Tra pochi giorni sarà il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Saremo certamente bombardati dagli slogan per cui «le donne non si toccano neanche con un fiore». Eppure, solo nell’ultima settimana sono state uccise quattro donne per mano di un uomo. Di solito il compagno o l’ex compagno. Tuttavia, anche se rappresenta la forma più grave, quella fisica non è l’unico tipo di violenza esercitata contro le donne. Ne esistono molti e uno dei tipi più subdoli e vigliacchi è quello della violenza online.
Cos’è la violenza online contro le donne?
La violenza online – o cyber violenza – contro le donne è un tipo di violenza esercitata attraverso internet e le piattaforme digitali, e può essere di varia natura. Attacchi verbali, minacce, ricatti e diffusione non consensuale di materiale sessualmente esplicito sono alcune delle forme che la violenza online può assumere. E le conseguenze sono drammatiche.
Gli attacchi verbali e gli insulti sono spesso rivolti a singole donne, ma in molti casi ad essere bersagliata è l’intera categoria femminile. In quest’ultimo caso si parla di attacchi sessisti o misogeni, o di hate speech. L’incitamento e la promozione dell’odio nei confronti delle donne è una delle forme più diffuse di violenza online contro le donne. L’obiettivo è colpire e denigrare le donne in quanto tali.
Un altro tipo di violenza online è poi quella di natura sessuale. Appartengono a questa categoria la minaccia e l’apologia di stupro e ilrevenge porn. Quest’ultimo consiste nella diffusione di materiale sessualmente esplicito senza il consenso della vittima.
Nonostante il termine “revenge”, possa portare all’erronea convinzione che questo tipo di violenza venga esercitata come “vendetta” per una presunta “colpa” della vittima, la realtà è ben diversa. In molti casi “uomini”, figli di una cultura misogina e patriarcale, non accettano la fine di una relazione. Così pensano bene di fare un torto alla ex condividendo online materiale intimo. Altre volte, invece, “uomini”, cultori di virilità e figli del machismo, diffondono materiale sessualmente esplicito per il solo gusto di mettersi in mostra, dimostrare la loro mascolinità e divertirsi con gli amici.
Sì, avete capito bene: diffondere online materiale sessualmente esplicito senza il consenso della vittima, per alcuni, è puro divertimento.
E le conseguenze?
Dicevamo, le conseguenze sono drammatiche per diversi motivi. Il primo è l’incancellabilità. Una volta raggiunto il web, il materiale diffuso in maniera non consensuale non può più essere eliminato. Anche se questo venisse tolto dalla rete, non si potrebbe comunque avere la certezza che nessuno lo abbia salvato sul proprio dispositivo e che non sarà mai più messo in circolazione.
Il secondo motivo è l’esposizione enorme a cui la vittima di violenza online è sottoposta. Mentre in moltissimi casi il carnefice gode dell’anonimato, la vittima al contrario è fortemente esposta. E ciò crea un circolo vizioso. Non solo è già stato diffuso materiale intimo senza il suo consenso, ma la situazione è aggravata dall’ulteriore diffusione di tutti i dettagli della sua vita privata. Si chiama effetto doxxing.
Il che ci porta al terzo motivo, ossia il fatto che la vittima non è a conoscenza dell’entità del fenomeno. Non sa quante persone stiano assistendo e siano, quindi, partecipi della violenza, per cui non è in grado di proteggersi.
Ecco, è chiaro che tutto ciò comporta epiloghi drammatici, appunto. Basti ricordare quanto accaduto a Tiziana Cantone o alla maestra di Torino, entrambe vittime di revenge porn. La prima, tormentata dalla vergona si è tolta la vita. La seconda, prima minacciata e poi messa alla gogna, è stata licenziata.
Sì, perché è più semplice fare victim blaming – colpevolizzare la vittima – anziché punire l’aggressore.
Sì, ma perché questa violenza online?
Il perché della violenza è semplice. Gli uomini si sentono minacciati. Siccome i rapporti di potere uomo-donna stanno cambiando, siccome le donne non accettano più di stare in una condizione subalterna all’uomo, e siccome, rispetto al passato, le possibilità che le donne hanno di autoaffermarsi sono superiori, allora loro non ci stanno più. «Non ci sono più le donne di una volta».
In questa accezione quindi la violenza costituirebbe il tentativo degli uomini di riaffermare l’ordine preesistente e ristabilire i vecchi cari rapporti di forza che vedevano la donna subordinata all’uomo. Secondo questi uomini, infatti, i veri soggetti oppressi sarebbero loro.
Comunque, venendo al perché della violenza online contro le donne, le motivazioni sono le stesse. La differenza sta – ed è per tale ragione che questo è un tipo di violenza ancora più subdolo e vigliacco – nella dematerializzazione. Cosa vuol dire? Vuol dire che, come affermato in precedenza, chi commette la violenza online gode spesso dell’anonimato, che ha come conseguenza un calo dei freni inibitori. A ciò si aggiunga che, non guardando in faccia la vittima mentre si commette la violenza online, è meno probabile che si riesca ad empatizzare con essa. E questo vale sia per chi mette in atto la violenza, sia per chi vi assiste. È più facile quindi esserne indifferenti.
E quindi?
E quindi, quando sentiamo parlare di violenza contro le donne o di violenza online contro le donne, di revenge porn o di attacchi sessisti, ricordiamoci che non si tratta mai di casi isolati. Ricordiamoci poi che sono il frutto di una cultura sociale fortemente maschilista, fatta di uomini e di donne che anziché empatizzare con le vittime danno manforte agli aggressori.
Ma ricordiamoci, soprattutto, che il «no alla violenza contro le donne» spiattellato in ogni dove il 25 di novembre è il più banale e abusato dei cliché, se non vale tutto l’anno.