Quante volte vi è capitato di sentire la testa “leggera”? o ancora di veder girare l’ambiente che vi circonda? Le vertigini, dal latino vertere – “ruotare” – sono quella fastidiosa sensazione che fa percepire l’ambiente circostante in movimento, come se stesse ruotando vorticosamente.
Talvolta capita di percepire noi stessi in questo giro, mentre ciò che ci circonda resta immobile. Il movimento oscillatorio destabilizza, provocando instabilità e perdita di equilibrio.
Le vertigini sono tutt’altro che rare e non si presentano mai da sole, legate come sono a tachicardia e nausea. Sono un sintomo correlato a molte patologie, a determinati tipi di movimenti (pensiamo al mal di mare, al mal d’auto etc). Ciò che spesso si tende a sottovalutare è piuttosto la radice psicosomatica che talvolta le vertigini possono avere. In questo caso, esse rappresentano una sorta di “febbre” dell’anima. Una spia vera e propria che si accende quando emergono dinamiche psichiche non molto evidenti. A prescindere dalla causa scatenante, le vertigini ci dicono che il nostro organismo sta mettendo in discussione qualcosa.
Nella saggia eloquenza del nostro corpo, questa fastidiosa spia ci sta dicendo che qualcosa non va e ci offre l’opportunità di un approfondito ascolto che per troppo tempo abbiamo rimandato. Troppo spesso, avviluppati nel nostro caotico quotidiano, non abbiamo fatto altro che “fagocitare” emozioni, sensazioni, esperienze. Frettolosamente inghiottite e relegate nel nostro profondo senza prima essere state accolte dalla nostra consapevolezza. Quel bagaglio esperienziale che soffochiamo, tuttavia, cerca di esprimersi esulando dal controllo razionale della mente. E’ l’istinto che cerca di essere sé stesso, ribellandosi agli schemi che ogni giorno ci imponiamo perché – a nostro dire – impostano la nostra vita.
Le vertigini, da questa prospettiva, ci raccontano di un malessere esistenziale. Alcune volte sono l’eco di bisogni vitali, altre sono il riflesso di una difficoltà di adattamento ai cambiamenti. In questo subbuglio interiore, ad essere bersagliati sono l’equilibrio e la vista. La postura eretta, l’equilibrio nello stare con i piedi per terra, rappresentano l’Io dominante. La ragione che si impone sull’istinto, sull’energia delle passioni. La forza di gravità ci tiene con i piedi ben saldi sul terreno, verso il basso, le radici. In alto c’è la testa, l’elemento razionale per eccellenza. Nei soggetti che soffrono di vertigini, questa tendenza verso l’alto è estremizzata, con un conseguente controllo ferreo sulle pulsioni. Nel conflitto interiore che ne deriva, si rischia di allontanarsi dalla parte più profonda di sé. Spesso succede che l’edificio razionale che ci costruiamo sfugga al nostro controllo e inizi a vacillare, perché le pulsioni, le emozioni, nel tentativo di emergere si scontrano con un modo di essere dissonante. La dimensione mentale entra in crisi, al punto da renderci incapaci di stare in piedi. La testa gira e il corpo vacilla.
La vista si annebbia durante la vertigine, compromettendo l’orientamento nello spazio. L’instabilità dello sguardo sul contesto circostante evidenzia il bisogno profondo di slegarsi dai riferimenti imposti dai nostri schemi mentali, per ricreare un nuovo equilibrio. Il respiro si fa corto e spezzato, accompagnando quella spiacevole sensazione di cadere. Si sente il bisogno di fermarsi, perché quei punti di riferimento che davano senso e direzione sono andati in tilt.
La difficoltà di adattamento ai cambiamenti rende le vertigini un’esperienza transitoria ed è questa occasionalità che non le fa essere tipiche di qualche personalità in particolare. Ci sono invece soggetti eternamente combattuti tra la voglia di ascoltare le proprie pulsioni interiori e la tendenza a reprimerle. Se vi è capitato di adagiarvi su una situazione, pur sapendo che non vi va più bene, allora anche voi appartenete a quei soggetti molto vivaci mentalmente ed estremamente abitudinari.
Può sembrare anomalo, ma per superare le vertigini occorre diventare loro alleati. Come sempre, tutto parte dall’ascolto profondo di sé stessi e tramite un approccio psicoterapeutico mirato, si può giungere a individuare la modalità patologica con cui il corpo si esprime ed acquisire una consapevolezza di sé finora ignorata. Una volta superato l’ostacolo, fate un bel respiro e chiedetevi come mai, per indicare qualcosa di bello come l’innamoramento, si dice che qualcuno “ci fa girare la testa”. Il capogiro è sempre in agguato, ma questa volta gli diamo una valenza tutta positiva. A volte è solo una questione di prospettiva.
Alessandra Maria