È notizia di poche ore fa: l’ennesimo caso di violenza a Milano. Nel quartiere comasina una donna di 23 anni veniva quotidianamente picchiata e maltrattata dal suo ex compagno. Le violenze venivano perpetrate anche in presenza della figlia piccola di lei. D.D., trentenne, alcolista e con precedenti penali, aveva già ricevuto dal giudice il divieto di avvicinarsi alla sua ex. Divieto, come spesso accade, ignorato. L’uomo aveva continuato indisturbato a maltrattare la ragazza, arrivando a spegnerle anche sigarette addosso. Il giudice, dopo l’ennesima denuncia, ha finalmente disposto il carcere.
Fino a qui, verrebbe da dire un po’ sarcasticamente, nulla di nuovo. Anzi fortunatamente la vicenda si è conclusa senza un cadavere da sezionare. Nel leggere la sentenza il giudice si è soffermato su un concetto molto importante: l’omertà criminale. Siccome le violenze avvenivano spesso in mezzo alla strada o comunque davanti ad altre persone, tutto il quartiere dove viveva la giovane donna era al corrente degli abusi. Nessuno è mai intervenuto dinnanzi alla violenza, né per fermare il pregiudicato né chiamando la polizia.
Per la prima volta viene citata in un tribunale l‘omertà di quartiere. Certamente non si possono fare i nomi di tutti gli abitanti della comasina ma è stato un grande passo avanti il sottolineare pubblicamente come, spesso, ci si rende complici della violenza anche solo con il silenzio.
Considerando il silenzio un atteggiamento neutrale ci sbagliamo. Il silenzio è complice. E può portare a tragedie ben più atroci di quella della giovane donna milanese, fortunatamente illesa.
L’eccesso e la mancanza di silenzio
Negli ultimi anni gli atroci fatti di cronaca sono stati spesso spettacolarizzati. La violenza è entrata nelle nostre case tramite la tv e internet. Siamo come “anestetizzati” di fronte a degli orrori che non dovrebbero lasciarci indifferenti. E tanto quanto siamo coraggiosi dietro una tastiera a criticare, dare giudizi e segnalare tutto, tanto siamo omertosi nella vita reale. Senza vie di mezzo: ci manca il silenzio buono, quello del pudore e del rispetto, e abbondiamo di quello omertoso e complice.
Noemi e le altre…
Prendiamo il recentissimo caso di Noemi Durini, la sedicenne uccisa dal fidanzato. Tutto il paese sapeva delle brutte abitudini del ragazzo. Tutti vedevano che, nonostante non avesse né l’età né la patente, guidava la macchina della madre. Eppure nessuno ha detto niente. Come se la cosa non li riguardasse. Lo stesso accadde per la morte della giovane Sarah Scazzi, ad Avetrana. Non solo la famiglia colpevole ma anche gran parte del paese si chiuse in un silenzio omertoso e spietato. Ma a differenza di ciò che si pensa, questo tipo di omertà non è esclusiva del sud Italia. Nel caso della giovane donna di Milano, quartiere comasina, è stata morsa e picchiata anche in mezzo alla gente, solo per aver ricevuto un sms.
Per ora il giudice si è limitato a far presente l’omertà criminale di un quartiere, sperando che in futuro chi è spettatore di una violenza sia più sensibilizzato nel denunciare. E se finalmente si cominciasse a parlare di complicità di reato?
Marta Migliardi