo. A differenza di un robot fatto di metallo e di plastica le cellule di uno Xenobot possono assorbire e distruggere sostanze chimiche e allo stesso tempo sono capaci di sintetizzarne di nuove. Il campo della biologia sintetica finora focalizzata sulla programmazione di organismi unicellulari (come i batteri). Ora potrà produrre organismi pluricellulari utili alla conservazione dell’ambiente e del corpo umano.
Nel mondo della biologia, gli Xenobots 2.0, stanno aprendo nuove strade nella comprensione delle cellule. Da come comunicano e interagiscono durante lo sviluppo, fino a come si possono controllare queste interazioni per produrre alterazioni inaspettate sulla linea evolutiva
Se mantenuti in un mix liquido di nutrienti, i nuovi Xenobots possono resistere fino a diversi mesi. Senza ulteriori nutrienti, l’ energia embrionale che permette alle cellule di compiere le loro funzioni, ha una durata di 10 giorni, .
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Elisa Melodia