Di Susanna Schimperna
Secondo un’ordinanza di Carlo Magno, “Chiunque, ingannato dal diavolo, crede che una donna possa essere una strega, e per questo la brucia viva, deve essere punito con la morte”. Da temere e condannare, dunque, erano per Carlo Magno i persecutori delle “streghe”, non le streghe stesse, anche perché all’epoca erano ritenute tali dalla Chiesa soltanto delle creature diaboliche, le strix o strie, di origine non umana.
Dal XIII secolo, probabilmente sotto la spinta delle numerose eresie proliferanti da cui ritenne di doversi difendere adottando un pugno di ferro, la Chiesa cambiò atteggiamento e venne dichiarato (da Alessandro VI) che le donne praticanti la magia andavano considerate strie e perseguitate e giustiziate in quanto eretiche.
Nel XIV secolo iniziò la caccia alle streghe, nel 1478 fu creata l’Inquisizione anche in Italia, secondo l’esempio di quella spagnola, e nel 1486 due eventi diedero ulteriori motivi (e, nel caso del Malleus, fornirono anche i metodi) alla carneficina: Innocenzo VIII sostenne che le streghe erano in grado di lanciare malefici su uomini e animali, e fu scritto il Malleus Maleficarum, trattato a cura dei due esperti inquisitori Heinrich Kramer e Jakob Sprenger, nel quale si spiega come riconoscere, interrogare e neutralizzare le streghe. Il Malleus (pubblicato ora da Marsilio col titolo di Il martello delle streghe) è l’opera più importante del genere, un vero best-seller anche ai tempi in cui uscì. Strabiliante compendio di delirante sessuomania mascherata da sessuofobia, teologia, esegesi di parte dei testi canonici e biblici, testimonianze di “streghe” e “stregoni”, fa capire meglio di ogni libro di storia cosa sia stata realmente la caccia alle streghe.
Nota bene: tutto ciò che è scritto e descritto nel Malleus non costituisce l’apice della vergogna della Chiesa persecutrice, ma solo i suoi presupposti, perché peggiori orrori sarebbero venuti nei due secoli successivi. Vale a dire nel nostro passato prossimo, terribilmente prossimo.