La Turchia contemporanea si trova coinvolta in numerose vicende geopolitiche, dalla Siria alla Libia passando per la Grecia. È un burattino in mano alle grandi superpotenze o è un burattinaio?
Le elezioni in Turchia si sono concluse con la riconferma, questa volta non così scontata, di Erdogan che guiderà il paese per altri cinque anni. I leader di mezzo mondo si sono congratulati con il presidente turco sui social, tra i molti spicca Ursula von der Leyer, Presidente della Commissione europea, che su twitter si è congratulata con Erdogan e ha sottolineato quanto la Turchia sia strategica per l’Europa. Per capire coma mai gli occhi di tutto il mondo erano puntati sulle elezioni in Turchia, tanto da non dedicarsi minimate alle elezioni greche e spagnole, basta prendere in mano una cartina geografica e vedere come il Paese sia un perfetto cuscinetto geostrategico tra Oriente e Occidente, fondamentale per la Nato, strategico per Stati Uniti e Cina, fastidioso per la Russia, utile a contrastare gli sbarchi clandestini proveniente dal Medio Oriente per l’Unione Europea, solo per citare le principali potenze mondiali. In questo articolo analizzeremo i punti principali della Turchia contemporanea targata Erdogan, cercando di mappare i molteplici tentacoli turchi nella scacchiera globale.
Posizione geostrategica
La posizione geostrategica della Turchia fa gola alle grandi superpotenze, Stati Uniti e Cina in primis, nonché la Russia, che vedono nel paese una grande possibilità di controllo e supervisione del Medio Oriente e un potente cuscinetto diplomatico. Con gli anni, tuttavia, la Turchia ha dimostrato di non essere un burattino ma piuttosto un burattinaio, riuscendo a manipolare le superpotenze a suo favore sfruttando ogni situazione possibile. Con la guerra in Ucraina il Paese attualmente guidato da Erdogan, che ha sorprendentemente perso il primo turno elettorale e ha visto sfidare, e vincere, il suo avversario socialdemocratico Kilicdaroglu il 28 maggio, si è confermata come grande potenza militare ribadendo il suo ruolo da secondo esercito della Nato.
Perché gli occhi di tutti erano puntati sulle elezioni Turche?
Come potete vedere nella cartina posta in copertina, la Turchia confina a nord-ovest con la Grecia e la Bulgaria ed è bagnata dal Mar Mediterraneo, tutta la sua parte nord è bagnata dal Mar Nero, a nord-est confina con la Georgia, a est con l’Armenia e l’Iran, a sud-est con l’Iraq e a sud con la Siria.
La posizione della Turchia le permette di controllare, o quantomeno di sfruttare, un vasto territorio soggetto a continui conflitti ed isolamenti diplomatici, come la Siria o l’Iran, nonchè di offrirsi come arbitro attivo del conflitto tra Russia e Ucraina, visto la sua grande impronta nel Mar Nero. Ciò le permette anche, al netto del suo status di seconda potenza della Nato, utile praticamente a tutti membri, di fare la bulla con nazioni che vorrebbero entrare nella Nato stessa, nel silenzio generale degli altri membri: un esempio sono i vari veti che la Turchia ha messo sull’ingresso di Svezia e Finlandia, veti tolti in cambio di favori e accordi, sulla pelle della popolazione e dei diplomatici Curdi.
Anni di sviluppi e di crescita
Negli ultimi anni la Turchia è stata protagonista di notevoli sviluppi in campo tecnologico, in particolare in campo militare, e ciò le ha permesso di ottenere crescite impressionanti: tra il 2012 e il 2021 Ankara ha registrato il maggior tasso di crescita relativa all’esportazione di armi. I suoi droni, i Bayaktar Tb2, richiesti da tutto il mondo, hanno permesso ad esempio all’Ucraina di fermare il primo attacco russo a Kiev, impedendo di fatto di far cadere il Paese in pochi giorni (ne ho parlato in questo articolo qui). L’industria bellica turca è in costante crescita ed ha permesso un sostanzioso calo delle importazioni di armi: si stima che presto la Turchia, oltre a produrre già missili a lungo raggio, sistemi difensivi, aerei da guerra senza pilota e via dicendo, sarà in grado di produrre in serie sofisticati carri armati, gli Altay, ed aerei da guerra di quinta generazione, i Tf-x, non avendo così più nulla da invidiare, e soprattutto da acquistare, alle altre potenze e superpotenze mondiali. Puntare sulle armi, sulla loro produzione e sulla loro vendita è una delle strategie messe in campo dalla Turchia contemporanea per far accrescere il proprio dominio, e la propria dipendenza, in Asia ed Europa.
Non solo armi
Grazie anche ad un grande sviluppo delle infrastrutture, la Turchia in questi anni ha sfruttano in pieno la sua posizione geostrategica diventando lo snodo logistico tra Cina e Europa facendo accrescere ulteriormente il suo status geopolitico e i suoi profitti in campo commerciale, partecipando attivamente alla nuova Via della Seta cinese: qui c’è da sottolineare che la Turchia è in buoni rapporti sia con gli Stati Uniti sia con la Cina. Se da una parte, quella americana, la Turchia è un buon alleato strategico, penso ad esempio all’opportunità che gli Stati Uniti hanno avuto nell’aprire un secondo fronte con la Russia nel Caucaso meridionale, utile in particolare nei conflitti Armeni e in Georgia; d’altra parte, per quella cinese, la Turchia rappresenta un’opportunità di dialogo, di commercio e di scambio militare con un paese della Nato molto vicino agli Stati Uniti. Considerando però la politica anti-cinese esercitata dall’America la domanda sorge spontanea: perché Washington permette alla Turchia di far accrescere l’influenza cinese nella Nato? Perché la Turchia gli serve, ovviamente, ma anche perché secondo diversi esperti della Casa Bianca, l’aumento dell’influenza turca in Asia porterà prima o poi la Turchia e la Cina al conflitto, una posizione che gli esperti americani hanno anche sui rapporti tra Russia e Cina
I tentacoli della Turchia contemporanea: la Siria
Spostando il nostro sguardo a sud possiamo capire la fondamentale posizione che ricopre la Turchia, in particolar modo guardando in Siria. Damasco, infatti, ospita due importanti basi militari russe, nella costa tra la Turchia e il Libano: a Humaymim (Hhmeimim) si trova un’ importantissima base aerea adoperata dalle Forze aereospaziali russe, regolata da un trattato del 2015; a Tartus, invece, si trova l’unica base della marina militare russa nel Medirterraneo, classificata ufficialmente come un centro di supporto logistico. In particolare questa base permette a tutte le navi da guerra russe di sostare, per manutenzione o rifornimento, direttamente nel Mar Mediterraneo e di non dover arrivare alla prima base vicina nel Mar Nero. A sud della Siria invece, esattamente al confine con la Giordania e l’Iraq, si trova un’importante base militare americana, Al-Tanf la più importante presenza americana nella zona. Queste sono le tre basi militari delle Superpotenze più importanti nel territorio siriano.
La Turchia, in tutto ciò, ha una grande influenza su Damasco: le Forze democratiche siriane, guidate dal PKK, si trovano principalmente al confine tra Siria e Turchia e anche una significativa presenza russa si trova lungo il medesimo confine. In più, molti miliziani sono vicini ad Ankara. Quindi, ricapitolando, nel nord della Siria la Turchia esercita un’influenza diretta che fa gola sia alla Russia sia all’America e che giova a Damasco nella sua guerra contro il PKK per un ritorno al potere il più possibile coeso. In particolare, nel Paese la Turchia rappresenta il mezzo che il presidente siriano ha di tornare ad avere rapporti con il resto del Medio Oriente dopo anni di isolamenti diplomatici, economici e sociali, riaccesi per un breve periodo nel recente terremoto che ha colpito il nord della Siria e il sud della Turchia.
La Grecia
In Grecia la Turchia non può usare le maniere forti, come fa ad esempio nel nord della Siria bombardando le aree controllate dal PKK, e vede i suoi interessi, soprattutto espansionistici, in stallo. Questa situazione è destinata probabilmente a prorogarsi nel tempo, senza una vera data di scadenza, considerando anche il patto greco-statunitense riguardo la costruzione di nuove basi militari americane sul mediterraneo. Di certo la Turchia non aspetterà in eterno e la rielezione di Erdogan non è un buon segnale, sopratutto in vista del centenario della nazione.
La Libia
Attualmente la Turchia è impegnata attivamente in due guerre: in Siria, come abbiamo visto, dove appoggia Damasco contro il PKK, e in Libia dove appoggia il governo di Tripoli. Ankara, oltre a fornire mezzi militari e armi a Tripoli, ne addestra le truppe e ne ha inviate di proprie sul campo. La presenza di Ankara in Libia si può interpretare sotto vari aspetti, ma i più importanti sono due, che riescono a racchiudere in pieno la strategia geopolitica turca.
Il primo riguarda il Gas: la Turchia non ha nessuna intenzione di farsi marginalizzare nella partita del gas che dal Nord Africa raggiunge l’Europa. Il suo intervento in Libia è un chiaro segnale a tutti quei paesi che hanno stretto accordi in materia nel mediterraneo orientale, come Egitto, Israele, Grecia e Cipro, (un esempio è l’ambizioso progetto del gasdotto sottomarino EastMed). Segnale, dunque, che è pronta a mettere i bastoni tra le ruote a tutti i progetti che contrastano i propri interessi nazionali.
La seconda è una questione di influenza. L’intervento turco in Libia, a favore del governo di Tripoli, si inserisce in un disegno geopolitico che va avanti da decenni e che vede coinvolti molti paesi per l’influenza del Nord Africa e del Medio Oriente, dalla Russia alla Arabia Saudita, dall’Iran a Israele. La “fame d’influenza” turca segue schemi ben precisi: interessi geostrategici, economici ed energetici. E la Libia ha tutti e tre i requisiti.
Un alleato prezioso
Uno degli alleati più strategicamente importanti della Turchia contemporanea è senza dubbio l’Azerbaigian. Anche qui, basta osservare una cartina geografica per capirne i motivi: anche se la Turchia applica una politica di zero conflitti con i vicini, o quasi zero, il domani è sempre incerto e l’Azerbaigian le permette di circondare l’Iran, specialmente la sua parte Curda, di toccare la Russia e le apre un fronte sul Mar Caspio dove avviene un grande scambio di armamenti, in particolare tra Mosca e Teheran. Una tratta non del tutto confermata ma da tenere d’occhio sia per gli interessi turchi sia per quelli della Nato. Sicuramente una delle priorità di Erdogan sarà quella di stabilizzare e rafforzare i rapporti con Baku, cercando di strapparla dall’influenza russa.
Questo è un quadro generale della Turchia contemporanea, delle sue strategie e delle sue mosse nella scacchiera globale. Erdogan continuerà su questa rotta e calpesterà chiunque gli si pari davanti. Forse lo farà in modo ancora più brutale visto che deve recuperare consensi tra gli estremisti. Se, come si dice, il domani è incerto una sola cosa è sicura: la Turchia rimarrà al centro di svariate vicende geopolitiche per molti anni, nel silenzio generale.