Che cos’è Wikitribune? Per rispondere conviene partire da Wikipedia, l’enciclopedia libera che ha cambiato il mondo. La sua nascita ha modificato radicalmente le abitudini delle persone ed oggi è assolutamente normale per chiunque ottenere informazioni avvalendosi del portale online fondato nel 2001 da Jimmy Wales e Larry Stranger.
Questo ha permesso a Wikipedia di racimolare la bellezza di trentacinque milioni di voci in più di 280 lingue. Tutte accessibili immediatamente con qualsiasi mezzo e da qualsiasi luogo. Da qui il nome di Wiki (veloce) con l’aggiunta del suffisso Pedia (formazione). Un progetto da sempre basato su volontari e finanziato tramite raccolta fondi promossa ogni anno dalla Wikimedia Foundation.
A sedici anni di distanza dalla sua nascita Jimmy Wales rilancia. Il suo nuovo obiettivo consiste nel mettere in relazione cittadini e giornalisti professionisti. Nell’Aprile del 2017 ha così annunciato al mondo la fondazione di Wikitribune. Si tratta di un portale molto simile a Wikipedia ma non affiliato alla Wikimedia Foundation. Il sogno di Wales è sempre lo stesso, proporre un’informazione profondamente libera ed indipendente con l’ausilio di giornalisti professionisti, articoli da sottoporre a fact-checking ed un gruppo di volontari col compito di correggere le bozze, verificare i fatti e proporre notizie.
Alla stregua di Wikipedia, Wikitribune sarà libero per tutti, ma a chi deciderà di supportare con donazioni la piattaforma sarà concesso di suggerire ai redattori quali temi trattare. Un modo intelligente per autofinanziarsi e non dipendere in toto dalle pubblicità che oggi dominano il web influenzando le notizie.
A tal proposito, Jimmy Wales ha dichiarato:” Wikitribune sarà un sito di notizie fatto da persone per le persone. Il sistema di condivisione con gli utenti – ha spiegato il fondatore di Wikipedia – serve a capire ciò di cui abbiamo bisogno, quali sono le storie da raccontare. Il contributo degli utenti sarà anche quello di discutere quale argomento necessita di più ricerca e approfondimento”
Naturalmente una notizia di una tale portata non poteva passare inosservata. Il giornalismo partecipativo esiste già da diversi anni ma ora ci troviamo dinanzi al suo prossimo step. Nel mondo attualmente esistono quasi 15 milioni di blog e l’informazione non ha mai viaggiato così rapidamente, tanto che ormai non ha più senso parlare esclusivamente di redazioni fisiche. Rupert Murdoch in un discorso del 2005 aveva già ammonito i media tradizionali affermando: “Bisogna incoraggiare i lettori a pensare al web come il luogo in cui coinvolgere i nostri redattori in discussioni più estese sul modo in cui una notizia viene riportata. Allo stesso tempo dovremmo sperimentare l’uso dei blogger per integrare la nostra copertura quotidiana delle notizie su internet »
Da allora i giornali tradizionali sono entrati in profonda crisi, forse perché hanno provato a combattere una guerra già persa in partenza, con chi le notizie le commenta, le crea e le sviluppa da casa. Con lo smartphone si può registrare e commentare qualsiasi evento in diretta. Le redazioni online sono aumentate, così come il numero di freelance e blogger, sempre più attivi e all’avanguardia, che hanno saputo sfruttare i social molto meglio dei media tradizionali. Solo in Italia sono nati e si sono diffusi una molteplicità di siti online che oggi vantano già parecchie milioni di visualizzazioni.
Naturalmente assieme a questa moltitudine di siti ha cominciato a circolare sul web anche una certa quantità di bufale, le fake news. Ecco perché Jimmy Wales ha pensato a Wikitribune. Il fondatore di Wikipedia ha promesso che il suo prossimo portale dovrà riuscire a contrastare efficacemente la disinformazione delle fake news tramite la totale indipendenza dalle pubblicità ed attraverso il crowfunding.
“Noi vogliamo scrivere di fatti e notizie che interessino veramente alle persone, cose per cui siano disposti anche a pagare“, ha dichiarato Jimmy Wales.
Una cosa è certa. Se Wikitribune dovesse essere veramente più indipendente, più obiettivo e più libero da influenze governative, potrebbe scuotere le fondamenta stesse del potere, avviando allo stesso tempo l’ennesima rivoluzione in seno al giornalismo mondiale.
Salvatore Rizzo