Vittorini e la Resistenza: dalla prima censura all’arresto

Vittorini e la Resistenza

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Elio Vittorini, siracusano, nato il 23 luglio 1908, è stato uno dei protagonisti della letteratura italiana del XX secolo. Ha avuto un’influenza significativa sulla letteratura della Resistenza e sulla cultura del suo tempo.

L’adolescenza e le prime esperienze antifasciste

Il padre, ferroviere, fa sì che la famiglia si sposti frequentemente e il piccolo Elio trascorre la sua infanzia «in piccole stazioni ferroviarie con reti metalliche alle finestre e il deserto intorno». Per questo motivo a Vittorini staranno a cuore i temi del treno e del viaggio, che spesso ritroveremo nelle sue opere.

Sin da ragazzo ha le sue prime esperienze antifasciste, mentre fugge dalle mura di casa «per vedere il mondo», utilizzando i biglietti omaggio a cui hanno diritto i familiari di un dipendente delle ferrovie.

Nel ’26, invece, cambia rotta, trasferitosi a Gorizia dopo aver lasciato la scuola, sempre a causa del suo temperamento ribelle, si orienta verso posizioni di fascismo antiborghese. L’anno seguente comincia a scrivere per «La Stampa», e nello stesso anno si sposa con Rosa Quasimodo, sorella del celebre poeta, da cui, nel ’28 avrà un figlio.

In questi anni le sue collaborazioni si estendono a «Il Mattino», «Il Lavoro fascista» e ad altri periodici. Ma Vittorini comincia ad essere considerato «uno scrittore tendenzialmente antifascista». Quindi perde le collaborazioni con le testate che retribuiscono e comincia a collaborare con una piccola rivista fiorentina, «Solaria», su cui pubblica la maggior parte dei racconti, raccolti poi in volume nel 1931 con il titolo Piccola borghesia, il suo primo libro. Scrivere su Solaria significava essere antifascista, europeista, universalista e antitradizionalista, tutte denominazioni che avrebbero inciso sulla sua attività letteraria futura.

Dopo il trasferimento a Firenze e la pubblicazione de Il garofano rosso (1948), comincia la stesura di una delle sue opere di più alto livello: Conversazione in Sicilia, che apparirà a puntate su «Letteratura» tra il ’38 e il ’39. Durante la guerra civile spagnola, Vittorini si schiera dalla parte dei repubblicani, e, in seguito ad un articolo antifranchista e ormai divenuto sospetto al Regime è espulso dal partito fascista.

Vittorini e la Resistenza: dalla censura all’arresto

Nel ’38 è a Milano, qui fa esperienza di censura fascista con l’Americana, di cui vengono eliminate tutte le note critiche.

Con l’inizio della guerra, comincia la partecipazione di Vittorini alla Resistenza. Nell’estate del ’43 viene arrestato per attività clandestina per il partito comunista, e rimarrà nel carcere di San Vittore fino a settembre.

Nel periodo successivo, entra a far parte di un gruppo di intellettuali e scrittori antifascisti noto come “Il Politecnico” a Milano. Questo gruppo pubblica opuscoli e manifesti clandestini per incoraggiare la resistenza contro i nazifascisti e diffondere informazioni sulla situazione politica e militare.

Nel ’44 si reca nuovamente a Firenze per organizzare uno sciopero generale, ma rischia di essere catturato dalla polizia fascista, quindi rinuncia e si ritira in montagna. È in questo periodo che compone uno dei suoi capolavori: Uomini e no, che esce presso Bompiani nel 1945. Il romanzo, ambientato nella sua città natale, narra la storia di un giovane siciliano che si unisce alla Resistenza per combattere contro il regime fascista. Attraverso la vicenda del protagonista, Vittorini esplora i temi della libertà, della dignità umana e della necessità di opporsi alle ingiustizie.

Sempre nel ’47 esce Il Sempione strizza l’occhio al Frejus, mentre nel ’49 escono Le donne di Messina e la traduzione americana di Conversazione in Sicilia, con prefazione di Hemingway.

Uno stile letterario innovativo

In generale, le sue opere sono caratterizzate da un realismo dettagliato. Attraverso le descrizioni accurate dei luoghi, dei personaggi e delle situazioni, insieme ad un linguaggio semplice e colloquiale. Questo approccio riesce a rendere le storie più vicine al lettore e ne facilitava la comprensione.

Inoltre, in alcune delle sue opere, Vittorini sperimenta nuove tecniche narrative. Ad esempio, il romanzo Il garofano rosso, è caratterizzato da uno stile di scrittura frammentato e associativo per esplorare i pensieri e le emozioni del protagonista.

Nel ’63 si ammala gravemente e viene sottoposto a un primo intervento chirurgico. Avendo assunto nel frattempo la direzione della collana di Mondadori, continua assiduamente la sua attività editoriale, nonostante la malattia.

Il 12 febbraio 1966 muore nella sua casa milanese di via Gorizia.

Rivoluzionario è lo scrittore che riesce a porre attraverso la sua opera esigenze rivoluzionarie diverse da quelle che la politica pone; esigenze interne, segrete, recondite dell’uomo ch’egli soltanto sa scorgere nell’uomo…»

Elio Vittorini, Lettera di Vittorini a Togliatti, su «Il Politecnico», 1947

Fiamma Franchi

 

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