Una ricerca di scienziati giapponesi della Georgia University rivela che nelle zone attorno all’impianto nucleare di Fukushima, luogo del peggior disastro nucleare della storia dopo quello di Chernobyl, proibite alla popolazione umana la popolazione animale sta prosperando.
La ricerca sulla vita animale a Fukushima è stata pubblicata su Frontiers in Ecology and the Environment.
In effetti forse la notizia non è così sorprendente, che le specie animali selvatiche mal sopportino la presenza umana è cosa nota, gli animali non sono provvisti di contatore Geiger e dunque anche se il luogo non sarà della massima salubrità nemmeno per loro evidentemente gli effetti non sono tali da essere percepiti e tenerli lontano.
Ciò nondimeno la ricerca snocciola dati molto interessanti che mostrano in che misura le diverse specie animali sembrano patire la nostra presenza.
Il territorio attorno alla centrale è stato suddiviso in tre zone: una completamente interdetta alla presenza umana che resterà così per molto tempo, una zona intermedia cosiddetta ristretta da cui comunque la popolazione residente è stata evacuata ma in un prossimo futuro sarà permesso di ritornare e infine una zona in cui è stato permesso alla popolazione di rimanere perché il livello di radiazioni di fondo non è molto alto.
Questa suddivisione che ovviamente è basata sul livello di radiazioni e che grosso modo si sviluppa in zone concentriche offre un ottimo laboratorio per una ricerca del genere, perché la zona abitata immediatamente a ridosso funziona da zona di controllo, un po’ come quando testando un farmaco a un gruppo dai il placebo, in questo caso è la zona popolata dagli umani il placebo perché la “medicina” che si sta testando è la nostra assenza.
Ma quanto è grande questa ricerca? Di che mole di dati stiamo parlando? Le camere piazzate hanno raccolto la bellezza di 267000 foto di vita selvatica di venti specie diverse, fra cui: cinghiali,lepri giapponesi, macachi, fagiani, volpi e cani procioni.
Fra i risultati più interessanti quelli relativi ai cinghiali, delle 46000 foto a loro dedicate 26000 sono state raccolte nell’area di totale esclusione umana, 13000 nella ristretta e solo 7000 nella zona abitata, dati che confermano quanto si sapeva: cinghiali e umani non convivono bene, se possono ci evitano.
Naturalmente nello studio sono state prese in considerazione e usate per una oggettivazione dei dati le diversità da zona a zona, l’ambiente attorno a Fukushima interessato è molto vario, si va da zone abbastanza elevate a zone costiere.
Interessante anche l’analisi dei pattern comportamentali in base all’attività diurna o notturna, gli animali notturni come i procioni si sono confermati tali, i fagiani che sono diurni lo stesso, ma ancora nel caso dei cinghiali è stato rilevato che quelli delle zone abitate tendevano ad avere abitudini più notturne rispetto a quelli delle zone disabitate, una indicazione che i loro schemi comportamentali sono influenzati dalla presenza umana.
Un caso in controtendenza in questo studio sulla vita animale a Fukushima c’è, del capricorno del Giappone sono state rilevate più presenze nelle zone abitate dagli umani ma secondo i ricercatori più che di simpatia nei nostri confronti si tratterebbe di un tentativo di evitare le zone a impetuosa proliferazione di cinghiali.
Roberto Todini