Amnesty International Italia ha pubblicato un rapporto che evidenzia gravi violazioni dei diritti umani avvenute in occasione della manifestazione pro-Palestina, lo scorso 5 ottobre 2024 a Roma. L’organizzazione sottolinea che le autorità italiane avrebbero limitato ingiustificatamente il diritto alla libertà di espressione e di riunione pacifica, attraverso misure discriminatorie e un uso eccessivo della forza.
La piazza di Roma, attraversata da più di 10.000 persone, è stata continuamente e completamente militarizzata, con accessi contingentati e limitati, continui controlli e perquisizioni corporee da parte delle forze dell’ordine, sin dalle prime ore del mattino. La denuncia per la violazione dei diritti umani ritiene che la gestione della piazza, passata alla storia come una delle più violente dell’ultimo anno, sia stata ingiustificata e profondamente discriminatoria, in particolare rispetto ai diritti e alle libertà di protesta.
Un divieto preventivo contestato
Secondo Amnesty, la decisione del questore di Roma del 24 settembre di vietare preventivamente la manifestazione è stata discriminatoria e contraria agli standard internazionali sui diritti umani. Il divieto si basava su presunte preoccupazioni per l’ordine pubblico, legate a timori di celebrazioni violente. Amnesty critica il fatto che tali misure siano state adottate senza analisi approfondite e abbiano penalizzato una protesta pacifica.
La presenza massiccia delle forze dell’ordine al corteo del 5 ottobre a Roma in protesta contro il genocidio in Palestina si è basata sui pregiudizi sui manifestanti solidali con il popolo e la resistenza palestinese. Polizia, Digos e Carabinieri hanno trattenuto molti attivisti e solidali nelle questure e nelle stazioni della Polizia di Stato, con l’obiettivo di identificare e controllare ogni movimento.
La piazza di mobilitazione in sé è stata caratterizzata dal continuo abuso delle divise e delle loro armi, tra gas lacrimogeni, cariche indiscriminate e idranti in mezzo alle strade della Capitale. I manifestanti sono stati sostanzialmente rinchiusi, per l’intera manifestazione, nell’area della Stazione Piramide, senza la possibilità di poter entrare o uscire.
«Chiediamo alle autorità di condurre un’indagine indipendente, approfondita e imparziale su tutte le accuse di violazioni dei diritti umani durante la manifestazione del 5 ottobre e di prendere tutte le misure per facilitare il diritto alla libertà di riunione pacifica», così scrive Amnesty International nel suo report, riferendosi al Ministero dell’Interno, alla polizia e al questore di Roma Capitale.
Controlli e restrizioni sui manifestanti
Nel giorno della manifestazione, la polizia ha eseguito numerosi controlli sui manifestanti diretti a Roma, trattenendo alcune persone per ore senza giustificazione. Diversi partecipanti hanno ricevuto “fogli di via” che li obbligavano a lasciare la città, una misura che, secondo Amnesty, è stata applicata arbitrariamente e ha violato il diritto di protestare pacificamente.
Oltre ad uno stretto controllo e indagine sulle persone che si trovavano in piazza e, ancor prima, sui solidali che sono stati intercettati da prima della manifestazione, le forze dell’ordine si sono impegnati affinché gli attivisti non arrivassero all’appuntamento cittadino e nazionale di quel 5 ottobre.
Le autorità hanno permesso alla manifestazione di svolgersi in forma statica nella piazza vicino alla stazione Piramide, ma l’area è stata circondata dalle forze di polizia, rendendo difficile sia l’accesso che l’uscita dei partecipanti: in questo modo, il risultato è stato quello di una piazza molto statica. Amnesty ha documentato come i manifestanti siano stati sottoposti a controlli di identità e a restrizioni che hanno compromesso il loro diritto alla libertà di movimento.
Uso eccessivo della forza: le preoccupazioni internazionali
Dopo la conclusione della manifestazione del 5 ottobre a Roma, le forze di polizia hanno disperso i partecipanti utilizzando gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e manganelli. Secondo le testimonianze raccolte, molti manifestanti pacifici sono stati colpiti mentre tentavano di lasciare la piazza. Amnesty denuncia che l’uso della forza è stato sproporzionato e contrario agli standard internazionali, causando ferite a diversi partecipanti e a un giornalista.
Il rapporto menziona anche le osservazioni della relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione, che aveva già segnalato l’Italia come uno dei paesi in cui le proteste pro-Palestina sono state oggetto di restrizioni discriminatorie. Amnesty avverte che tali pratiche rischiano di alimentare pregiudizi contro chi difende i diritti dei palestinesi.
Amnesty International ha chiesto alle autorità italiane di garantire che future manifestazioni possano svolgersi senza restrizioni illegali. L’organizzazione ribadisce che i diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica sono fondamentali e devono essere rispettati anche in situazioni complesse. Oltre a rivedere le proprie pratiche di gestione delle proteste, le autorità sono chiamate a garantire un ambiente sicuro per i manifestanti senza reprimere corpi e idee.
La narrazione criminalizzante
Oltre a ciò che è successo quel giorno in piazza, ciò che è uscito fuori dalla protesta del 5 ottobre a Roma è stata una narrazione mediatica fortemente criminalizzante. I media, estremamente dipendenti dagli organi di Governo, hanno dipinto un quadro formato da buoni e cattivi, portando la questione sull’ennesimo scaricabarile degli infiltrati. La piazza del 5 ottobre a Roma è stata l’esplosione della rabbia di gran parte dell’Italia che continua a vedere un genocidio in Palestina ancora impunito, con un conseguente allargamento del conflitto in Libano.
Il 5 ottobre a Roma si è proposto di portare in piazza temi poco discussi ma pilastri fondamentali dell’economia e della diplomazia in Italia: dalle industrie belliche alla fallacia del diritto internazionale passando per la NATO e la Leonardo S.p.A, dall’attivo sostegno all’entità di Israele fino alle nuove norme che il Parlamento vuole approvare, come il decreto legislativo 1660.
Nonostante la narrazione fuorviante, il 5 ottobre in piazza non c’era alcun infiltrato, ma solo studenti, lavoratori, solidali, uomini che ogni giorno vedono chi davvero, in questo paese, si sporca le mani di sangue. Contro le camionette, gli idranti e le cariche della polizia c’erano soltanto persone piene di rabbia, che volevano riportare in quella stessa piazza le loro proteste. È per questo che è giusto parlare di una violazione dei diritti umani, in quanto nessuno Stato di diritto che possa dirsi tale può scagliarsi con così tanta brutalità e repressione contro la moltitudine.