Kyoto Club, Lipu e WWF hanno pubblicato il dossier “Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte” nel quale si sottolineano le principali criticità sul Ponte sullo Stretto di Messina. Stando agli ambientalisti il progetto è insostenibile da molti punti di vista: da quello ambientale a quello economico finanziario. Eccoli tutti.
Il progetto
Risale al 2011 il progetto di un ponte a unica campata sullo Stretto di Messina per collegare la Sicilia alla terra ferma. Un’opera da 14,6 miliardi di euro (quasi un punto del PIL). Secondo il progetto, il ponte sarà lungo 3.666 metri, mentre la campata centrale (compresa tra le due torri alte 399m) sarà di 3.300. Queste misure lo renderebbero il ponte a campata unica più lungo al mondo. Inoltre sarà largo più di 60m e diviso in 4 corsie (2 per ciascun senso di marcia), 2 corsie di emergenza e due binari ferroviari. Il tutto sospeso a un’altezza di 65m. Si stima una capacità di transito di 6.000 veicoli all’ora e 200 treni al giorno. Il ponte, inoltre, è stato progettato per resistere a terremoti fino a una magnitudo di 7,1 della scala Richter e a raffiche di vento fino a 270 km/h.
Fin qui sembra tutto perfetto: finalmente spostamenti veloci tra la Sicilia e il continente, merci che possono transitare via ferro e non più via nave o via gomma, pendolari che non devono impazzire aspettando i ritardi e la lentezza dei traghetti, turisti che scattano foto alla magnificenza di un ponte che, stando al progetto, dovrebbe essere più bello del Golden Gate di San Francisco e più iconico del Tower Bridge di Londra.
Ma è davvero tutto così roseo? A sollevare molti dubbi è il dossier “Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte” pubblicato da Kyoto Club, Lipu e WWF (3 associazioni ambientaliste di fama internazionale) che hanno riunito i contributi di molti esperti.
Le criticità sul ponte sullo Stretto di Messina
Un’opera dal costo elevatissimo e ingiustificato, di cui non è stata ancora dimostrata la costruibilità, che non è finanziata e che si vuole realizzare con una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale addomesticata e bypassando l’obbligo di gara per l’affidamento al general contractor.
Le criticità sul Ponte sullo Stretto, quindi, emergono fin dalla progettazione. Secondo i giuristi che hanno contribuito alla stesura del dossier, infatti, le norme introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 riguardo la tutela del paesaggio e dell’ambiente, la tutela della salute e l’iniziativa economica privata, non sarebbero costituzionalmente legittime. Il progetto, inoltre, è privo di valutazione ambientale infrangendo così le direttive comunitarie a riguardo.
Al di là degli aspetti di legittimità costituzionale, però, le criticità sul Ponte sullo Stretto sono molte altre, a partire dall’impatto che il ponte avrebbe sull’ecosistema. Stando al dossier, infatti, la Valutazione di impatto ambientale (VIA) deve essere completamente rifatta nel rigoroso rispetto dell’articolo 9 della Costituzione:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Già nel 2013, infatti, la Commissione tecnica di VIA diede una valutazione negativa al progetto che rispettava solo 6 delle 27 prescrizioni per la realizzazione di progetti di questa portata, tanto più che il ponte andrebbe a inserirsi in una zona di protezione naturalistica speciale. La situazione, ad oggi, non può che essere la stessa trattandosi del medesimo progetto.
La questione ambientale
Dal punto di vista naturalistico, infatti, la creazione di una barriera aerea trasversale avrebbe dirette conseguenze sulle rotte degli uccelli migratori. Ogni anno dallo Stretto transitano oltre 300 specie di uccelli lungo la rotta afro-euroasiatica per un totale di decine di migliaia di esemplari.
Inoltre avrebbe un impatto non indifferente anche dal punto di vista paesaggistico poiché:
Il ponte andrebbe a rompere la continuità scenografica del contesto dello stretto con un impatto estetico-percettivo e ambientale dai profondi risvolti sociali, collettivi e individuali.
Dal punto di vista pratico, poi, tutte le stime riguardo ai costi, all’occupazione, al transito sono fin troppo ottimistiche.
- La realizzazione dell’opera, infatti, richiederebbe l’impiego di non più di 507 addetti tra operai generici, saldatori, operai di macchina ecc.
- Dal punto di vista finanziario, invece, il progetto, che non è sostenuto dalla comunità finanziaria, sarebbe totalmente a carico pubblico: sia per quanto riguarda l’investimento, sia per quanto riguarda la gestione dell’infrastruttura. Ma, come sostiene il dossier:
La brevità del percorso di attraversamento e delle relative opere non consente di prevedere un numero di pedaggi a carico degli utenti in grado di consentire un’operazione di project financing.
- I flussi di traffico, poi, non ripagherebbero l’opera. Ad oggi il 76% degli spostamenti via traghetto avviene da parte di passeggeri senza auto e ogni giorno si muovono mediamente solo 4.500 persone. Il traffico su gomma sarebbe quindi di 11,6 milioni di auto ogni anno rispetto alla capacità annua dell’infrastruttura di oltre 52 milioni di veicoli. Quindi, da questo punto di vista, l’opera non è giustificabile.
- Il franco navigabile, inoltre, è stimato per far transitare navi di 65m a massimo carico e quindi escluderebbe di fatto il passaggio delle navi portacontainer più grandi sulla rotta Oceano Indiano – Gioia Tauro (il principale scalo italiano). Queste navi, quindi, sarebbero costrette a circumnavigare la Sicilia con un aumento di tempi, costi (e inquinamento). Però:
Innalzare l’impalcato di 15 metri (per avere la certificazione del franco navigabile) comporterebbe una riprogettazione integrale dell’opera.
In sostanza, ora come ora, il Ponte sullo stretto “non s’avrebbe da fare”.
Una storia lunga secoli
Risale agli antichi romani la fantasia di un ponte sullo Stretto di Messina e non furono da meno né Carlo Magno né i Borbone, che nel 1840 fecero fare il primo studio sulla fattibilità. In seguito molti altri provarono a progettare il tanto ambito collegamento tra la Sicilia e il continente. I sogni di gloria, però, si infransero nell’ormai lontanissimo 1908 quando un devastante terremoto colpì Messina e mise in chiaro l’alto rischio sismico dell’area rendendo evidenti a tutti le criticità sul Ponte sullo Stretto. L’idea, però, non fu mai del tutto abbandonata: venne infatti ripresa anche dal regime fascista e, subito dopo, dalla neonata Repubblica.
Passarono gli anni e si susseguirono numerosi progetti fino a quando nel 1981 venne costituita la Società Stretto di Messina, responsabile per la progettazione dell’opera.
Politica e ponti
Da allora, periodicamente la politica tira fuori la volontà di realizzare il ponte: Craxi nel 1985, Berlusconi prima nel 2005 e poi nel 2007/2008 e, adesso, il Governo Meloni che il 16 marzo ha approvato definitivamente l’opera.
Una giornata storica non solo per la Sicilia e la Calabria, ma per tutta l’Italia dopo 50 anni di chiacchiere.
Così Matteo Salvini, Vicepremier e Ministro delle infrastrutture che da sempre fa del Ponte sullo Stretto un suo cavallo di battaglia elettorale.
Si potrebbero dire tante cose riguardo al progetto e alla sua realizzazione: ci sono pro e contro, c’è chi è a favore e chi a sfavore, chi lo vede già costruito e inaugurato e chi invece rimane scettico riguardo alla sua effettiva (e letterale) messa a terra. Quello che è certo, però, è che opere di questa dimensione hanno bisogno di essere progettate con cura e lungimiranza, tenendo conto di tutti gli aspetti e non solo di quelli che creano (o dovrebbero creare) profitti e consenso elettorale. Sono opere che non dovrebbero essere legate a un colore politico ma che, al contrario, dovrebbero essere considerate nella loro oggettività e valutate per quello che sono.