Vittime di abusi domestici costrette a vivere con i colpevoli, la denuncia del The Guardian

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Nel Regno Unito, nel 2023, sono più di un quarto le donne vittime di abusi domestici che sono state sottoposte ad ulteriori violenze perché costrette a vivere con i colpevoli, in attesa di un posto in una Casa Rifugio. Come evidenziato da un rapporto  dall’Observer del The Guardian, la causa di questa situazione è da ricercarsi nella domanda “in continua crescita” che queste Case Rifugio si trovano a fronteggiare.

Vittime di abusi domestici: Il rapporto del The Guardian

In base al rapporto presentato dalla sezione “Observer” del The Guardian, delle 254 donne che nel 2022 hanno completato il percorso di supporto di “the Women’s Aid”, una federazione di base che nel Regno Unito fornisce servizi salvavita alle donne vittime di violenze e ai loro figli, 46 sono state costretta a farsi ospitare da conoscenti per sfuggire le mura domestiche,  39 non avevano le risorse necessarie per sopravvivere e 9  hanno dormito all’addiaccio.
Questo è accaduto nonostante la legge inglese sugli abusi domestici del 2021 (Domestic Abuse Act) preveda l’obbligo di fornire servizi di rifugio e alloggi sicuri alle vittime di abusi domestici. La causa di ciò è da ricercarsi nella mancanza di risorse e conoscenze da parte delle autorità locali in Inghilterra. Secondo quanto riportato dal rapporto dell’Observer, l’anno scorso è stato negato un alloggio sicuro a più di 10.000 donne inglesi in fuga dagli abusi domestici.

Colpiscono molto le parole  di Lisa Jhonson, responsabile dei servizi di Women’s Aid, che ha parlato dei risultati di questo rapporto, notando che si tratta dei dati peggiori dall’inizio del progetto nel 2016. Secondo la responsabile di  Women’s Aid, in Inghilterra ci si trova in una situazione di «carenza sistemica».
I servizi locali non sono in grado di  sostenere finanziariamente le donne, in particolare senza ricorrere ai fondi pubblici, senza considerare l’ulteriore pressione esercitata da crisi e carovita. Un capitolo a parte va aperto per quanto riguarda le difficoltà di accesso ai servizi di sostegno contro le violenze domestiche per le donne con uno status di immigrazione precario. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, Lisa Jhonson denuncia la presenza di razzismo sistemico a livello istituzionale.

Un altro problema da non sottovalutare è la mancanza di conoscenze adeguate tra professionisti che lavorano nei servizi pubblici, tanto che quando le le donne si rivolgono, ad esempio, alla polizia, all’ufficio alloggi delle autorità locali, all’assistenza sociale, spesso non ricevono un aiuto tempestivo. Questo ha risultati distruttivi, infatti, come sottolineato dalla responsabile di Women’s Aid , «decidere di lasciare una relazione violenta è il momento più pericoloso per la vittima». Questa mancanza da parte delle istituzioni spesso lascia quindi alle donne soltanto due possibilità: continuare a vivere con i loro aguzzini o diventare senzatetto.

Il The Guardian riporta poi le parole di Habiba Molvi-Pathan, operatrice di No Woman Turned Away, che denuncia a sua volta la mancanza di una formazione adeguata delle figure istituzionali che si trovano ad interfacciarsi direttamente con le vittime di abusi domestici: «Abbiamo sempre una conversazione con i servizi legali per spiegare le dinamiche dell’abuso: perché una donna non se ne va subito, perché non denuncia alla polizia, perché non può tornare nella zona a rischio, perché non può semplicemente entrare in una Casa Rifugio».
L’unico modo per risolvere questa mancanza sistemica secondo No Woman Turned Away  sarebbe l’istituzione di fondi per fornire una formazione regolare alle figure istituzionali che si occupano delle vittime di abusi domestici, in modo che comprendano meglio la realtà di queste violenze.

La situazione in Italia

Purtroppo, in Italia non è stata svolta un’indagine statistica in grado di restituirci la situazione delle Case Rifugio per le donne e in generale dell’efficacia delle risposte fornite dalle istituzioni nel 2023. Tuttavia, i rapporti di GREVIO  (Group of Experts on Action against Violence against Women), svolti per conto del Consiglio d’Europa nel 2018 e nel 2020, hanno evidenziato che anche in Italia la prevenzione è insufficiente, anche a causa di una formazione inadeguata sul tema della violenza di genere che impedisce efficaci valutazioni del rischio corso dalle vittime di abusi domestici.

Inoltre, In Italia ogni regione segue i propri meccanismi di finanziamento delle ong dedicate alle donne; ciò ha un effetto deleterio sulla stabilità finanziaria di queste ong e sulla continuità di erogazione del servizio e si traduce anche in una «irregolare distribuzione dei servizi all’interno del paese» e in una «limitata capacità da parte delle strutture esistenti di rispondere alle esigenze di tutte le vittime di qualsiasi forma di violenza».

Molte associazioni contro la violenza sulle donne, come  D.I.Re (Donne in Rete contro la violenza), sottolineano da anni l’importanza dell’istituzione di fondi pubblici per garantire una formazione adeguata delle figure che  si interfacciano con le donne vittime di violenza, oltre che per garantire accoglienza nelle Case Rifugio. Tuttavia, su questo, le risposte da parte del governo non sono mai arrivate. In particolare della gestione delle Case Rifugio  e centri antiviolenza in genere si parla nella convenzione di Istanbul, che FdI e Lega hanno recentemente rifiutato di ratificare, astenendosi dal voto. Si tratta di un segnale scoraggiante che svuota di significato anche i passi avanti che l’Italia sta facendo a livello legislativo  sul tema della violenza di genere (anche grazie al recente Ddl che integra la legge “Codice rosso”).
Del resto la legge rimane lettera morta se non si cambia la cultura garantendo adeguata formazione e non si fornisce un aiuto sostanziale in grado di incoraggiare le vittime a denunciare.

Virginia Miranda

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