La violenza sulle donne passa anche dai bagni pubblici, violate nella loro intimità sono riprese e date in pasto al web, questo è il Molka.
Dalla Russia alla Corea del Sud, passando per l’Italia il fenomeno del Molka è l’ultima frontiera della violenza sulle donne, riprese nella loro intimità con telecamere nascoste nei bagni pubblici vengono date in pasto ai siti pornografici. Le donne restano ignare della violenza subita mentre le immagini che le riattraggono fanno il giro del mondo e diventano virali tra i voyeurs dello Spy-cam Porn.
Violenza sulle donne, il Molka
Tra il 2012 e il 2016 sono state circa 26mila le donne sudcoreane che hanno denunciato la violenza subita, riprese nei bagni pubblici, nei camerini e negli hotel per poi finire nella rete del sesso online. In Corea Del Sud il fenomeno è di portata tale da aver avuto un nome, Molka. La polizia sudcoreana, come riportato da Koreaexpose.com, ha stimato che tra il 2013 e il 2017 ci sono stati circa 6.000 casi di spycam all’anno solo in Corea.
Si tratta tuttavia di una stima approssimativa: non solo per i molteplici strumenti utilizzati dagli assalitori ma anche perché il più delle volte le vittime restano ignare della violenza subita. Sono poi migliaia le donne che per vergogna o per timore d’incorrere in ulteriori violazioni della privacy scelgono di non denunciare.
Il sito web Korea Expose ha parlato di una vera e propria epidemia da telecamere spia (Spy-cam porn epidemic), tanto che Seul è stata creata una squadra investigativa apposita, volta al monitoraggio dei bagni pubblici. Nell’estate del 2019 erano 50 gli investigatori impiegati, una volta al mese, di controllare 20mila bagni pubblici a Seoul con dispositivi di scansione a infrarossi e rilevatori elettromagnetici. Lee Hyo-rin, membro della squadra, ha rivelato al Wall Street Journal che diverse vittime pensano al suicidio, altre hanno deciso di trasferirsi altrove e altre ancora hanno perso il lavoro, gli amici e i fidanzati a causa della violenza subita.
Il caso russo: Polina Anisimova
La notte del 12 giugno 2016 ha cambiato per sempre la vita di Polina Anisimova, la ragazza ricevette sul social Vkontakte da un contatto a lei sconosciuto una sua foto e la richiesta di confermare se quella nello scatto fosse effettivamente lei. Una volta confermata la sua identità, Polina ricevette una serie di immagini che la ritraevano in un bagno pubblico nell’atto di orinare. Il profilo fake non minacciò o ricattò la giovane, volle sole informarla di essere vittima dello spy-cam porn.
La foto arrivata a Paolina recava una filigrana con la scritta Hidden Zone (Zona Nascosta) e cercando il nome sul motore di ricerca ha scoperto casi come il suo sono centinaia, video girati con telecamere nascoste ritraggono donne ignare nei bagni pubblici, negli hotel e nei camerini dei negozi. Nelle sue ricerche Polina è riuscita a rintracciare anche il video che vede protagonista, nel quale erano in bella mostra i suoi glutei nudi. Grazie al taglio di capelli la giovane è riuscita a stabilire che le immagini risalgono probabilmente al 2014. Il 13 giugno ha preso poi la coraggiosa decisione di raccontare il tutto sul suo profilo Facebook, spiegando: “Se fossi rimasta in silenzio, questa storia sarebbe potuta essere un’occasione per futuri ricatti.”
L’indagine
Il canale russo Tv Rain partendo dalla storia di Polina ha scoperchiato il Vaso di Pandora scoprendo una fitta rete di telecamere nascoste a Mosca, scoprendo così che sono centinai le donne riprese ogni anno in Russia. Polina Anisimova e altre donne si sono unite per contrastare il fenomeno, dopo che un informatore anonimo ha deciso di mettersi sulle tracce delle vittime utilizzando il controverso strumento di riconoscimento facciale FindFace, capace di ricollegare i volti ai loro profili su Vkontakte.
La polizia di Mosca non lo considera un fenomeno di massa e pare che non ci sia dossier archiviati a nome delle donne che, insieme a Polina Anisimova, hanno portato alla luce il fenomeno dello Spy-cam porn.
Il profilo dei voyers
L’informatore anonimo è aiutato da un haker professionista che ha tracciato il profilo dei voyeurs su internet. Si tratta di persone che hanno un età stimata dai 35 ai 60 anni, utilizzano particolari pagine web dove comunicano e si scambiano immagini pornografiche con diversi livelli di accesso ai vari contenuti. La psicologa clinica e specialista in dipendente Veronika Kashirina ha spiegato a Tvrain.ru che i voyeurs riescono ad eccitarsi anche senza vedere immagini di nudi, gli basta il sentimento di potenza nato dal violare l’intimità e la privacy di una persona, come appunto succede con lo spy-cam porn.
Il ricercatore Chang Dahyne, impiegato presso l’istituto di coreano di criminologia, ha affermato: “La paura che le donne provano nei confronti di telecamere spia è razionale, non è sproporzionata.” Dahyne conferma quanto detto dalla Dottoressa Kashirina. “Non sono solo foto di sesso – ha infatti spiegato – ci sono video di donne che fanno pipì in bagno, donne in bikini, a casa, che camminano per strada.”
Il fenomeno in Italia
La violenza sulle donne non è sempre diretta, dal revenge porn ai gruppi di scambio di immagini pornografiche su Telegram e simili si può stuprare l’intimità di una donna in molteplici modi, uno di questi è appunto il Molka. Prendiamo in prestito il nome coreano perché dare un nome alle cose significa rendere vere, reali, farle esistere, Zygmunt Bauman lo ha sempre sostenuto e non potrebbe esserci niente di più vero.
Nell’estate del 2018 molti quotidiani italiani hanno parlato del fenomeno del Molka in Sud Corea, il paese maggiormente colpito dallo Spy-cam porn. Anche in Italia purtroppo è presente al piaga del Molka, nonostante i numeri siano più ridotti che altrove. Uno dei casi più eclatanti ( e più recenti) risale al febbraio scorso. Come riportato anche dall’Ansa nell’istituto professionale De Filippis Prestia è stata rivenuta una microcamera completa di hard disk nel bagno delle donne.
Sempre nel mese di febbraio, presso i servizi i genici del Municipio di Borgetto una donna delle pulizie ha rinvenuto una telecamera nascosta nella cassetta di scarico. Un fatto simile era avvenuto anche a Palermo nel 2018 presso il punto vendita H&M di Via Ruggiero Settimo, dove le microcamere sono state rinvenute grazie all’intervento dei vigilantes del negozio che insospettiti dal comportamento di un cliente hanno deciso di perquisire i servizi igenici.
Vittime ignare
“Ieri ho scoperto che esiste un ‘porno’ con me” ha scritto Polina Anisimova sul suo profilo Facebook dopo essere venuta a conoscenza delle immagini che la ritraevano. È difficile stabilire quante siano le Poline la fuori e quale sia la portata mondiale del fenomeno. Il più delle volte, infatti, le vittime restano inconsapevoli della violazione subita, ignare protagoniste di materiale pornografico sono depersonificate, private del loro nome e della loro identità finiscono con l’essere un mero oggetto di piacere, materiale di scambio di un esercito di pervertiti che ha trovato nel web un luogo fertile per i loro loschi traffici.
Si tratta di veri e propri stupri virtuali che ledono l’intimità delle donne nei luoghi più vulnerabili senza che queste abbiano la possibilità di difendersi, per questo è importante che sempre più persone conoscano il Molka . Lo scorso giugno a Seoul 70mila donne sono scese in piazza, con il volto travisato e vestite di rosso per chiedere alle autorità interventi incisivi contro il Molka. Un solo grido ha animato la più grande manifestazione femminista del Paese: “La mia vita non è il tuo film porno”, è tempo che questo diventi il grido di tutti.
Emanuela Ceccarelli