“Gli italiani danno il meglio di loro nelle difficoltà”. “Gli italiani si uniscono nella battaglia al Covid19”. “Andrà tutto bene” (che è un po’ il nuovo “Stai sereno” di Renzi). Ma davvero? Davvero qualcuno si sente a posto con se stesso e col mondo ascoltando slogan che nella maggior parte dei casi non fanno altro che suscitare un ironico sorriso di disappunto, per rimanere politically correct. Ecco l’altra faccia della pandemia: il virus dell’ipocrisia.
Perché la verità è un’altra. A parte le best practice, che per fortuna ci sono, la realtà quotidiana è ben lontana dalle donazioni multimilionarie, dalle giornate idilliache passate in famiglia e dalle ricette postate sul web.
La crisi è crisi, e nella maggior parte dei casi fa uscire anche e soprattutto il peggio delle persone, e delle istituzioni. Condito sempre però da abbondante ipocrisia, che rende tutto più interessante.
A livello sociale infatti si potrebbe fare un trattato su quelli che sono stati limiti e perplessità di chi doveva gestire la cosa, e invece ha aspettato che diventasse ingestibile. Dal punto di vista economico invece, forse è meglio non pensarci. Non pensare a quanti perderanno il posto, a chi ha perso e perderà la vita per conservarlo. A quanti abbasseranno le saracinesche per sempre, e tenteranno di ricominciare, a 30, 40 o 60 anni, senza limiti di età. Decreto” Cura Italia”: 127 articoli, 25 miliardi di euro in totale, per farci cosa esattamente? E poi? Ah si, ci sono pure i 100 euro agli operatori sanitari, e per chi deve lavorare durante l’emergenza.
L’ottimismo è il profumo della vita, si sa. E l’ipocrisia il sale.
Ma esattamente in che modo cantare (stonando) fuori dal balcone può unire gli animi di chi non trova niente di meglio da dire (a chi ha appena perso qualcuno) che il cielo è sempre più blu?
Ah, poi c’è la speranza, c’è la preghiera, la solidarietà, l’empatia di chi voleva alzare i muri tra il sud e il nord, di chi giudica quante volte il vicino esce di casa, di chi si autoproclama giudice e portavoce dei bisogni del genere umano. Bello, tutto molto bello e soprattutto solidale: la fiera dell’ipocrisia (quella si sono scordati di cancellarla). Senza contare chi augura la morte, o solo tanta sofferenza a chi non si è comportato come avrebbe dovuto. Insomma, dimentichiamo il Tribunale dell’Inquisizione e proclamiamo la nuova era dei medici, dei giudici e dei moralizzatori “per caso”. E senza frontiere.
Come se la convivenza non fosse già abbastanza impegnativa.
Quelle insormontabili 24 ore che per i più pii non sono altro che un susseguirsi di momenti idilliaci da rivivere in eterno, e per cui essere grati. Per la maggior parte sono invece lunghe ed estenuanti prove del margine di sopportazione di un sistema nervoso che non pensavamo di avere.
La caccia all’untore, la condanna del runner, il giudizio sulla spesa… “Remare insieme?” Sì, è quello che dovremmo fare, ma quanti ci provano realmente?
Emma Calvelli