Vodka, Absolut vodka.
Fuori dal freezer quell’ultima bottiglia verde, ancora coperta dalla brina, ghiacciata, che quasi mi paralizza il cervello solo all’idea di sfiorarla. L’etichetta in cirillico si sta sciogliendo longo i bordi, seguendo un’ondata di continuo discioglimento dei ghiacci.
Alcool di altri posti, paesi lontani, luoghi che non ho mai visto.
E poi giù. Pregustavo il liquido fresco, scivolarmi lentamente lungo la gola, solleticandomi la faringe, e risalire su fino al setto nasale, con il suo aroma intenso.
E poi giù. Era la mia ultima vodka, e io la volevo, la bramavo, la desideravo, con tutta me stessa. Non avevo mai desiderato di possedere carne fresca, come smaniavo quel liquido potente scivolarmi nello stomaco, inumidendo i miei tessuti muscolari.
E poi giù. Ecco che accosto lentamente il bicchierino alle mie labbra socchiuse. Sento il mio alito fresco sfiorarmi appena la punta delle dita. La verità è che vivo in un’attesa perenne di un bacio inaspettato e carico di passione, che sappia travolgermi, come il gusto del niente.
“… un piacere delizioso mi aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito rese indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi di un’essenza preziosa… Non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale.” Marcel Proust.
Vodka. Vodka o amore. Amore e vodka.
Ecco perchè continuiamo a cercare nell’ebrezza la risposta ai nostri problemi.
Ma perchè la sfera del piacere è sempre così maledettamente costretta da rigidi regole?
Quel bicchierino di vodka che mi osserva, incrinando lo sguardo, contiene davvero le risposte a tutte le mie domande?
E quanti pensieri malati, assurdi, incredibilmente sinceri e reali navigano in quel liquido glaciale e viscoso? Pensieri, parole, smarrimenti, verità.
Non sto per farmi un cicchetto di vodka.
Sto per immergermi nella vita più vera. E si salvi chi può.
Il mio corpo è stanco, stressato, digiuno da 72 ore, o forse più. La mente parte, senza trovare impedimenti. Si abbandona alla dolce brezza di fine estate, un leggero venticello che mi solletica l’anima.
E profuma di vodka.
Ho avuto per un momento la terribile sensazione di aver annegato anche quei pochi momenti di lucidità in un cocktail annacquato, condito con ghiaccio e disperazione e una goccia di disinibizione. Perchè quella timidezza, che normalmente m’infiamma le gote, è immediatamente sparita, pestata, schiacciata. Come l’uva di quel vino che qualche volta accarezza il mio palato.
Voglio solo urlare. Chiudo gli occhi e salto. Tutto il resto viene da se.
La verità è che mi sentivo terribilmente felice. E questo mi spaventava a morte.
Viaggiare è da sempre una continua contemplazione silenziosa di atlanti infiniti.
Ho deciso che nella mia vita avrei viaggiato una mattina di più di 15 anni fa. Ero a pancia in giù, distesa lungo il tappetino del bagno, ubriaca di solitudine ed irrequietezza, con l’incredibile voglia di mollare tutto e partire.
Quel giorno decisi che un viaggio non ha bisogno di motivi, e che non ci avrei messo molto a dimostrare a me stessa quanto mi sarebbe servito.
Un viaggio mi avrebbe nutrito, dissetato, ubriacato. Decisi che sarebbe stata quella la mia Vodka.
Decisi che non avrei creato i miei viaggi a tavolino. Non avrei deciso le tappe, né cercato alberghi, ostelli, ristoranti.
I miei viaggi mi hanno creato e poi distrutto, fatto e poi disfatto.
Non sono altro che un semplice essere umano desideroso di ubriacarsi di emozioni vere.
Quelle che ti lasciano il segno. Tagliano la cute e lacerano l’anima.
Credo che in questo mondo di ipocrisia e violenza, di finti sorrisi e freddi abbracci, abbiamo perso la capacità di stupirci, la volontà di ubriacarci, di essere genuini, veri.
Abbiamo barattato la nostra umanità in cambio di certezze e sicurezze. Ma indovinate un po’? Il prezzo da pagare è davvero troppo elevato.
Ci siamo creati un nostro aspetto perfetto e curato, da sfoggiare come un orologio da polso, che ci permette di vivere armonicamente con il fasullo bonton dal quale siamo circondati. Poltrone di vimini rivestite di pelle pregiata e candelabri in oro zecchino. A che serve tutto questo?
Vodka, ho bisogno di vodka.
La verità è che ci sentiamo tutti trasgressivi e ribelli, ma seguiamo continuamente degli schemi preimpostati, innescati nel nostro cervello prima ancora che noi nascessimo. Usi e costumi prestabiliti che ci permettono di compiacerci per la vita che stiamo conducendo, liscia, regolare, senza neanche una piega. Ci inglobiamo sempre più in quelle categorie dalle quali siamo sempre fuggiti, prive di valori reali, ma soprattutto prive di sentimenti.
Intanto approdano lungo le nostre coste milioni e milioni di migranti, nello stesso istante in cui sorseggio il mio bicchiere di vodka.
Persone provenienti da luoghi vicini ma sempre profondamente distanti dai nostri aspetti perfetti e curati. Quel fasullo bonton che ci siamo abilmente costruiti con il passare degli anni. Queste persone cercano rifugio nella nostra opulenza stanca e stantia, nella speranza di avere una vita normale, al riparo da bombardamenti e distruzioni.
Sono portatori di vita reale, cruda, a tratti straziante e incontrollata.
Vodka, ho bisogno di vodka.
Questa realtà così viva, pericolosa, ardente, come fuoco vivo sulla carne umana, ci spaventa terribilmente.
Loro sono porta voci di domande vere alle quali non sappiamo assolutamente rispondere. Non osiamo mettere in discussione le nostre certezze. Quando in fondo, basterebbe soltanto un po’ di vodka, per rendere le nostre sciatte esistenze un po’ più interessanti.
Mi è successo di vagabondare per una strada mai percorsa, invasa da fiori, alberi, arbusti, colori e lingue diverse. Era una strada sterrata da culture e odori provenienti da un altro mondo.
La verità è non mi sono mai sentita così viva.
Per questo ho pensato di viaggiare. Ho decretato ufficialmente che quella sarebbe stata la mia vodka.
Ho deciso che nella mia vita avrei viaggiato una mattina di più di 15 anni fa. Ero a pancia in giù, distesa lungo il tappetino del bagno, ubriaca di solitudine ed irrequietezza, con l’incredibile voglia di mollare tutto e partire.
Quel giorno decisi che avrei sempre apprezzato quelle persone che si lasciano trascinare dal flusso incontrollato degli eventi, che permettono alla vita di scorrere da se, senza preoccuparsi dell’affitto da pagare, o di quelle rughette che iniziano a segnare il viso. Ho deciso che avrei sempre amato quelle persone che hanno ancora questa incredibile e ingenua fiducia nella vita. Sempre e comunque.
E non mi importa se sono arrivate ieri a bordo di un barcone, di un gommone, o se parcheggiata nel cortile di casa hanno una ferrari rossa fuoco, se per accompagnare le tristi serate sorseggiano Ruhm o Whisky, o la mia tanto amata Vodka.
Amo incontrollatamente quelle persone che avrebbero tutto il diritto di distruggere, ma decidono di rimettere insieme i pezzi con un caldo abbraccio.
La verità è che le nostre esistenze ci offrono infinite possibilità, e sta a noi scegliere la via corretta per ubriacarci di vita.
Elisa Bellino