Le crisi che, oggi, preoccupano l’umanità sono tante e sono gravi. Ma non devono offuscare l’impegno di coloro che hanno raggiunto grandi vittorie dei diritti umani nel 2023
Il Rapporto 2022-2023 sulla situazione dei diritti umani nel mondo, pubblicato lo scorso marzo da Amnesty International, descrive una situazione generalmente molto grave.
Come ha spiegato la segretaria generale di Amnesty, Agnes Callamard, il mondo sta attraversando numerose crisi, e la risposta delle istituzioni si sta rivelando “clamorosamente inadeguata“.
Il mondo è assediato da un assalto di crisi che collidono tra loro: conflitti diffusi, economie globali crudeli che finiscono per caricare sulle spalle di molti stati un debito insostenibile, evasioni fiscali da parte delle aziende, uso della tecnologia come arma, crisi climatica e placche tettoniche dei poteri in movimento. Non avremo alcuna possibilità di sopravvivere a queste crisi se le nostre istituzioni internazionali non saranno all’altezza
Nonostante ciò, abbiamo anche potuto assistere a grandi vittorie dei diritti umani nel 2023.
Come l’abolizione della pena di morte per reati comuni in Ghana, o la dichiarazione della Corte d’Appello di Londra sull’illegalità del rinvio dei richiedenti asilo in Ruanda.
Ma soprattutto, è importante sottolineare il tenace lavoro dei difensori dei diritti umani che lottano ogni giorno, e tutte le conquiste che hanno segnato nel 2023.
Vittorie dei diritti umani nel 2023: scarcerazioni e libertà
Nel 2023, diversi giornalisti e difensori dei diritti umani hanno potuto lasciare il carcere e tornare sani e salvi a casa.
Tra questi c’è la giornalista d’inchiesta filippina Maria Ressa, Premio Nobel per la Pace nel 2021, da anni perseguitata per denunce su presunti reati economici e querele temerarie per diffamazione. Nel settembre 2023 è stata finalmente assolta dalle accuse di evasione fiscale, dichiarando che, quel giorno, “la verità ha vinto“.
Il 21 gennaio è stato scarcerato su cauzione anche il difensore iraniano dei diritti umani Arash Sadeghi, affetto da un cancro alle ossa per cui potrà finalmente ricevere cure adeguate.
Anche in Turchia, dopo sei anni dal primo arresto, sono stati assolti quattro difensori dei diritti umani. Tra questi, Taner Kılıç, ex presidente e ora presidente onorario di Amnesty International Turchia, e Idil Eser, ex-direttrice di Amnesty International Turchia.
Nello Zimbabwe, dopo oltre tre anni, le attiviste Joanah Mamombe, Cecillia Chimbiri e Netsai Marova, hanno ricevuto l’assoluzione dalle accuse di “diffusione di dichiarazioni false pregiudizievoli nei confronti dello stato“.
Altra importante scarcerazione è stata quella di Ghassan al-Sharbi, 49enne saudita, che è tornato in patria dopo aver trascorso 21 anni nel carcere di Guantánamo, senza mai essere stato processato.
In Egitto, infine, dopo due anni di carcere senza processo, è stato rilasciato Safwan Thabet, industriale egiziano arrestato per non aver voluto cedere la gestione della sua azienda casearia ai funzionari di al-Sisi.
Anche in Italia, i difensori dei diritti umani possono celebrare delle vittorie. Infatti, è di pochi giorni fa la notizia del rilascio definitivo dello studente italo-palestinese Khaled El Quaisi, detenuto per quattro mesi in Israele senza alcun capo di accusa.
Inoltre, nel luglio 2023, Patrick Zaki, studente egiziano laureatosi all’Università di Bologna, ha ottenuto la grazia di al-Sisi il giorno dopo essere stato condannato a tre anni di reclusione in Egitto. Zaki è quindi tornato a Bologna, finalmente, da uomo libero.
Donne e comunità LGBT+: le conquiste dell’attivismo
Anche per quanto riguarda le donne e la comunità LGBT+ ci sono state molte vittorie dei diritti umani nel 2023.
In Uzbekistan, lo scorso 6 aprile, il senato ha approvato all’unanimità, attraverso un emendamento al codice penale, il reato di violenza domestica. Saranno quindi perseguibili i reati violenza fisica, stalking e molestie; e gli autori di reati sessuali non potranno chiedere la libertà condizionata.
In Colombia, grazie alle continue mobilitazioni dell’attivismo dei diritti delle donne e svariate azioni legali, la Corte Costituzionale ha decriminalizzato l’aborto entro le prime 24 settimane di gravidanza.
La Svizzera e i Paesi Bassi hanno finalmente riconosciuto che “il sesso senza consenso è stupro“.
In precedenza, entrambi gli Stati riconoscevano il reato di stupro solo se il rapporto sessuale richiedeva l’uso della forza fisica, della minaccia o della coercizione, e limitava le vittime alle sole donne.
In Spagna, inoltre, il Parlamento ha approvato una legge che riconosce che il sesso senza consenso è stupro, basandosi sul principio che “Solo sì significa sì”.
La lista dei Paesi che riconoscono ogni atto sessuale senza consenso come stupro si sta allungando. Secondo le osservazioni di Amnesty, i Paesi Bassi sono il 17° dei 31 Stati europei ad aver compiuto questo passo.
Un’altra grande conquista per quanto riguarda il genere è avvenuta in Finlandia.
Nel febbraio 2023, il parlamento ha approvato la legge che abolisce i requisiti della sterilizzazione e di una diagnosi psichiatrica. Le persone transgender potranno quindi ottenere il riconoscimento giuridico del loro genere, a seguito di richiesta scritta e dopo un “periodo di riflessione” obbligatorio di un mese.
In più, in Ungheria, la Corte europea dei diritti umani ha concluso che il Paese ha violato il diritto delle persone transgender non mettendo a disposizione procedure adeguate per il riconoscimento legale del genere.
“Diritto a un’ambiente sano”: progressi nell’ambientalismo
Le vittorie dei diritti umani nel 2023 hanno riguardato anche la giustizia ambientale.
Dopo un luglio caratterizzato dal caldo estremo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che riconosce il “diritto a un’ambiente sano“ come un diritto fondamentale per l’umanità.
Come ha dichiarato l’Alta Commissaria per i Diritti Umani, Michele Bachelet, si tratta di un voto storico.
Anche se il diritto umano a vivere in un ambiente sano non ha valore cogente dal punto di vista legale, fornisce comunque delle linee guida sia per i modelli di business (privati) che per le politiche economiche. Lo sfruttamento delle risorse naturali del Pianeta, quindi, è un tema che rientra nell’alveo dei diritti umani e come tale va trattato. Alla ragione economica si deve affiancare anche un ventaglio di considerazioni di altra natura
A questa notizia segue, ad agosto, una storica sentenza del tribunale del Montana, negli USA.
Sedici giovani attivisti per il clima sostenevano che le politiche di Stato, orientate all’uso del fossile, violassero il loro diritto costituzionale a un “ambiente pulito e salutare“. La giudice, Kathy Seeley, ha dato loro ragione sottolineando che i gravi danni arrecati alla salute fisica e mentale degli attivisti, causati dal cambiamento climatico e dall’inquinamento.