Un pericolo sempre presente, ma spesso trascurato, continua a minacciare il ritmo globale: la proliferazione nucleare. Da quando le prime armi atomiche furono sganciate su Hiroshima e Nagasaki durante la Seconda Guerra Mondiale, il mondo ha realmente cercato di frenare la diffusione di questa potente tecnologia distruttiva?
È il 1946, il mondo è ancora affaticato dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale, e gli Stati Uniti, unici possessori di armi nucleari, decidono di proporre un audace piano alle Nazioni Unite, conosciuto come il “Piano Baruch”. L’obiettivo era chiaro: porre l’energia nucleare sotto il controllo internazionale per frenare la proliferazione nucleare. Questo gesto iniziale, però, si scontra con il rifiuto dell’Unione Sovietica, che stava segretamente sviluppando il proprio arsenale nucleare e sospettava che il piano Baruch fosse solo un tentativo di consolidare il monopolio americano sulle armi atomiche.
L’anno fatidico è il 1949 quando l’URSS sorprende il mondo con il suo primo test nucleare, inaugurando una nuova era nell’evoluzione delle armi. Il Regno Unito segue nel 1952, seguito dalla Francia nel 1960 e dalla Cina nel 1964. Il mondo assiste impotente all’espansione di questa nuova minaccia.
In risposta a questa crescente preoccupazione, nel 1970 entra in vigore il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP). Il TNP, prorogato a tempo indeterminato nel 1995, sembra rappresentare la speranza di fermare la proliferazione nucleare in rapida crescita.
Ma dove siamo oggi nella lotta contro la proliferazione nucleare? Il TNP ha davvero avuto successo nel suo intento di porre fine a questa minaccia globale? La risposta è complessa.
Nel corso degli anni e delle numerose Conferenze di revisione del TNP, è diventato evidente che gli Stati detentori di armi nucleari non intendono rispettare l’obbligo di negoziare il disarmo in buona fede, come sancito dall’Articolo VI del trattato. Inoltre, dal 2015, nessuna di queste conferenze ha prodotto un consenso tra i partecipanti, rendendo chiaro che la cooperazione internazionale su questo tema è in crisi. La conferenza più recente, la prima sessione del comitato preparatorio per l’undicesima conferenza di revisione del TNP, è addirittura senza precedenti nel fatto che non ha accettato la relazione finale proposta dal suo Presidente, considerandola solo come un semplice “documento di lavoro”.
In effetti, il TNP ha contribuito a rallentare la proliferazione nucleare, ma non l’ha fermata del tutto. Tre Stati, l’India nel 1974, il Pakistan nel 1998 e Israele attorno al 1967, hanno scelto di rimanere al di fuori del trattato e si sono dotati di armi nucleari. Nel 2006, la Corea del Nord si è aggiunta a questa lista, uscendo dal TNP nel 2003. Tuttavia, va notato che il Sud Africa ha aderito al TNP nel 1991 dopo aver smantellato il suo arsenale nucleare.
L’incognita rimane su quali altri Stati potrebbero unirsi a questa lista nel futuro. L’Iran, in particolare, è una preoccupazione crescente. Dopo la rottura dell’accordo di Vienna del 2015 da parte degli Stati Uniti nel 2018, l’Iran ha ripreso l’arricchimento dell’uranio naturale in uranio fissile almeno fino al 60%. Questo significa che la soglia del 90% per la produzione di bombe nucleari potrebbe essere raggiunta rapidamente, se la politica lo permetterà.
L’Arabia Saudita, preoccupata dal progresso del programma nucleare iraniano, potrebbe essere tentata di sviluppare il proprio programma nucleare con l’aiuto del Pakistan. Il Giappone, di fronte alle nuove minacce provenienti dalla Corea del Nord e dalla Cina, ha avviato un significativo programma di riarmo e potrebbe considerare l’opzione nucleare in futuro. Anche la Corea del Sud sta esaminando la possibilità di armi nucleari, con il sostegno di una parte significativa della sua opinione pubblica.
Le dottrine di deterrenza nucleare, che implicano che il possesso di armi nucleari sia essenziale per la sicurezza di uno Stato, contribuiscono alla proliferazione nucleare. Il perpetuarsi della modernizzazione degli arsenali da parte degli Stati nucleari esistenti peggiora ulteriormente la situazione.
Per garantire la sicurezza umana, è essenziale invertire questa tendenza. Come Mikhail Gorbaciov ha sottolineato giustamente, ogni Stato deve contribuire alla sicurezza di tutti gli altri. La proliferazione nucleare rimane una sfida globale che richiede un impegno concertato e una volontà politica decisa per evitare il futuro che nessuno vorrebbe vedere: un mondo in cui le armi nucleari sono alla portata di molti, se non di tutti.