Non possiamo parlare di smentita, almeno prestando fede al racconto di Douglas Downey, professore di sociologia all’Università di stato dell’Ohio perché non esisteva nessuno studio su web e sviluppo della socialità che dimostrasse fosse dannoso.
La notizia la troviamo proprio sul sito della Ohio State University, mentre l’articolo scientifico è uscito su American Journal of sociology.
Secondo quanto racconta Downey l’interesse per la questione fu suscitato in lui dalla classica discussione padre figlio in cui il genitore accusa la generazione del giovane di mancare di “social skills” cioè abilità sociali e oggi si tende a darne la colpa al tempo passato davanti allo schermo, giocando o sui social media.
Il punto è che in questa discussione Downey era il padre e il figlio rispose semplicemente “dimostramelo”. Il genitore medio nel migliore dei casi avrebbe citato qualche editoriale scritto da psicologi da rivista femminile, nel peggiore avrebbe zittito il figlio con prepotenza. Downey essendo uno scienziato ha pensato di cercare le pezze d’appoggio, degli studi solidi da citare per supportare il suo punto, non ce n’erano.
Dunque lo studio l’ha fatto lui, ha semplicemente confrontato dati provenienti dal The Early Childhood Longitudinal Study che è condotto dal National Center for Educational Statistics, di due gruppi di ragazzi, bambini che iniziarono l’asilo nel 1998 nel primo e bambini che lo iniziarono nel 2010 nel secondo.
Lo studio segue i bambini dall’asilo fino alla fine del quinto grado della scuola primaria, in quel periodo i bambini sono stati valutati sei volte dagli insegnanti, ma lo studio si basa anche su valutazioni dei genitori.
Il primo gruppo preso in esame era composto da 19.150 studenti, il secondo da 13.400, sapete quale è stato il risultato? Che c’è poca o nessuna evidenza che vivere nell’epoca dei social e dell’online gaming abbia danneggiato lo sviluppo della socialità nei ragazzi.
Le valutazioni degli insegnanti degli anni ’90 sono pressoché sovrapponibili a quelle degli insegnanti dell’era del web e dei social.
In quasi tutte le valutazioni di abilità sociali i ragazzi nati dopo sono risultati al pari se non leggermente superiori, anche le valutazioni della capacità di autocontrollo e di controllare le emozioni sono risultate simili sia nelle valutazioni degli insegnanti che in quelle dei genitori.
Solo in una parte dei ragazzi della generazione digitale si è notato, seppur in maniera neppur in questo caso molto significativa, un influsso negativo del web sullo sviluppo della socialità: naturalmente nei dati raccolti c’è anche quanto tempo i ragazzi passano online a giocare e sui social e soprattutto quante volte durante il giorno lo fanno, un leggero effetto negativo risulterebbe solo in quelli che nell’arco della giornata accedono molte volte a queste piattaforme.
Del resto conclude Downey l’introduzione di nuove tecnologie ha sempre preoccupato i genitori, sembrerà strano ma con l’avvento di TV e radio fu lo stesso, era pieno di gente che metteva in guardia dell’effetto deleterio sulla socialità delle nuove generazioni.
La realtà è che sia nella comunicazione viso a viso che in quella online se si vuole comunicare si deve imparare a sviluppare le proprie abilità sociali e i giovani lo stanno imparando. Infatti ora l’interesse di Downey per i suoi prossimi studi sarà focalizzarsi sullo sviluppo della abilità sociali nella comunicazione online.
Roberto Todini