All’1:04, nel cuore della notte fra il 26 e il 27 maggio del 1993, esplose una bomba a Firenze, a due passi dalla Galleria degli Uffizi. Quella di Via dei Georgofili rappresenta la prima delle numerose stragi continentali attribuite a Cosa Nostra.
La notte tra il 26 e il 27 maggio
Quella notte il boato della deflagrazione si sentì in Firenze. Nell’esplosione, che provocò un cratere largo quattro metri e venti con una profondità di un metro e trenta, morirono 5 persone. Il centro della strage è in via dei Georgofili, dove si trova l’Accademia dei Georgofili, un’istituzione storica dedicata agli studi di agronomia, selvicoltura, economia e geografia agraria. Angela Fiume, la custode dell’Accademia, rimase coinvolta nell’esplosione e non riuscì a sopravvivere, morì anche Fabrizio Nencioni, il marito e le figlie Nadia e Caterina, di nove anni e di due mesi. Dario Capolicchio, studente ligure universitario, fu ucciso dalle fiamme che, propagandosi dalla Torre dei Pulci, sede dell’Accademia, raggiunsero il suo appartamento.
Oltre ai 5 morti, 48 persone rimasero ferite e anche i danni al patrimonio culturale furono ingenti. Il 25% delle opere d’arte presenti nella Galleria degli Uffizi ( circa 170 quadri, quaranta reperti archeologici e sedici statue per un valore che oggi sarebbe di circa 15 milioni di euro), rimasero danneggiate a causa dell’esplosione. Tre dipinti, uno di Gherardo delle Notti e due di Bartolomeo Manfredi furono interamente distrutti.
Alla strage è seguita una campagna di restauri durata venticinque anni e, mentre l’arte è stata recuperata, il dolore dei familiari prosegue incessante.
Fino alle prime ore della mattina del 27 maggio, le notizie riportarono gli accaduti facendo riferimento a una fuga di gas. Ma dopo le prime indagini si chiarì che a provocare l’esplosione furono 277 chili di tritolo posizionati in un furgoncino Fiat Fiorino lasciato in prossimità della Torre dei Pulci. Molto presto si scoprì che il Fiorino era stato rubato in via della Scala non molti giorni prima dell’attentato. Gli inquirenti individuarono rapidamente, negli uomini dell’organizzazione Cosa Nostra gli esecutori materiali della strage.
Dopo un lungo iter processuale vennero comminati 15 ergastoli, definitivamente attribuiti dalla Cassazione il 6 maggio 2002. Se, in quell’occasione, sono stati condannati gli esecutori e coloro che li hanno armati, rimane invece, ancora oggi, aperta la caccia ai mandanti occulti.
Come sostiene Luca Tescaroli, titolare dell’inchiesta sulle stragi, è necessario non fermare le indagini, per garantire alle vittime la giustizia che meritano:
Si continuerà a indagare non solo perché questo è un obbligo giuridico, ma perché è la memoria delle vittime innocenti e del pericolo generato per la nostra democrazia, è la coscienza critica e morale della società civile che impone questo dovere, la ricerca della verità senza di che non c’è giustizia. E ci auguriamo di trovare il filo conduttore che ci consenta di individuare tali responsabilità, ove esistenti.
Il biennio delle bombe
Quella di via dei Georgofili è la prima delle cosiddette Stragi Continentali di Cosa nostra, che negli anni tra il 1992 e il 1993, dopo aver eliminato i nemici storici – Falcone e Borsellino – colpì con attentati anche i civili inermi.
Questo biennio passa alla storia con il nome di anni delle bombe, perché si attribuirono a Cosa Nostra sette attentati e eversivi in Sicilia, a Roma, a Milano e a Firenze. Le stragi, che indussero il premier Carlo Azeglio Ciampi a dire di “aver temuto un colpo di Stato”, si verificarono dal maggio 1992 al luglio 1993.
A essere colpiti furono membri delle forze dell’ordine, della magistratura, politici, giornalisti, ma anche civili. L’obiettivo era destabilizzare lo Stato per riuscire a creare nuove trattative a seguito dell’esito del maxiprocesso, derivante dalla sentenza della Corte di Cassazione del 30 gennaio 1992 e del conseguente insuccesso dei tentativi di condizionarne l’esito. Questi attentati hanno rappresentato una dichiarazione di guerra allo Stato per e indurlo a ritrattare con Cosa Nostra.
Ludovica Amico