Winnie the Pooh, cartone animato che racconta le avventure di uno degli orsi più amati dai bambini, in verità prende ispirazione dal rapporto problematico tra l’autore del cartone, A.A.Milne, e il figlio Christopher Robin Milner.
Questa è la rivelazione che emerge dalla biografia dello scrittore che mette in luce alcuni episodi della vita di Milne e tratti caratteriali che non si sarebbero mai potuti immaginare basandosi solo sulle avventure del famoso Winnie the Pooh.
Un’esistenza divisa tra la guerra che mina il già precario equilibrio psichico di Milne, un legame mai davvero consolidato col figlio e il raggiungimento di un successo improvviso che rivoluziona e logora la vita familiare.
Questo è il quadro che emerge, seppur con una descrizione drammatica accentuata rispetto alla realtà, dal film “Goodbye Christopher Robin”, trasposizione cinematografica della biografia. La pellicola è uscita già ad Ottobre negli Stati Uniti mentre in Italia verrà proiettata il 21 dicembre 2017: il regista, Simon Curtis, ha scelto come interpreti principali Domhnall Gleeson (che vestirà i panni di A.A.Milne) e Margot Robbie (interpreterà la moglie di Milne).
Le cicatrici lasciate in “dono” dalla guerra
Al di là della laurea in matematica che conseguì al Trinity College di Cambridge, l’unico vero amore di Milne era la scrittura tanto che alcuni suoi scritti furono scelti e pubblicati dalla rivista umoristica britannica “Punch”. Proprio qui mosse i primi passi nel mondo della scrittura professionale visto che divenne un collaboratore fisso e, in seguito, assistente di redazione.
Ma nel 1915 questa sua apparente “vita serena” venne messa in subbuglio dalla prima guerra mondiale: infatti Milne entrò nell’esercito e prese parte a uno dei conflitti mondiali più cruenti tanto da rimanere ferito, nel 1916, durante una battaglia.
Per questo venne riportato nel Regno Unito e solo dopo essersi ripreso, decise di sostenere il gruppo segreto dell’esercito britannico, MI 7b, scrivendo e inviando alcuni articoli di propaganda. Nel 1919 venne congedato ma le ferite fisiche e soprattutto psicologiche perseguiteranno Milne per molto tempo tanto che nella sua autobiografia scrisse: “pensare all’incubo del degrado psichico e morale della guerra, mi rese quasi fisicamente malato”.
Proprio per tale motivo l’autore criticò aspramente il conflitto bellico nel saggio, scritto durante la fine della guerra, intitolato Pace with Honour: “L’ultima guerra ha coinvolto donne e bambini e trasformato la ricchezza accumulata in macello e rovina. La prossima guerra li coinvolgerà in un massacro e una rovina molto più grande. Questo sembra essere un buon motivo per rendere impossibile la prossima guerra”.
Una posizione che subì un’inversione di rotta quando giunse la Seconda Guerra Mondiale e che venne motivata da Milne in una lettera attualmente è esposta all’Imperial War Museum di Londra: infatti l’autore affermò che la “guerra sia un male minore dell’hitlerismo” e che la priorità in quel momento doveva essere l’eliminazione dell’hitlerismo piuttosto che il conflitto armato. Per tale motivo scelse di ritornare in campo e partecipare alla Seconda Guerra Mondiale.
Non ci sono elementi chiari e certi per delineare l’entità del danno che subì lo scrittore a livello psicologico dalle due guerre, anche se nel film si parla di Disturbo post traumatico da stress (PTSD).
Quando conquistare il successo significa perdere tuo figlio
Nel 1920 nacque il primo figlio di Milne e della moglie Dorothy “Daphne” de Sélincourt: Christopher Robin Milne sarà il soggetto da cui l’autore prenderà ispirazione per ideare l’orso amato da molti bambini ma che si trasformerà, nel tempo, in una pietra tombale che condizionerà il rapporto tra padre e figlio.
Tutti i personaggi che prendono parte alle avventure di Winnie the Pooh in realtà corrispondo proprio ai pupazzi di pezza con cui giocava il bambino: lo stesso Winnie era il suo orsacchiotto preferito e il ragazzino che immaginava le avventure dei personaggi prendeva il nome proprio dal figlio di Milne, Christopher Robin.
Invece le ambientazioni del cartone ricreavano le stanze e il giardinetto della casa che Milne acquistò nel 1925, Cotchford Farm sita a Hartfield.
Milne raggiunse subito il successo: infatti il primo racconto, dove si descrive il volo dell’orso attaccato a un palloncino, venne letto da tantissime persone e ricevette numerosi commenti positivi. L’autore, rincuorato dalle critiche positive, raccolse le avventure migliori in un unico romanzo rivolto ai bambini e che venne pubblicato nel 1926.
Il successo del famoso orsacchiotto venne determinato anche dalle oniriche e magiche illustrazioni di Ernest H. Shepard che prese ispirazione dalla casa di Milne, in cui trascorse alcuni giorni proprio per ricreare l’ambiente che ispirò lo scrittore.
La notorietà acquisita però non portò alcun giovamento al rapporto col figlio. Infatti quest’ultimo ebbe un rapporto contrastante con il suo alter-ego narrativo: Christopher Robin non accettò di buon grado la visibilità e la morbosità mediatica che subì a causa dell’opera di suo padre. Disagio che Christopher si trascinò fino al 1996 ovvero quando morì all’età di 75 anni.
Il motivo fondante di tanto risentimento covato sia durante l’adolescenza che l’età adulta erano le angherie che Christopher dovette subire a scuola, quando fu bullizzato proprio a causa del cartone ideato dal padre. Quest’ultimo non si accorse per molto tempo delle prepotenze che il figlio subiva, ormai, quotidianamente.
Il risentimento era tale che Christopher Robin nella sua autobiografia accusò il padre di avergli “tolto il nome e mi aveva lasciato con la fama vuota di essere suo figlio”.
Dorotea Di Grazia