Virus da laboratorio: per molti è questa la natura del Coronavirus.
Un gruppo di scienziati cinesi avrebbe creato questo virus da laboratorio che sta terrorizzando – ed ahimè uccidendo – persone di tutto il Pianeta.
Nell’immaginario comune, il sostenitore tipo della teoria del virus da laboratorio è una persona di scarsa cultura, pronta a credere a tutto ciò che sente, che non svolge mansioni intellettuali né, tantomeno, ricopre cariche pubbliche. Ovviamente si tratta di un pregiudizio, almeno per l’ultima parte. Tant’è che il Presidente degli Stati Uniti annuncia indagini su virus evasi, e sedicenti politici italiani ripescano trasmissioni televisive come prove inconfutabili delle loro teorie.
Degli ultimi giorni anche la notizia di alcune foto scandalo, che mostrerebbero le scarse condizioni di sicurezza del laboratorio di Wuhan, e di Luc Montagnier, premio Nobel per la Medicina poi avvicinatosi ai no-vax, che darebbe credito alla teoria del virus creato dall’uomo.
Da riconoscere, però, a queste persone, un certo fondamento storico. Ebbene sì: il cospirazionismo non è nato ieri, ma almeno 100 anni fa.
Anche i giornali hanno trovato in questo ragioni per scatenare l’ira delle masse contro la Germania e i suoi alleati. Hanno pubblicato un breve rapporto affermando che, una delle barche tedesche che navigano sott’acqua, ha portato sulle coste della Spagna quegli strani bacilli che infettano le persone con la malattia.
Questo scriveva Yosef Haftman riferendosi a quella che egli stesso definì la strana e meravigliosa malattia: la febbre spagnola, diffusasi tra il 1918 ed il 1919. La rivista in lingua ebraica Hatsfira pubblicò l’articolo, poi ripreso per la testata israeliana Haaretz da Ofer Aderet.
Boston era il fulcro delle teorie complottiste, che però si diramavano in diversi filoni.
La differenza stava nella tecnologia, all’epoca avanzatissima, che i tedeschi avrebbero utilizzato per diffondere i germi. Il primo filone vedeva gli untori infiltrarsi nel porto della città con una nave mimetizzata, il secondo idem con patate, ma con un sommergibile. Un’altra teoria sosteneva addirittura che, i citati germi, fossero stati inseriti all’interno dell’aspirina di una nota casa farmaceutica tedesca.
Le teorie cospirazioniste di inizio ‘900 sono protagoniste di un articolo apparso sul New York Times nel 1999, firmato da Gina Kolata. Kolata riporta, tra le altre, la prima pagina del Philadelphia Inquirer:
Hanno lasciato [i tedeschi] che i germi si diffondessero nei teatri e tra le interminabili adunate per i Liberty Bond. Lo ha detto il luogotenente colonnello Philip S. Doane, capo dell’Health Sanitation Section dell’Emergency Fleet Corporation, che di certo ha gli strumenti per sapere la verità.
L’autrice ha anche scritto, cosa che ancor di più impressiona per la similitudine con la pandemia attuale: chiamarono l’epidemia del 1918 influenza, ma non era come nessun’altra influenza. L’altra similitudine, piuttosto ovvia, è l’infondatezza delle teorie sul virus da laboratorio. All’epoca il nemico comune era la Germania, adesso sono i cinesi. In entrambi i casi si tratta di una strumentalizzazione. Si tratta di una tattica, utilizzata a fini propagandistici da alcuni, e come strategia per esorcizzare la paura da altri. Infatti, combattere il cattivissimo nemico comune, è un modo per collezionare consensi per chi siede sulle più alte poltrone, e per il popolo di dare una faccia ad un nemico invisibile, affinché esso sia meno inafferrabile e spaventoso.
Converrebbe ricordare le parole del grande Dostoevskij, che ha scritto:
Colui che mente a sé stesso e dà ascolto alla propria menzogna arriva al punto di non saper distinguere la verità né dentro sé stesso, né intorno a sé.
Mariarosaria Clemente