Più stiamo bene e più riusciamo a esprimere la nostra vita. Più stiamo male e più è alienata la nostra vita. Oltre la mera condizione materiale, che è condizione necessaria, ma non sufficiente, per essere felici. La teoria economica liberista basata sul principio della libera concorrenza e sulla proprietà privata non funziona da un punto di vista teorico, non può funzionare a priori per un problema antropologico perché è di fatto incompatibile con la natura umana, mettendone a repentaglio la sopravvivenza e ancora prima la realizzazione della sua felicità. Il limite della fragilità strutturale dell’essere umano (dovuta come si è detto alla necessità di una cura molto importante per i primi anni di vita, perché si sviluppi in modo sano e da cui la necessità di amare i bambini per non pregiudicarne la sopravvivenza e in futuro un’esistenza felice) può essere superata solo con la forza dell’unione per costituire una società fondata sull’agire comune per il bene comune. L’uomo è un essere universale: la sua natura è per definizione incompatibile con una società basata sulle divisioni. Il mercato più è atomizzato, più è diviso e più genera divisioni e barriere e meno è libero: questo è il vero paradosso. Il capitalismo rende l’uomo schiavo (di altri uomini, dei beni e di sé stesso ovvero delle proprie pulsioni negative), impedisce la libera circolazione delle persone, delle idee e per ultimo dei beni. Crea la gerarchia, le caste, determina le divisioni di razza e di genere, sulla base di stereotipi alimentati e congeniali al mercato. E’ incompatibile con una vera democrazia. Il capitalismo costringe l’uomo a vivere in modo schizofrenico e infelice, chiuso in una gabbia prima di tutto mentale perché gli impedisce di aprirsi agli altri in modo spontaneo, in modo creativo, costruttivo, lo autolimita, lo costringe a piegarsi ai propri bisogni primari di sopravvivenza quando potrebbero ormai essere risolti in maniera definitiva, per lasciare finalmente spazio al pensiero libero. Gli steccati mentali sono congeniali al mantenimento di quelli materiali. Gli economisti ne fanno una questione di diritto, di equità e di efficienza, di giustizia e di non sfruttamento, io ritengo che sia la naturale conseguenza dell’analisi sulla natura umana. L’individualismo, la selezione, la competizione di fatto si traducono nella perdita della specificità e ricchezza individuale perché l’interesse è sulla forza della prevaricazione a danno della sensibilità e della creatività individuale. Questo processo è stato sublimato attraverso la sostituzione del denaro al posto della clava!
In effetti la società capitalistica astrae dalla specificità individuale degli umani, cioè tutte quelle qualità che fanno di ciascuno di noi individui unici e che definiscono la nostra identità individuale.
Ai regimi “comunisti” poi si contesta il fatto che attuano un appiattimento dell’individuo in funzione di un interesse generale. In realtà l’interesse generale è l’interesse dello stato che è di fatto un interesse di una minoranza, oligarchia, e la proprietà privata è mantenuta come proprietà dello stato (entità suprema). In un sistema partecipativo il potere non deve essere dello stato, ma di tutti e la proprietà privata dovrebbe essere coerentemente abolita.
Ed ecco il paradosso delle religioni monoteiste: da un lato cercano di rispondere al bisogno innato di una famiglia comune e dall’altro rappresentano l’esasperazione della proprietà privata. Addirittura appaltano Dio! Ciascuna religione ritiene di avere il diritto di esclusiva nell’utilizzo dello stesso unico Marchio.
Il patto sociale (Jean-Jacques Rousseau) non è più necessario, in assenza di proprietà privata non c’è bisogno di parlare di alienazione dei propri diritti a tutta la comunità e nessuno si deve donare in cambio di “un pezzo di terra”. Non c’è rinuncia di se stessi in nome di una volontà generale. Non esiste nulla di trascendente, ma una molteplicità di pensieri che agiscono intorno ad un unico obiettivo che è quello di esistere in armonia e che non pongono alcun limite alla propria sete di conoscenza.
Marx dimostra in modo scientifico che il capitalismo è ingiusto perché basato sulla divisione in classi sociali e sullo sfruttamento, io penso che il capitalismo sia insostenibile perché antropologicamente innaturale.
In fine la finanza che come un regista esperto ci mette in scena nel suo deserto… col potere della finanza sull’economia per definizione è totalmente scomparso il potere decisionale del consumatore e non c’è più la concorrenza tra i produttori. È la finanza che decide a monte chi sta sul mercato e non più il virtuale incontro tra domanda e offerta. L’arena del mercato, per quanto effimera e imperfetta non esiste più, i produttori non sono più i giocatori e i consumatori non fanno più gli arbitri.
L’economia è nuda!
Siamo tanti siam… il problema della sovrappopolazione amplifica tutti gli altri. Si fanno tanti figli per rispondere a logiche religiose o nazionaliste o per una gratificazione personale non tenendo conto dei propri limiti personali. Nessun politico e tanto meno nessun religioso potrà mai affrontare questo problema per risolverlo perché la politica si preoccupa di chi continuerà a pagare le pensioni d’oro e perché il sovrappopolamento è congeniale al mantenimento del potere essendo proporzionale all’impoverimento del genere umano.