È da poco iniziato ad entrare nelle discussioni pubbliche e già assistiamo a uno scenario di violenza nel metaverso.
La realtà virtuale di Horizon Venues, piattaforma del gruppo Meta, mette in scena vecchie e nuove spregevoli attitudini umane. Il tutto a sfatare probabilmente il mito secondo cui questa nuova forma di realtà possa migliorare le connessioni tra le persone. Siamo pronti a crearci un avatar con cui vivere nel metaverso? Un mondo virtuale in cui incontrare i nostri avatar-amici che magari vivono dall’altra parte del globo (quelli reali, s’intende)? Se la risposta è sì, chiediamoci se siamo anche pronti ad accettare che la violenza sia presente anche nel metaverso in questione.
La denuncia:
È Nina Jane Patel ad aver denunciato l’accaduto sul forum di scrittura libera December Medium. La donna 43enne scrive infatti, “Dopo 60 secondi dall’iscrizione sono stata molestata verbalmente e sessualmente da 3-4 avatar maschi, che virtualmente hanno violentato il mio avatar palpeggiandolo e scattandogli foto”.
La violenza è poi continuata tramite le affermazioni che gli avatar aggressori hanno urlato alla donna, attraverso frasi come “Non fingere che non ti sia piaciuto”. Oppure “ora vai a toccarti guardando le foto”.
La Patel conclude il racconto con un lapidario “È stato un incubo”.
La questione fa – e deve far – riflettere su più punti. Che effetto ci fanno espressioni come il mio avatar è stato palpeggiato, abusato, in poche parole, violato?
Cosa significa sentire su di noi una violenza avvenuta in un luogo irreale? Sono queste le domande che dobbiamo porci. Ma soprattutto dobbiamo chiederci in cosa consista l’esistenza di un mondo in cui ci viene promesso di poter vivere un’altra vita tramite i nostri avatar, se poi ci rendiamo conto che in quel mondo sopravvivono le stesse brutalità da cui cerchiamo di rifuggire nel mondo reale.
Effetto Proteus:
Il termine effetto Proteus è stato coniato per sottolineare come le persone possano essere influenzate dalle proprie rappresentazioni digitali. In poche parole, potremmo affermare che l’identità che si può acquisire nel mondo virtuale può portare anche ad un’identificazione con essa più o meno forte, nel mondo reale.
Se in un gioco on line ci si immedesima in un supereroe, si avrà maggior possibilità di sentirsi coraggiosi, audaci… anche se magari, al di qua dello schermo, nella vita di tutti i giorni, si è tutt’altro. Ma la questione va oltre: e se il mio avatar influenzasse chi sono anche nella realtà?
Certo, nel nostro esempio ciò potrebbe anche avere dei risvolti positivi (tranne se credendosi superman si fosse tentati di lanciarsi da un tetto in volo). Ci si potrebbe, ad esempio, sentire più coraggiosi anche nella realtà. Ma nel caso denunciato da Nina Jane Patel, come potremmo interpretare l’effetto Proteus?
Se il mondo virtuale rischia di diventare una realtà nella quale sfogare il peggio di noi, quali effetti potrebbe avere sul nostro mondo reale?
La violenza nel metaverso, una vecchia questione filosofica?
Se riflettiamo con attenzione, la violenza nel metaverso non dovrebbe stupirci. Questo perché, a ben guardare, il metaverso, questo mondo appena nato, può riportare alla memoria una questione che imperversava già nei sec. XVII e XVIII. Come si comporta l’uomo nello stato di natura?
In fondo il metaverso, essendo un mondo del tutto nuovo, in cui gli avatar si trovano come ominidi digitali in un pianeta che deve ancora costruire le proprie leggi, usanze, costumi, può essere considerato come lo stato di natura su cui si interrogavano filosofi del calibro di Hobbes o Rousseau.
Opposte le loro visioni. Per il filosofo inglese l’uomo allo stato brado, in mancanza della società con le proprie regole, mostrerebbe il peggio di sé. Un vero e proprio tutti contro tutti che ben si traduce con l’espressione homo homini lupus. Al contrario, per il francese Rousseau, l’uomo, nella sua condizione originaria vivrebbe in un’aurea di innocenza, che sarà invece la società a compromettere.
Dopo l’esperienza della Patel l’ago della bilancia sembrerebbe pendere dalla parte di Hobbes. Ma, fiduciosi, attendiamo smentita. Che possa valere in ognuno dei mondi possibili.