Ci sono voluti quasi quattro mesi perché la d’strict, l’arttech factory coreana, portasse a termine il suo ultimo progetto dal titolo “Wave”. Quello che oggi potranno osservare i passanti in transito per il famoso quartiere di Gangnam, a Seoul, è un’installazione dall’affascinante potere magnetico. Si tratta di una magnifica onda, che col suo moto sembra infrangersi contro le pareti dell’edificio SMTown Coex, su una superficie di 80 metri di larghezza per 20 di altezza.
L’effetto dell’onda è ipnotizzante: si segue con lo sguardo l’avvilupparsi dell’acqua su se stessa fino allo scroscio finale sui lati dell’edificio. Tutto è così realistico da sospendere ogni domanda su come ciò sia fisicamente possibile. Quando si comprende che l’installazione è, in realtà, frutto di una proiezione ad altissima definizione, ecco che l’incanto, al posto di svanire, si fa ancora più grande.
Basta uno sguardo al sito dell’azienda d’strict per rendersi conto della qualità dei loro lavori, che impressionano per la vividezza e il coinvolgimento emotivo che riescono a suscitare. Qualcosa di convenzionalmente considerato “freddo”, come la tecnologia digitale, riesce a diventare estremamente poetico quando interpretato con una sensibilità artistica.
È scientificamente provato che la vista e il suono dell’acqua o delle onde marine apportano benefici sulla psiche umana, conducendo verso il relax. È con questa intenzione che Jun Lee, Business Development Director della d’strict, ha motivato l’intenzione alla base di Wave.
“Volevamo creare un’esperienza travolgente. Le onde sono affascinanti e dinamiche in sé, ma le abbiamo scelte come soggetto perché evocano sensazioni di benessere, qualcosa di cui ora abbiamo bisogno.”
Corredata dal suono, la spuma di pixel di Wave avrebbe dovuto essere una fonte di benessere nel cuore di Seoul. Eppure, come accade per tutte le vere opere d’arte, i livelli di lettura sono molteplici e alcuni di essi sfuggono addirittura alle intenzioni dei loro stessi autori.
Il feedback del pubblico rispetto all’opera è stato sorprendente. Alcuni hanno visto nell’onda una metafora della reclusione dovuta alle norme da seguire durante la pandemia da Covid-19. L’oceano, emblema della libertà più sconfinata, sembrava in trappola tra le mura dell’edificio. Nel ricordo dei tempi del più stretto lockdown, Wave trasferiva più un senso di angoscia e reclusione che di pace e armonia.
L’onda è storicamente un soggetto legato a una simbologia ambigua e mutevole. È un elemento marino che richiama al mondo della natura in una sua espressione precisa: quella dinamica del movimento. Se da un lato è, quindi, emblema di freschezza e libertà, dall’altro la sua forza ha anche qualcosa di sinistro e impetuoso.
Non è un caso che l’opera d’arte che meglio sintetizza lo spirito inquieto del Romanticismo sia Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich. L’olio su tela ci trasporta in un paesaggio montuoso della Boemia ma, a un primo sguardo, è difficile riconoscere la nebbia come tale perché l’impressione trasferita è quella di un mare in tempesta. Anche in questo caso, ciò che sembrerebbe un’onda in realtà non lo è a tutti gli effetti. Ma basta l’idea del cavallone, la suggestione di un attimo, per farci leggere nell’opera tutta l’inquietudine e lo spirito malinconico dell’età romantica.
Nella cultura orientale, La grande onda di Hokusai è un altro esempio di come il flutto marino possa
legarsi a significati più allarmanti che distensivi.
L’artista si cimentò nella realizzazione del ciclo delle 36 vedute del monte Fuji, di cui l’Onda fa parte, in un momento di malattia, difficoltà economica e grande sofferenza emotiva dovuta alla perdita della moglie. Il senso profondo della xilografia è teso a rappresentare lo scontro tra la fragilità umana e la forza di una natura annientante.
Il senso di lettura orientale, da destra verso sinistra, contribuisce ancor di più ad acuire il turbamento, poiché l’onda incombe sulle imbarcazioni inaspettatamente, bloccandone il naturale transito. È come l’imprevisto, che può sempre irrompere nelle vite scardinandone in modo devastante equilibri e certezze.
È molto singolare che un’opera come Wave si leghi, suo malgrado, a una tradizione artistica i cui significati sono quanto mai attuali. Nata come installazione per rasserenare gli animi di un popolo ancora spezzato dal dramma dell’epidemia, Wave è finita per diventare quasi un inquietante monito per l’umanità. Alla bellezza e all’incantamento iniziale, si aggiunge una riflessione su quanto sia imprevedibile il destino degli esseri umani, eternamente inermi di fronte alle calamità. Le nostre fragilità emergono in maniera molto più evidente quando a metterle in luce è proprio la forza della Natura, madre e matrigna secondo la più antica delle tradizioni.
Martina Dalessandro