Finalmente arriva un primo importante passo in avanti a livello internazionale per abolire i wet market. Si comincia da tartarughe e rane, ma l’obiettivo è tutelare tutti gli animali in un futuro prossimo.
La conferma di questa storica decisione arriva dalla Singapore Food Agency (SFA), dopo un anno di lunghi dibattimenti in Parlamento. Nell’aprile 2020, Animal Equality mostrò al mondo una serie di immagini che documentavano la crudeltà dei wet market (letteralmente “mercati umidi”), cavalcando, in senso costruttivo, lo scoppio della pandemia di Covid-19. Da quel momento, questa triste realtà ha suscitato l’interesse di un pubblico sempre più ampio e attento alle problematiche strettamente connesse alla vendita di animali vivi nei mercati umidi.
Tartarughe e rane
Nel 2019, circa 18.200 tartarughe a guscio morbido sono state importate a Singapore per poi finire vive sui banchi dei wet market. Un numero spaventoso che ha allarmato diverse organizzazioni internazionali, già da tempo attive per tutelare il benessere degli animali. Oggi, le testuggini e le rane hanno vinto la battaglia, ma la strada verso un cambiamento totale e definitivo è ancora molto lunga. Infatti, molte specie animali non sono ancora sufficientemente tutelate e, inoltre, in troppi mercati del mondo si assiste a crudeltà inaccettabili.
La messa al bando
Quanto accaduto a Singapore è stato possibile grazie a una revisione che il Governo ha fatto in collaborazione con il National Parks Board e l’Agenzia nazionale per l’ambiente (NEA) sulla normativa inerente al trattamento degli animali vivi nei wet market. Tale decisione ha l’obiettivo di tutelare il loro benessere e limitare i numerosi rischi sanitari che questi mercati comportano.
Non di minore importanza è stato il contributo di Animal Concerns Research and Education Society (ACRES) e della Society for the Prevention of Cruelty to Animals (SPCA), entrambe impegnate nell’aumentare gli standard di sicurezza e migliorare il benessere degli animali da macellazione.
Una delle mosse più forti nella storia di Singapore per proteggere gli animali in questo settore.
Si è espresso così Jaipal Singh Gill, Direttore esecutivo di SPCA, incontrando il consenso di Anbarasi Boopal, Co-amministratore delegato di ACRES. Entrambi chiedono ora normative più severe anche sulla gestione della macellazione, affinché avvenga esclusivamente in locali regolamentati.
La questione igienica
Buona parte della comunità scientifica è ormai concorde su quanto i wet market siano una minaccia per la salute pubblica e la pandemia di Covid-19 ne è un esempio eclatante. Tuttavia, nonostante sia ormai noto da tempo anche al grande pubblico, i wet market continuano a esistere.
Purtroppo, in questi mercati gli animali vivono a stretto contatto con l’uomo in condizioni igienico-sanitarie estremamente precarie fino alla macellazione. Ancora oggi, molti paesi non la eseguono osservando norme igienico-sanitarie, sicché il sangue e i fluidi animali diventano ancora più facilmente uno strumento di trasmissione dei virus da una specie all’altra.
Gli animali vengono stipati insieme in gabbie e trasportati per grandi distanze. Sono stressati e immunodepressi ed espellono qualsiasi agente patogeno che hanno in loro. Con tutte le persone che visitano e lavorano al mercato e che vengono costantemente in contatto con i fluidi corporei di questi animali, si crea un mix ideale per la diffusione delle malattie.
Come documentato da ACRES, spesso gli animali non vengono nutriti per evitare il diffondersi di cattivi odori durante la macellazione. Tuttavia, la condizione di dieta forzata, oltre a essere crudele, indebolisce il sistema immunitario degli animali, aumentando di conseguenza il rischio di trasmissione delle malattie.
Le Nazioni Unite
Nel 2020, Animal Equality lanciò una campagna internazionale per chiedere il divieto di vendita e macellazione di animali vivi nei wet market. In breve tempo, sono state raccolte in tutto il mondo più di 569.000 firme, che il 17 giugno 2021 hanno raggiunto il tavolo dell’ONU.
Grazie a una serie di indagini, gli attivisti, in collaborazione con esperti, hanno individuato una connessione tra l’abuso sugli animali e la salute umana. A seguito di ciò, tutta la campagna di sensibilizzazione ha focalizzato l’attenzione su questi aspetti, riuscendo nell’obiettivo di coinvolgere e informare un numero sempre maggiore di persone.
L’OMS
Nonostante l’evidente pericolosità dei wet market in relazione alla salute pubblica, in un primo momento Peter Ben Embarek, esperto per la sicurezza alimentare e le malattie animali dell’OMS, aveva dichiarato di non essere a favore della loro chiusura. Un’affermazione che lasciò molti dubbi, soprattutto perché andava contro quanto espresso da numerosi studiosi di fama internazionale, primo fra tutti Anthony Fauci.
Finalmente nell’aprile 2021, l’OMS, l’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) hanno chiesto congiuntamente la sospensione della vendita di animali vivi nei wet market.
Vietare la vendita di questi animali può proteggere la salute delle persone, sia quelle che lavorano nei mercati che gli acquirenti.
A tal proposito, le organizzazioni chiedono anche un miglioramento degli standard di igiene da osservare in questi mercati, per meglio tutelare la salute di tutti. Infatti, no si può più ignorare che molto probabilmente la fonte di oltre il 70% di tutte le malattie infettive emergenti negli esseri umani siano di origine animale.
Wet market e Covid-19
Sebbene non sia ancora chiaro come SARS-CoV-2 sia passato all’uomo e se questo salto sia avvenuto in un wet market, è comunque indubbia la sua classificazione tra le zoonosi. Quest’ultime sono ormai una realtà attuale importante che, prima dell’emergenza di Covid-19, era purtroppo piuttosto sottovalutata.
Tuttavia, già avevamo avuto delle testimonianze di correlazione tra vendita di animali nei mercati umidi ed alcune malattie. Ad esempio, nel 2003-04 scoppiò l’epidemia di Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS), causata proprio dal passaggio di un virus dal pipistrello allo zibetto: due animali presenti nei wet market.
Zoonosi ed epidemie
In genere, la trasmissione avviene tramite il contatto con saliva, sangue, urina, muco, feci o altri fluidi corporei nelle aree dei mercati in cui vivono gli animali da macellare. Ciò si verificato anche con l’influenza suina (H1N1) e l’influenza aviaria (H5N1), in seguito alle compromesse condizioni in cui venivano allevati e macellati gli animali.
Tartarughe e rane sono un pericolo?
Allo stato dell’arte attuale, la maggior parte degli agenti patogeni zoonotici sono associati a uccelli e Mammiferi. Tuttavia, non è del tutto esclusa una possibile trasmissione all’uomo anche da altre specie. Pertanto, dal momento che “basso rischio non significa nessun rischio”, è sembrato opportuno cominciare a limitare queste pratiche, indipendentemente da quale animale interessassero.
Per quanto concerne tartarughe e rane, spesso provengono dall’estero e non si conoscono le loro condizioni di salute. Inoltre, le fasi di trasporto avvengono per lo più in pessime condizioni igienico-sanitarie e comportano stress importanti per gli animali.
Il Governo di Singapore ancora non ha reso chiaro quali saranno le sanzioni e se interesseranno anche altri stabilimenti di Food & Beverage (F&B). Come affermato da Animal Equality è il primo grande passo verso l’abolizione di queste tristi realtà, ma la strada è ancora troppo lunga e complessa per parlare effettivamente di vittoria.
Grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.
Carolina Salomoni