Il rapporto WeWorld Index 2025 ha posto l’attenzione sulle disuguaglianze esistenti tra le diverse regioni italiane nella difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Cosa che appare sempre più difficile, soprattutto per le donne del Sud, come emerge con prepotenza dal rapporto. In particolare, le madri che vivono nelle regioni meridionali del Paese si trovano a fronteggiare un panorama sociale ed economico particolarmente penalizzante, dove le opportunità di lavoro scarseggiano e i servizi sociali sono quasi inesistenti.
Nel Mezzogiorno italiano, le donne hanno spesso pochissime possibilità di accedere a un’occupazione stabile e, quando la trovano, devono fare i conti con orari che mal si conciliano con le esigenze familiari. Inoltre, la scarsità di strutture di supporto, come i servizi educativi per l’infanzia, costringe molte mamme a dover scegliere tra lavoro e famiglia. La situazione si aggrava ulteriormente per le donne che si trovano a dover affrontare il pesante carico di cura familiare da sole, senza l’adeguato supporto istituzionale.
I dati sui diritti umani e la marginalizzazione delle donne
Secondo il rapporto WeWorld Index, la condizione delle donne e dei bambini in Italia è tutt’altro che rosea. La discriminazione di genere, unita alla carenza di investimenti nei diritti umani, rende difficile per molti italiani, soprattutto nelle regioni meridionali, accedere a quei diritti minimi che dovrebbero essere garantiti a tutti i cittadini. Un dato allarmante è che il 28.3% delle donne vive in una Regione dove i loro diritti umani sono garantiti al minimo livello, lasciandole così emarginate dal mercato del lavoro e costrette a fare i conti con forme di precarietà e violenza.
La situazione è altrettanto critica per i bambini, con il 29.9% dei minori che non hanno accesso a misure di tutela per la loro salute e il loro sviluppo educativo. La carenza di servizi per la prima infanzia è uno degli aspetti più gravi di questa condizione, con pochissimi posti nei nidi per i bambini da 0 a 3 anni, in particolare nel Sud Italia.
Mentre nel Nord, la copertura dei servizi è di circa il 33%, nel Mezzogiorno si riduce drasticamente: in regioni come la Calabria, la Sicilia e la Campania, la percentuale di bambini che ha accesso ai nidi è inferiore al 18%, ovvero la metà di quella che si registra al Nord. Questo evidenzia un divario regionale che continua a perpetuare le disuguaglianze tra le diverse zone del Paese.
Il gap tra i diritti reali e quelli desiderati
Un altro aspetto critico del rapporto riguarda il divario tra i figli che le famiglie italiane desiderano e quelli che effettivamente riescono ad avere. L’Italia, infatti, presenta uno dei più alti fertility gap a livello mondiale, che rappresenta la discrepanza tra il numero di figli desiderati e quello effettivamente avuto.
Le giovani coppie italiane, nonostante l’aspirazione a crescere figli, sono frenate da una condizione economica instabile e da contratti di lavoro incerti. La difficoltà a conciliare lavoro e famiglia, insieme alla carenza di supporto pubblico e privato, ha spinto molti a rinunciare al secondo figlio, contribuendo così al calo demografico che sta affliggendo il Paese.
In particolare, il mercato del lavoro italiano penalizza fortemente le donne. Mentre la percentuale di uomini con una posizione lavorativa stabile tra i 20 e i 64 anni è del 76%, quella delle donne si ferma al 56.5%. La disparità si riflette anche nella percentuale di mamme lavoratrici, che è del 57.8%, ben al di sotto della media europea di 70.2%.
Questo divario è ancor più accentuato se si considera il congedo parentale, che in Italia è distribuito in modo da favorire i papà in misura nettamente inferiore rispetto alle mamme. Sebbene negli ultimi anni sia aumentato il numero di papà che ha usufruito del congedo, essi hanno diritto solo a 10 o 11 giorni, un periodo che difficilmente consente una vera e propria condivisione delle responsabilità familiari.
Il ruolo cruciale dei servizi socio-educativi e la povertà
Un altro aspetto fondamentale da analizzare riguarda la povertà che colpisce numerose famiglie italiane, in particolare quelle monogenitoriali. Le madri sole, che sono la componente principale dei nuclei familiari unipersonali, si trovano a vivere in condizioni di estrema difficoltà economica. L’82% dei genitori single sono donne, e molte di queste vivono in povertà assoluta. La mancanza di una rete di supporto familiare e istituzionale rende il loro percorso ancora più arduo, tanto che spesso sono costrette a fare sacrifici enormi per garantire un minimo di benessere ai propri figli.
Per molte famiglie a basso reddito, anche l’accesso ai servizi educativi per l’infanzia diventa una questione impossibile. I costi elevati delle strutture pubbliche e private, che in città come Milano e Torino superano i 500 euro al mese, sono un ostacolo insormontabile per le famiglie con un reddito inferiore alla media. In queste condizioni, il rischio di povertà per i bambini aumenta considerevolmente, impedendo loro di accedere a quelle risorse che sarebbero fondamentali per una crescita equilibrata e sana.
La ghettizzazione delle famiglie non tradizionali
Infine, è importante sottolineare che non tutte le famiglie italiane godono degli stessi diritti e opportunità. Le famiglie omogenitoriali, quelle con un background migratorio o quelle appartenenti alla comunità LGBTQ+, spesso vivono in una condizione di ghettizzazione.
Queste famiglie si trovano ad affrontare difficoltà enormi nel riconoscimento legale dei propri diritti, come quello all’adozione e alla tutela legale dei figli. L’assenza di un quadro normativo chiaro e inclusivo non solo limita le opportunità per queste famiglie, ma contribuisce anche a una continua emarginazione sociale e culturale.
In sintesi, il rapporto WeWorld Index 2025 ci restituisce l’immagine di un’Italia ancora lontana dal garantire pari diritti e opportunità a tutti i suoi cittadini, in particolare alle donne e ai bambini. Le disuguaglianze tra Nord e Sud sono evidenti, e il divario nelle possibilità di accesso ai servizi sociali e educativi continua a penalizzare le fasce più vulnerabili della popolazione.