La questione dell’adesione della Palestina all’ONU come membro a pieno titolo è sempre stato al centro di dibattiti e tensioni all’interno della comunità internazionale, ma dal 7 ottobre è una causa sempre più importante e di vitale importanza. Gli Stati Uniti hanno esercitato il loro diritto di veto sullo Stato di Palestina, bloccando una risoluzione presentata al Consiglio di sicurezza dell’ONU dall’Algeria. Questo ha sollevato una serie di questioni riguardanti il diritto internazionale, la pace nella regione e la situazione umanitaria a Gaza. La Palestina non è quindi, ancora, riconosciuta dall’ONU come Stato internazionale ma solamente come osservatore.
Il veto sullo Stato palestinese: influenza o monopolio americano?
Gli USA hanno esercitato per l’ennesima volta, dimostrando all’intero mondo come l’intera geopolitica dipenda dalla megapotenza occidentale, il diritto di veto sullo Stato di Palestina. Ponendo il veto infatti, gli Stati Uniti hanno bloccato una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’ONU presentata dall’Algeria che avrebbe permesso l’adesione della Palestina all’ONU come membro a pieno titolo.
La risoluzione ha ottenuto 12 voti favorevoli, ma è stata contrastata dall’unico voto contrario degli Stati Uniti. La Palestina è attualmente uno stato osservatore non membro dell’ONU, ma l’adesione completa richiede il sostegno del Consiglio di Sicurezza e l’approvazione dell’Assemblea Generale. Oltre al veto degli USA, la Svizzera e il Regno Unito si sono astenuti.
La condanna delle autorità palestinesi
Le autorità palestinesi hanno fortemente condannato la decisione di veto sullo Stato di Palestina parlando ovviamente dell’ennesima grande, quanto invisibile, lesione a livello internazionale e un “forte incoraggiamento alla continuazione della guerra genocida contro il popolo palestinese”.
La Palestina ha condannato l’azione statunitense come una “palese aggressione” e ha affermato che questa politica rappresenta un attacco al diritto internazionale e un ostacolo alla pace nella regione.
A nulla serviranno ora più che mai le parole di ambasciatori e delegati statunitensi che si esprimono nel nome della pace e della sicurezza. Gli USA sono convinti infatti, anche dalle ultime parole del portavoce Robert Wood, che l’unica soluzione è quella dei due stati, ma in una condizione di pace e tregua.
Nonostante l’ennesima complicità al genocidio in corso e l’ultimo veto sullo Stato di Palestina, l’ambasciatore algerino ha promesso di ripresentare la richiesta in futuro. Nel frattempo, la comunità internazionale ha espresso diverse opinioni, con alcuni paesi che sostengono l’adesione palestinese e altri che ritengono prematuro il momento per tale decisione – primi tra tutti gli USA.
Perché dipende tutto dall’America
Il problema dell’adesione dello Stato di Palestina all’ONU e al riconoscimento da parte dell’intera comunità internazionale è però una faccenda sistemica e legata a problemi alla radice di un fondamento statale fortemente anti-palestinese e pro-israeliano che gli USA covano dai primi accordi diplomatici post Seconda Guerra Mondiale.
Nelle relazioni diplomatiche sin dalla fine del secondo conflitto mondiale, gli USA sono riusciti a dettare leggi, finanziamenti e decisioni sull’intero ordine mondiale diventandone l’unico e grande punto cardinale. Come prevede la carta dell’ONU, il finanziamento dell’organizzazione internazionale è legato ai più grandi – e ricchi – stati membri: di conseguenza, gli USA sono responsabili di almeno il 20% del budget dell’ONU.
Non è quindi un caso quanto, dalla decisione degli USA dipenda il futuro e l’operatività delle Nazioni Unite. Non poche volte nella storia, gli USA hanno minacciato di tagliare i fondi all’ONU in materia dei rapporti con la Palestina: uno degli ultimi casi è stato proprio nel 2017-2018, quando Trump ha deciso di tagliare circa 285 milioni di dollari alle finanze dell’ONU, dopo un tentativo di riconoscimento di Gerusalemme da parte dell’UNESCO.
Una crisi sempre più dilagante
Mentre la discussione sul veto sullo Stato di Palestina è ancora in corso, la situazione umanitaria a Gaza continua a peggiorare. Gli attacchi israeliani hanno causato la morte di civili e danni alle infrastrutture, aggravando una crisi già critica. Nonostante gli appelli per una soluzione pacifica, la situazione rimane tesa e instabile, con la comunità internazionale – a guida USA – che continua a non volere una pace e dettare ordini per mantenere intatta e conservata la sua influenza.
Nel frattempo, la situazione umanitaria a Gaza continua a peggiorare, con gravi conseguenze per la popolazione civile. Gli attacchi israeliani hanno causato la morte di numerosi civili e danni alle infrastrutture essenziali, aggravando una crisi già critica. La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per la situazione e ha chiesto un maggiore impegno per garantire la sicurezza e il benessere della popolazione di Gaza.
L’agenzia stampa Wafa ha pubblicato ieri un video di macerie, devastazioni e saccheggi dopo uno dei mille attacchi dell’IDF nella Striscia di Gaza. Intanto, la carenza di cibo, acqua e medicinali si aggrava sempre di più. Il numero dei morti nella Palestina occupata sale, secondo i dati rilasciati dal Ministero della Sanità di Gaza, a 33.970 dal 7 ottobre, contando altri 71 morti nelle ultime 24 ore.
Non ci sono parole per commentare il veto sullo Stato di Palestina. La situazione rimane complessa e difficile da risolvere, con tante opinioni, tutte diverse, ma solo un capo che decide. USA e Gran Bretagna continuano a portare avanti la soluzione dei due Stati e la creazione di questi in una situazione di pace, senza capire – o forse con già la consapevolezza in mano – che prima dei due Stati arriverà solo morte e devastazione dell’intero popolo palestinese.