Napoli, Vincenzo “Enzo” Fiore, pizzaiolo quarantaduenne, non si piega alle minacce degli estortori del clan Contini. La sua denuncia porta la Squadra Mobile a due arresti, ma lui lascia l’Italia per trasferirsi con la famiglia in Gran Bretagna e avviare un’altra attività.
La storia di Vincenzo Fiore
La camorra uccide, e lo fa in mille modi. A volte con violenza esplicita, con le armi dei sicari, con le bombe, incendiando i locali. Altre volte invcece in modo più sottile, con le minacce, con le estorsioni. La forza intimidatrice della criminalità organizzata instilla paura in chi ne è vittima, e spesso costringe a mollare tutto, scappare, e ricominciare da zero.
È quello che ci insegna la triste storia di Vincenzo Fiore, titolare della pizzeria ‘O Curniciello, in via Calata di Ponte Casanova, nel quartiere di Vasto, a Napoli.
È giugno, il lockdown è finito e i commercianti tirano un sospiro di sollievo. La chiusura forzata ha lasciato molti esercenti stremati, pieni di debiti e senza un soldo per pagarli. Ma ora si può tornare a lavorare.
Alla pizzeria di Enzo si presentano in due, chiedono di “fare il regalo tre volte l’anno”. Sono taglieggiatori del clan Contini. Il titolare non si scoraggia di fronte alle minacce, non cede alle sempre più pressanti richieste di denaro. Nemmeno quando i suoi aguzzini tentano di danneggiare l’ingresso del locale. D’altronde la pizzeria è già in fase di chiusura e Enzo, come si legge nel verbale della denuncia alla polizia giudiziaria, si dice sempre più deciso a recarsi in Inghilterra per dare corso a un’altra attività imprenditoriale.
La denuncia e l’arresto
Cresce però la preoccupazione per la sua incolumità e quella della sua famiglia. Di fronte all’ennesimo rifiuto, i camorristi rispondono che “allora ci dobbiamo incendiare la bottega”. È agosto e Vincenzo no ce la fa più. Non è disposto a sopportare oltre le intimidazioni e le richieste di pizzo. Si rivolge alla polizia, denuncia, fa i nomi, consegna le riprese delle telecamere di videosorveglianza.
Subito partono le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, che portano all’arresto dei pregiudicati Francesco Leazza, 29 anni, e Salvatore Sacco, 23 anni. Ancora latitante Massimo Cerrato. Secondo l’ordinanza del gip Claudio Marcopido, l’accusa per gli indagati è di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
La rivincita di Vincenzo Fiore
Nel frattempo, Vincenzo Fiore, la cui passione per la cucina partenopea già in passato l’aveva portato a intraprendere esperienze lavorative all’estero, non ha paura di riprovarci. Questa volta in Gran Bretagna, a Lancing, nel Sussex, per far conoscere agli inglese i caldi sapori della sua terra.
Pochi giorni fa ha inaugurato il nuovo ristorante che, con accento nostalgico, porta lo stesso nome del precedente. In un post su Facebook, il giorno del suo compleanno, ha condiviso la gioia per avercela fatta: “Voglio festeggiare da campione…. Da un giorno all’altro mi sono trasferito con la mia famiglia (la ringrazio infinitamente per il sostegno e la forza che mi dà ogni giorno) in un’altra nazione aprendo una nuova attività”.
“Oggi non è nu juorn bbuono”
Vincenzo Fiore è senz’altro un campione, di tenacia, di coraggio. Non si è piegato alle minacce e ha denunciato i suoi estortori. Anche lui però è caduto vittima di quell’angoscia paralizzante che provoca l’essere presi di mira dalla camorra in un paese in cui lo Stato troppo spesso è assente.
La sua storia è la cronaca dell’ennesima sconfitta italiana di una giustizia che non riesce a far sentire i suoi cittadini protetti e tutelati.
“Non è una storia a lieto fine” , commenta Sandro Ruotolo, Senatore della Repubblica. “Vincenzo Fiore che non si piega alla camorra.… decide però di lasciare Napoli e di trasferirsi in Gran Bretagna. No, oggi non è nu juorn bbuono”.
Camilla Aldini