Tutti gli uomini di Victoria, presentato quest’estate a Roma al festival del Cinema francese in anteprima italiana, è un film francese realizzato nel 2016 che ha pure inaugurato la Semaine de la Critique a Cannes.
Da noi arriva in ritardo, il 25 gennaio 2018 ed è un peccato, soprattutto per gli attori che meritano tantissimo per bravura e talento.
La storia s’incentra su Victoria (Virginie Efira), un’avvocatessa brillante che si ritrova a difendere un amico, Vincent (Melvil Poupaud), ingiustamente accusato di violenza dalla sua pazza ex-moglie.
Questo impiccio non s’innesta certo in un periodo di calma esistenziale per la protagonista: infatti lei è madre disattenta e disordinata di due figlie di cui ha custodia, invita a casa amanti occasionali di una notte, parla sempre di sé finché non li annoia e per parlare di cose sconce dice ai suoi interlocutori di usare l’inglese.
Bevitrice assidua, ondivaga nei sentimenti, attira l’attenzione di un precedente, giovane cliente accusato di spaccio, Sam (Vincent Lacoste) che s’innamora di lei e la fa aprire all’amore maturando.
Ebbene sì, raccontato a parole sembra una tragedia. Ma il racconto della regista Justine Triet punta a dialoghi e situazioni surreali sorretti da grande senso dell’umorismo, che a volte scivola nel grottesco.
Lo stile del film è semplice, dà molto peso ai dialoghi ma anche ai volti e alle capacità dei protagonisti.
Soprattutto la Efira, intensa, sfumata e sottilissima riesce ad attirare l’attenzione e l’empatia dello spettatore. Altrettanto bravi sono Poupaud e Lacoste come comprimari.
Il punto debole del film è il sovraccarico di strati narrativi, la mancanza di una decisa presa nel marasma che vuole narrare. Si tratta in fondo di una commedia dell’assurdo che accarezza dei toni realistici, disordinata ma assai gradevole, con due o tre scene esilaranti.
Merita la visione pur non essendo un capolavoro per le risate e i dialoghi movimentati.
Antonio Canzoniere