Villaggio di Babbo Natale a Milano: tra realtà post-bellica, e l’Europa dell’est

Di Selvaggia Lucarelli


Bancarelle con kamasutra e falli di pietra, Babbo Natale che se ne va arrabbiato, ore di fila, i folletti di Natale che sono aspirapolveri, bambini delusi e trenini che fanno il percorso tra immondizia e ambulanze. Sembra la trama di “Babbo bastardo” e invece è quello che sta succedendo nel Villaggio di Babbo Natale a Milano, quello che ha inaugurato il 5 dicembre all’Ippodromo Snai San Siro” e che doveva essere “il parco tematico più grande d’Italia”.

Partito male e in ritardo tra stop del cantiere a novembre per violazione delle norme infortunistiche e problemi di costruzione per il maltempo, “Il sogno del Natale” è al centro di polemiche e proteste sui social, con gente infuriata che vuole il rimborso dei biglietti, minaccia azioni legali da tutta Italia e ha fondato pagine Facebook per dare il via a una class action.
Ho ricevuto così tante segnalazioni che sono andata a vedere con i miei occhi, anche perché l’evento era strombazzatissimo su tutti i giornali da mesi, oltre che sul sito di ticket one: “Hanno pensato a ogni dettaglio gli organizzatori del ‘Sogno del Natale!’, “L’alternativa italiana a Rovaniemi”, “il trenino Miraculous farà tappa nei principali mondi da esplorare!” “”Elfi e puppets giganti!”, “Sketch dal vivo”, “Entrerete in una realtà parallela!”.

In effetti si entra in una realtà parallela: quella post-bellica, in una città dell’Europa dell’est. All’ingresso incrocio subito tre persone agitate: stanno spiegando a dei poliziotti appena arrivati che la pavimentazione di plastica è pericolosa, che il bambino è caduto e che in una capanna natalizia del villaggio per bimbi ci sono dei falli di pietra in vendita. Mi mostra le foto che ha scattato col cellulare e in effetti quel coso lungo in vetrina non sembra la bacchetta di Harry Potter. (vendevano anche il kamasutra, scopro in seguito) Arrivo in biglietteria e vengo avvisata del fatto che per vedere la principale attrazione, quella per cui la gente è arrivata dalla Sardegna alla Svizzera con i bambini, ovvero la “casa di Babbo Natale”, al momento ci sono file di ore e che quindi il prossimo ingresso è alle sette di sera. Solo che è mezzogiorno. Dico “è più facile essere ricevuti da Mattarella” e pago comunque i miei 16 euro di biglietto.

Il villaggio sorge nel mezzo dell’ippodromo, in quello che sembra un cantiere ancora aperto, con fango e cumuli di terra ovunque e una pedana di plastica scricchiolante che ondeggia ad ogni passo. Varcato l’ingresso, sulla sinistra, appare un container blu e poi una capanna di legno con una grande vetrata e la scritta “fasciatoio”. In pratica la prima attrazione del parco consiste nelle mamme che puliscono il culo ai bambini. Al freddo, perché la capanna non è riscaldata, e non si capisce perché “a vista”, manco fosse la cucina di uno stellato.

Segue un enorme capannone in pvc di quelli che sembrano il primo soccorso per terremotati e che invece è il bar/ristorante. Dentro ci sono un centinaio di persone in fila ad un’unica cassa, persone sedute ai tavoli ma anche per terra, ovunque, con panini e patatine. Niente riscaldamento e per fortuna a Milano la temperatura è benevola. Fuori ci sono bancarelle di polenta, piadine e arrosticini abruzzesi con file abnormi e la totale assenza di spazi in cui sedersi a mangiare, per cui la passerella di legno che doveva essere “il percorso dei pini” su cui far giocare i bambini, diventa la sala mensa. Gli altri si siedono dove possono, alcuni sul retro dei container o per terra.

Il trenino Miracolous ha un nome profetico: è un miracolo che chi scende da lì dopo il giro non cerchi gli organizzatori per menargli. Il trenino infatti non porta in giro “per le varie attrazioni” come la casa dei giocattoli e quella di Babbo Natale, no. Percorre il perimetro del villaggio nel fango, tra bidoni dell’immondizia, ambulanze e macchine che giungono in senso contrario (!).

Non ci sono giochi a parte un labirinto microscopico, attrazioni, sketch e neppure l’annunciata pista del ghiaccio ma solo dei pony. (e salirci su costa 5 euro) Nella piazza centrale, quella in cui doveva esserci “il grande albero”, c’è uno Spelacchio verde senza manco mezza pallina e tutto il resto del “villaggio” è completamente spoglio, comprese le famose bancarelle natalizie che, negozio di giocattoli a parte, sono, nell’ordine: una bancarella che vende succhi di frutta bio, una che vende occhiali usati e candele agghiaccianti, una che vende merchandising della Juve, una che vende oggetti esoterici tra cui peni di pietra e kamasutra e poi, udite udite… avete presente la promessa iniziale “ci saranno anche i folletti?”. Ecco, c’erano due punti vendita di Folletto, l’aspirapolvere. Insomma, i sogni dei bambini di vedere casa disinfettata e mamma china a pulire avverati uno dietro l’altro!

La fila per entrare a vedere la casa di Babbo Natale non si è mai vista neppure per il reddito di cittadinanza in Italia. L’attesa media è di circa 1 ora e mezzo/ 2 per fare una foto di pochi secondi col simpatico vecchietto e uscire. E qui c’è un altro aneddoto tragicomico: mi raccontano dei testimoni che il giorno prima Babbo Natale si è irritato per la situazione di disagio e le lamentele e se ne è andato incazzato. I responsabili si sono scusati con i bambini dicendo “Scusate ma Babbo Natale è vecchio e stanco”. Il giorno dopo è stato sostituito di fretta con un Babbo Natale abbronzato col codino. Il Babbo Natale che se ne è andato ha contattato su Instagram alcuni genitori delusi dicendo che avrebbe mandato un video di auguri ai piccoli. Bambine traumatizzate che cresceranno convinte che Babbo Natale sia uno stronzo che pur di non vederti ti manda un messaggio su whatsapp, come il peggiore dei fidanzati.

Fuori la gente è infuriata. Nella casetta delle letterine, le mamme e i papà compilano la letterina dei figli scrivendo “Caro Babbo Natale, per Natale vorrei il rimborso dei biglietti”. (giuro, ho ricevuto le foto) Ci sono scolaresche (è un evento accertato Miur), persone arrivate con pullman organizzati da tutta Italia, famiglie che hanno speso più di mille euro dalla Sicilia e dalla Sardegna tra aerei, biglietti e hotel, persone che chiedono il rimborso, altre che se ne vanno senza neppure entrare perché sentono le testimonianze di chi esce. I canali del “Villaggio del sogno” sono presi d’assalto da recensioni negative che vengono cancellate in massa. L’organizzazione mi dice “Noi siamo soddisfatti, poi dipende dai gusti. Ci sono stati dei problemi, è vero, per la pista del ghiaccio non ci hanno dato i permessi. Sembra ci sia un piano magari non consapevole per far fallire un’organizzazione che deve pagare della gente. C’è stato un investimento milionario, ci sono state le piogge, cosa dovevano fare, non aprire?”. Rispondo di sì, non dovevano aprire perchè non si vende quel che non si è in grado di offrire. Le chiedo del Babbo Natale che se ne è andato incazzato: “Ma no si è sentito male, era vecchio..”.

Ora la domanda è: come è possibile che a Milano succeda una cosa del genere? Chi ha potuto autorizzare tutto questo? L’organizzazione dell’evento è di una società con sede legale a Torino, la Out of border, costituita nel luglio 2019 con capitale 10 000 euro. Dunque ha avuto permessi e agibilità molto velocemente. I soci sono tal Roberto Sabbi (che ha postato euforico una foto di Salvini ieri nel villaggio con sua figlia), il presidente della società di amministrazione è Alessandra Calcei, poi ci sono dentro suo marito Lorenzo Gentile che è il responsabile Organizzazione PD Piemonte, Giuseppe Mattoni e Marco Lepore.
Il villaggio è stato organizzato dagli stessi anche a Torino nel 2016 e 2017, è saltato nel 2018 (correnti politiche avverse?) per poi riapparire a Milano quest’anno. Basta andare su Tripadvisor per leggere proteste molto simili di recensori dell’epoca per lo stesso villaggio a Torino, ma forse a Milano è andata peggio.
Il sindaco di Milano Beppe Sala ha risposto a qualcuno via instagram: “E’ iniziativa privata ma verificherò”.
Intanto, il sogno del Natale è diventato un incubo.
Insomma, l’alternativa italiana a Rovaniemi, pare più l’alternativa italiana ad Aleppo.
p.s.
Ma i giornalisti che sono andati all’anteprima, non hanno avuto nulla da dire, a parte gli articoli spot? Incredibile.

Qui sotto, il video che ho girato ieri.

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