Si sente parlare molto poco di questa patologia. Eppure, la vulvodinia colpisce, secondo le stime, una donna su sette. Ne soffre circa il 15-16% della popolazione femminile.
Nonostante la sua diffusione, tale condizione patologica acquista spesso le sembianze di un vero e proprio tabù per le stesse donne coinvolte. Sono soprattutto l’imbarazzo e il disagio a spingerle a tacere.
Signore e signorine, che ne dite di rompere questo silenzio?
Per affrontare il problema, bisogna conoscerlo.
La vulvodinia – o vestibolite – è una sindrome multifattoriale particolarmente invalidante. Essa rientra nel campo dell’allodinia: una sensazione di dolore provocata da uno stimolo innocuo che normalmente non darebbe alcun fastidio.
Si tratta di un disturbo dei genitali esterni femminili che presenta le seguenti caratteristiche: gonfiore delle labbra vaginali, arrossamento del vestibolo, irritazione, dolore (anche durante i rapporti sessuali) e bruciore (anche dopo i rapporti). Nelle manifestazioni più severe della patologia, i dolori (che possono essere generalizzati o localizzati nella regione vulvare) sono cronici e così intensi da essere spesse volte descritti come coltellate, punture di spillo o scosse elettriche. Oltre a questo, si può incorrere anche a lacerazioni della pelle e delle mucose.
La più frequente forma di vulvodinia – che interessa circa l’80% dei casi – è quella che viene definita vestibolodinia o vestibolite vulvare e che, come suggerisce il nome, è localizzata al vestibolo vaginale. Un elemento biologico che la caratterizza è, ad esempio, l’aumento del volume e del numero di terminazioni nervose dolorifiche nella zona vulvare, con conseguente vulva arrossata. Ciò comporta un’amplificazione del bruciore vulvare e del dolore a livello del sistema nervoso. La vestibolodinia nasce con le sembianze di un’infiammazione, nella quale ripetuti fattori scatenanti – come infezioni, microtraumi o fattori ormonali – innescano un sistema che tende a persistere.
Quali sono le possibili cause?
Le cause della vulvodinia sono ancora incerte. Quel che pare chiaro è che, nella sua complessità, i fattori che la scatenano possono essere sia di natura biologica che psicologica.
Tra le cause biologiche rientrerebbero, ad esempio, le infezioni genitali – in particolare se ripetute e non trattate – e le variazioni ormonali. Queste ultime, principalmente legate alla menopausa o all’assunzione di contraccettivi orali, possono determinare l’insorgenza di bruciore o dolore a livello vulvare. La lista delle possibili cause fisiche continua e include allergie, sensibilità a sostanze chimiche o organismi che si possono trovare nell’ambiente, malattie autoimmunitarie, ferite, neuropatia, tensione cronica o spasmi dei muscoli dell’area vulvare e lacerazioni da parto che hanno lasciato tessuto cicatriziale importante. Pare che anche gli interventi di chirurgia genitale possano favorire la comparsa del disturbo.
Inoltre, un ruolo importante nello sviluppo di questa sindrome sembra sia rivestito da un mediatore pro-infiammatorio, la cellula mastocita, che attiva la reazione infiammatoria in risposta a danni infettivi, chimici o fisici. Nelle donne che soffrono di vulvodinia, il mastocita è sovra-regolato: l’area vulvare è continuamente infiammata anche in assenza di una reale minaccia per l’organismo e perciò è sufficiente uno stimolo innocuo per scatenare la risposta infiammatoria.
Come le cause biologiche e fisiche, anche quelle psicologiche hanno il loro peso: traumi pregressi, abusi, rapporti sessuali vissuti male o problemi di coppia possono costituire anch’essi dei fattori scatenanti. Ancora, particolari condizioni di stress – legate soprattutto alla maniera in cui la donna vive a livello psichico la propria sessualità – possono incidere sul tono muscolare della zona genitale, facendo contrarre la muscolatura dell’area vulvare. Spesso, infatti, nei casi di vulvodinia si riscontra un’eccessiva attivazione neuro-muscolare: un ipertono muscolare che è responsabile, ad esempio, del dolore durante i rapporti.
Un ginecologo confuso non aiuta.
Molti ginecologi non hanno ancora le idee chiare in merito a tale sindrome e perciò capita spesso che affrontino il problema nella maniera sbagliata. Questo può portare le pazienti a non sentirsi legittimate nel provare dolore: magari si convincono che siano loro stesse a ingigantire o addirittura a inventare quella insopportabile sensazione. Gli approcci terapeutici che non vanno a buon fine rischiano di spingere la donna alla resa e al silenzio, specialmente se i tentativi sono stati tanti e diversi.
La vulvodinia provoca dolore, bruciore e fastidio; tuttavia, a parte l’arrossamento del vestibolo, non è presente alcuna lesione fisica riconoscibile. È per tale motivo che, in assenza di rilevanti segni obiettivi e di sintomi visibili durante la visita ginecologica, a molte pazienti viene detto che la sensazione dolorosa è di origine psichica.
Capita che ci si debba rivolgere a diversi dottori prima di giungere a una corretta diagnosi, in quanto molti ginecologi non hanno familiarità con il disturbo. Non c’è da stupirsi, perciò, se la vulvodinia viene diagnosticata per esclusione.
La diagnosi si basa sul dolore percepito dalle pazienti e si effettua mediante un “test del cotton fioc” che serve a delineare le aree di dolore e a categorizzare la loro severità. Spesso le donne sottoposte a questo test paragonano il tocco del cotton fioc all’attrito di un coltello.
I trattamenti proposti sono numerosi e molti di questi si basano principalmente su esperienza empirica e opinioni. Sovente variano notevolmente da medico a medico e necessitano di cambiamenti se i tentativi precedenti falliscono.
Come si cura la vulvodinia?
Prima di tutto bisogna riuscire a diagnosticarla. Trattasi infatti di una sindrome complessa che molto spesso non viene diagnosticata a causa delle scarse – o addirittura assenti – evidenze cliniche. Riconoscere questo disturbo e comprenderne le cause è già un passo importante: per poterlo sopprimere, il dolore va sempre affrontato ricercandone le ragioni più profonde.
Si deve essere consapevoli di avere a che fare con una patologia caratterizzata da alti e bassi, le cui evoluzioni necessitano di essere costantemente monitorate da un medico che conosce la problematica in tutti i suoi aspetti. Poiché le cause sono varie e diverse, la terapia va personalizzata, adattata e cambiata in accordo con la sintomatologia. Il trattamento della vulvodinia prevede quindi diversi approcci, tutti volti a ridurre l’intensità e la frequenza delle sensazioni dolorose.
Terapie farmacologiche quali gli antidepressivi ciclici e anticonvulsivi sono utili per alleviare il dolore cronico, come anche gli anestetici topici in crema applicabili direttamente nella zona vestibolare. Alcune creme, poi, inibiscono l’attività del mastocita. In caso di muscoli pelvici molto contratti, la fisioterapia può rivelarsi un valido aiuto. Sono utili anche gli esercizi di auto-massaggio interno ed esterno, che si esegue esercitando pressione sui punti dolorosi. Se eseguite con regolarità, le terapie fisiche danno sollievo nell’80% dei casi.
Alle terapie vanno affiancati uno stile di vita e un comportamento volti a ridurre al minimo gli stimoli irritativi.
È bene seguire questi accorgimenti:
- non indossare biancheria intima durante la notte
- indossare biancheria intima di cotone bianco e pantaloni ampi e comodi
- evitare frequenti lavaggi (per la zona vestibolare è sufficiente l’acqua)
- utilizzare detergenti intimi che siano delicati e non profumati
- evitare applicazioni vaginali di profumi, deodoranti spray, creme depilatorie, lavande
- sostituire gli assorbenti interni con quelli esterni (preferibilmente di cotone, lavabili e riutilizzabili)
- evitare di svolgere esercizi fisici che comportino frizione e sfregamento sulla regione vulvare (ad esempio spinning)
- adoperare i lubrificanti suggeriti dal medico (si può utilizzare anche il semplice olio vegetale)
Tale condizione patologica interferisce con la qualità della vita di molte donne.
La sindrome può essere estremamente dolorosa e invalidante, al punto che anche un’azione innocua come lo stare sedute può divenire insopportabile. Spesso chi soffre di vulvodinia esita a cercare una cura, specialmente perché diverse donne cominciano a presentarne i sintomi dal momento in cui divengono sessualmente attive. Possono provare imbarazzo, sentirsi inadatte come compagne o anche sprofondare in un senso di sfiducia.
Con il tempo, la consapevolezza di questa patologia si sta diffondendo. Se ne stanno investigando le varie possibili cause e i trattamenti. Non si deve temere di parlare del proprio dolore con uno specialista competente, come non bisogna vergognarsi di farsi aiutare a risolvere il problema.
Donne, è tutto chiaro? Questa vulvodinia si affronta a testa alta!
Annapaola Ursini