Negli ultimi tempi abbiamo assistito a numerose polemiche indirizzate verso aziende che hanno adoperato delle strategie di marketing molto discutibili. Prima Pandora che interroga i consumatori su cosa una donna potrebbe preferire tra un bracciale e un ferro da stiro. Poi H&M che fa indossare ad un bambino nero la felpa che dice “Sono la scimmia più cool della giungla“. Ora è il turno di Wycon.
Wycon ha usato per il nome di uno smalto della sua nuova collezione “Gel On” quella che oserei definire la parola più controversa della storia in tema di discriminazioni. Il prodotto era stato denominato “Thick as a ni**a“, che vuol dire “Grosso come un ne*ro”. “Ni**a” è un termine colloquiale derivato dalla parola “ni*er”, l’equivalente di “ne*ro” in italiano.
Nei profili social, l’azienda è stata ricoperta da commenti di sdegno. Molti hanno scritto sui social che questa scelta era stata un vero e proprio fallimento e che non avrebbero più comprato prodotti di quel marchio.
In risposta ad un utente, come riportato da Forbes, Wycon ha abbozzato un primo tentativo di giustificazione: “They’re made-up names that are a bit crazy“. Inutile dire che l’effetto di questa replica è stato del tutto controproducente. Difendersi da un’accusa pesante come quella di razzismo dicendo che sono stati usati dei “nomi un po’ pazzi” pone l’azienda in una posizione ancora peggiore, perché dimostra di non aver compreso la gravità della situazione.
Wycon si scusa su Instagram…
Poi, è arrivato il primo commento di Wycon che ha le sembianze di una richiesta di scuse più seria. Nel suo profilo Instagram, l’azienda ha precisato di aver usato per gli smalti dei nomi che sono il titolo di famose canzoni hip-hop. In questo caso, il riferimento è al brano “Thick Ni**a” di Dbangz. Inoltre, Wycon si è giustificata anche sottolineando che il suo motto è #nessunoescluso e che quindi non aveva intenzione di offendere nessuno.
…e poi su Twitter
Conscia della sua responsabilità sociale a livello globale, il brand internazionale si è scusato sinceramente per l’incidente. Ha specificato di essere sempre stato contro ogni tipo di discriminazione, prendendo parte a numerosi programmi e progetti sociali. Ha chiesto poi che cosa potesse fare per riparare.
Oltre alle scuse, Wycon ha cambiato anche il nome dello smalto. Nel sito ora è possibile leggere sotto al prodotto: “Black power“, cioè “Potere nero“. Nei negozi fisici invece, è ancora in circolazione lo smalto con la vecchia denominazione. Sono state comunque prese misure per ritirarlo gradualmente dal commercio.
Bisogna badare alle parole che si usano
Oltre ai commenti di accusa nei confronti di Wycon, non sono mancati anche quelli in sua difesa. Secondo alcuni chi si è sentito offeso ha esagerato e frainteso gli intenti del marchio. Ma anche avendo le migliori intenzioni, bisognerebbe evitare di entrare in certi campi, usando parole della cui neutralità non si è certi.
Il problema è che una parola del genere è da maneggiare con estrema cura. E non può essere maneggiata da persone bianche. “Ni**er” (e il suo derivato “ni**a“) è un insulto etnico contro le persone di pelle scura. Verso la metà del XX secolo, in particolare negli Stati Uniti, il suo uso divenne inequivocabilmente un peggiorativo. “Ni**er” era utilizzato al posto di “black”, cioè “nero“. Questa sostituzione aveva un intento dispregiativo e razzista. Tradizionalmente, la parola identificava una presunta “razza” (la “razza ne*ra“) e veicolava giudizi di inferiorità. Per questo, quando l’appellativo è indirizzato da un bianco nei confronti di un nero, seppur senza la volontà di offendere, l’odore di discriminazione razziale diventa fortissimo, perché i bianchi l’hanno utilizzato con questo intento per decenni.
Il suo uso e significato sono quindi fortemente dipendenti dal contesto. “Ni**a” è spesso usato all’interno delle comunità nere, ad esempio da afroamericani verso altri afroamericani. In questo modo i neri si riappropriano di questo termine e utilizzato tra loro non assume una valenza dispregiativa. Ma non tutti condividono questa tesi: secondo alcuni infatti bisognerebbe abolire la parola e basta, sia all’interno sia all’esterno delle comunità nere.
In conclusione, Wycon si è addentrata in un campo davvero insidioso e non è stata l’unica negli ultimi mesi. Per questo mi permetto di dire che negli uffici di marketing e comunicazione dovrebbero rivedere le proprie strategie.
Rossella Micaletto