Perché Vittorio Feltri si dimette da giornalista
Vittorio Feltri, nato a Bergamo nel 1943, si dimette dalla professione di giornalista dopo una carriera di quasi cinquant’anni. Una carriera fatta di provocazioni continue, di odio razziale verso i meridionali e i musulmani, di disprezzo per gli omosessuali, tutti sentimenti mal celati o meglio, orgogliosamente mostrati, come fossero una nota di merito in un Paese così cieco da non condividerli. Come fossero la conseguenza oggettiva di fatti all’ordine del giorno.
Ma un conto è riportare i fatti all’ordine del giorno, ciò in cui consiste il compito di un giornalista, altro è alimentare pregiudizi e una mentalità razzista – oltre che sessista – che avvelena l’unità e il progresso stesso di questo Paese.
Non è di questo parere Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, che ha riportato la notizia questa mattina con profondo rammarico:
“Perché lo abbia fatto lo spiegherà lui, ma io immagino che sia una scelta dolorosa per sottrarsi una volta per tutte all’accanimento con cui da anni l’Ordine dei giornalisti cerca di imbavagliarlo e limitarne la libertà di pensiero a colpi di processi disciplinari per presunti reati di opinione e continue minacce di sospensione e radiazione”
Sembrerebbe l’esito insperato di quella petizione che è stata lanciata dai giornalisti Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi e che aveva raggiungo 100 mila firme, ma purtroppo non è loro merito: Feltri si è dimesso spontaneamente per sottrarsi alla radiazione definitiva, che prima o poi sarebbe arrivata, in modo da poter continuare a scrivere per giornali come un qualunque altro cittadino, però non in qualità di giornalista o di direttore, come afferma lo stesso Sallusti:
Se invece ti dimetti dall’Ordine, è vero che non puoi più esercitare la professione – e quindi neppure dirigere – ma uscendo dal controllo politico puoi scrivere ovunque, senza compenso, come qualsiasi comune cittadino.
Un giornalista ha il diritto di essere provocatorio (che è un eufemismo per “razzista” e “sessista”)?
Ancora Sallusti si appella all’articolo 21 della nostra Costituzione, che tutela la nostra libertà di pensiero. Ma la libertà di pensiero c’entra poco con il filtro razzista e omofobo con cui l’ex direttore riportava le notizie, e con l’odio che contribuiva a creare. Non ci sarà bisogno di riportare alla memoria i diversi titoli provocatori e sprezzanti nei confronti di diverse categorie sociali ( i meridionali, gli omosessuali, i musulmani, i giovani etc.) di cui è autore Feltri. Tant’è che, in un’opinione abbastanza comune. ormai questi titoli non erano più degni di nota da un pezzo. Ma non era così per tutti: qualcuno, trovandosi di fronte a un giornale come gli altri, avrebbe potuto continuare a credere – e sicuramente l’ha fatto – che quelle fossero notizie riportate in modo imparziale, perché quello era un giornalista.
Il punto è questo: se vuoi provocare, dire cose sconvenienti, offendere anche, puoi farlo!Perché siamo in un Paese libero, democratico, con libertà di pensiero, come dice Sallusti. Puoi farlo da comico, in contesti di satira politica, rispondendo comunque delle tue azioni, ma non puoi fare il giornalista, perché non si riporterebbero le notizie in modo imparziale, o neanche velatamente imparziale. E sopratutto, non puoi in ogni caso inneggiare all’odio e alimentare i pregiudizi, perché non è vero che in Campania sono tutti parcheggiatori abusivi, che i meridionali vivono sulle spalle delle regioni del Nord e così via.
Feltri potrà continuare a scrivere e sicuramente tornerà a imbarazzarci con le sue uscite, ma quello raggiunto oggi è comunque un importante risultato, un sollievo per l’Ordine dei Giornalisti, che da oggi guadagna credibilità e rispetto.
Francesca Santoro