Violenze e abusi contro i giornalisti nel 2022: i dati di RSF

Violenze e abusi contro i giornalisti

Reporters Without Borders ha pubblicato l’annuale rapporto riguardante violenze e abusi contro i giornalisti del 2022.
I dati di quest’anno sono da record, con 533 giornalisti arrestati e 58 uccisi.

Ogni anno, Reporters Without Borders (RSF), pubblica annualmente un rapporto in merito alle violenze e agli abusi contro i giornalisti nel corso dell’anno.
Nel 2022 è un anno problematico per la libertà di stampa, con un preoccupante aumento del numero di giornalisti arrestati, spesso senza processo.
Cresce anche il numero delle vittime, legato principalmente all’inizio del conflitto in Ucraina.
Rimane costante, invece, il dato sui giornalisti tenuti in ostaggio.

Violenze e abusi contro i giornalisti: arresti in crescita

Ad oggi, i giornalisti detenuti per aver svolto il proprio lavoro risultano 533. Più di un quarto sono stati arrestati nel corso dell’anno.

Si tratta del dato più alto mai registrato, con un aumento del 13,4% delle condanne.
Inoltre, solamente 194 dei 533 giornalisti in carcere sono stati sottoposti a un processo. I restanti 339 si trovano in carcere senza una condanna.

Il Paese con il maggior numero di arresti, violenze e abusi contro i giornalisti è la Cina, con 110 detenuti. Qui, la censura e la sorveglianza hanno raggiunto livelli considerati estremi.
Segue il Myanmar, con 62 giornalisti in carcere. A seguito del colpo di Stato militare del febbraio 2021, molti media sono stati banditi e il giornalismo è stato di fatto proibito.
La Repubblica islamica dell’Iran, infine, si classifica al terzo posto con 47 arresti, raggiungendo tale posizione un mese dopo l’inizio delle proteste di massa.
Anche la Russia ha subito un vertiginoso aumento delle condanne, bloccando quasi tutti i media indipendenti e dichiarandoli “agenti stranieri“.
Al momento, sono 18 i giornalisti in prigione (tra cui 8 ucraini arrestati in Crimea).
In generale, due sole regioni del mondo detengono i tre quarti dei giornalisti detenuti: 45% in Asia e 30% in Maghreb e Medioriente.

Record anche per il numero di giornaliste detenute.
Nel 2022 sono 78 le donne in carcere, di cui oltre il 70% in Cina, Iran, Myanmar e Bielorussia.
In totale, le donne rappresentano il 14,6% degli arresti.
Si tratta di un aumento del 27,9% rispetto allo scorso anno. In confronto, il numero degli uomini arrestati è aumentato dell’11%.
Se, da un lato, questo dato rappresenta una crescente presenza di donne nell’ambito lavorativo del giornalismo, dall’altro  dimostra come queste non ricevano alcuno sconto nella repressione della libertà di stampa.




Tra i giornalisti detenuti in carcere, alcuni casi sono particolarmente gravi.
In particolare: Ivan Safranov (Russia), Yiu Mantin (Cina), Amadou Vamouklé (Camerun), Jimmy Lai e Ilham Tohti (Cina), Mohamed Mouloudj (Algeria), Julian Assange (UK/USA), Alaa Abdel Fattah (Egitto).

Giornalisti uccisi nel 2022

Dopo due anni di cifre storicamente basse, il 2022 ha segnato un’impennata del 18,8% nel numero di giornalisti uccisi. 
L’aumento si deve anche allo scoppio della guerra in Ucraina e in altre zone del mondo.
Delle 58 vittime totali, infatti, il 35% ha perso la vita in zone di guerra.
Inoltre, l’aumento delle vittime può essere spiegato, almeno in parte, dalla fine delle restrizioni legate al Covid19 e alla conseguente riprese dei reportage sul campo.

Secondo RSF, l’80% dei giornalisti uccisi è stato preso di mira in relazione al proprio lavoro e alle storie su cui stava lavorando.
I temi più rischiosi sono crimine organizzato e corruzione, ma anche deforestazione.
Questi temi hanno portato, nel 2022, rispettivamente a 13, 12 e 4 vittime.

Il Paese più pericoloso rimane il Messico, con 11 morti in totale. Segue l’Ucraina con 8 vittime e Haiti con 6.
Il continente più a rischio è l’America Latina, che detiene da sola il 47% del totale dei giornalisti uccisi.
Tra le vittime del 2022, ricordiamo: Lourdes Maldonado López (Messico), Romelson Vilcin (Haiti), Dom Phillips (Brasile), Jeff Jerman (USA), Frederic Leclerc-Imhoff e Maks Levin (Ucraina), Saber Al-Haidari e Isam Ebdella (Siria). Shireen Abu Akleh (Palestina), Baktash Abtin (Iran), Arshad Sharif (Pakistan), Aye Kyaw (Myanmar) e Do Cong Duong (Vietnam).

Ostaggi e scomparsi

Ad oggi, sono 65 i giornalisti tenuti in ostaggio in diversi Paesi del mondo.
Con ostaggio, RSF fa riferimento a quei giornalisti detenuti da attori non statali che minacciano di ucciderli o di ferirli, o che continuano a trattenerli come mezzo di pressione su una terza parte.
Dopo alcuni rilasci da parte dello Yemen e la riclassificazione di alcuni casi, il numero si è confermato lo stesso dell’anno precedente.

Di questi, 64 sono detenuti in Siria, Iraq e Yemen.
Austin Tice, giornalista americano, è stato rapito oltre 10 anni fa in un posto di blocco poco distante da Damasco, in Siria,
Nonostante il Presidente Biden abbia ordinato allo staff di sicurezza nazionale di fare pressione sul governo siriano, non si hanno più notizie di Tice.
Nessuna notizia neanche per quanto riguarda il giornalista mauritano Ishak Mokhtar e il suo cameraman libanese Samir Kassab, rapiti dall’ISIS ad Aleppo nel 2013.
Il fotoreporter britannico John Cantlie, rapito dallo Stato Islamico oltre 10 anni fa, è considerato morto. Tuttavia, il suo corpo non è mai stato ritrovato. Per questo motivo, RSF lo classifica come ostaggio.
Olivier Dubois è l’unico ad essere tenuto ostaggio fuori dal Medio Oriente, in Mali.

Sono due i giornalisti dichiarati scomparsi nel 2022, di cui uno in Europa.
Con il termine scomparso, RSF fa riferimento ai casi in cui non ci sono prove che ne certifichino la morte o il rapimento.
Uno di questi è l’ucraino Dmytro Khiliuk, scomparso in Russia il 4 Marzo. Nonostante le richieste di informazioni, la Federazione Russa non ha rilasciato dichiarazioni.
Il secondo giornalista scomparso è il messicano Roberto Carlos Flores Mendoza, di cui si sono perse le tracce il 20 settembre 2022. Mendoza stava lavorando a un’inchiesta sulla corruzione delle autorità nello Stato del Chiapas.
Dal 2003, sono 49 i giornalisti che risultano tutt’ora scomparsi.

Giulia Calvani

Exit mobile version