Ingegneri e infermieri che si scoprono improvvisamente politici e politicanti, propensioni politiche e valori che emergono con forza nel mese di campagna elettorale, sono le amministrative.
Le amministrative incuriosiscono soprattutto perché svelano, attraverso chi nutre (o finge di nutrire) verso di esse soverchie aspettative, lo stato dell’arte della politica locale e di riflesso nazionale.
Esse rappresentano anche la cartina di tornasole delle ambizioni personali:
imprenditori che diventano improvvisamente politici, politici che nascondono il più possibile il loro essere politici… altri per cui, più che il risultato elettorale, è importante la campagna elettorale in se stessa in quanto è in grado di rafforzare la propria immagine personale, altri ancora che disinvoltamente appoggiano l’inappoggiabile o passano disinvoltamente da uno schieramento all’altro.
Curioso sarà assistere ancora, negli eventuali ballottaggi, al triste rito del “voto utile” per cui si appoggerà chi prima si dipingeva come il diavolo, adducendo come scusa il necessario fare scudo all’avvento del “peggio” ma in realtà sperando in una risicata ricompensa in poltroncine (per essere utili alla città…si intende…).
Si salvano solo sparute liste civiche (intendo “vere liste civiche”, non quelle che servono a maschere per i partiti) animate esclusivamente – spesso però anche un po’ ingenuamente e in modo naif – dall’evidenziare, attraverso la visibilità della loro campagna elettorale, la possibilità di dar vita a una vera partecipazione individuale che vada al di là delle elezioni e degli interessi di partito e che si sviluppi quotidianamente, e non solo a scadenze elettorali, attraverso un riavvicinamento alla politica attiva dei cittadini.
Insomma, in queste tristi rappresentazioni che ormai sono diventate le elezioni, non c’è nulla di nuovo sotto il sole.
E’ specialmente in questi momenti che si sente il bisogno di nuove prassi politiche, di rompere la dicotomia costituita da base sociale (leggi: bacino elettorale) / ceti e apparati politici, di ridare a politica e partecipazione il loro vero senso etimologico.
Ci troviamo oggi in una fase epocale di passaggio, in cui il anche il “passato” comincia ad accorgersi che il “futuro” sarà inevitabimente diverso da prima e allora si traveste un po’ con idee, apparenze, slogan simili ad esso, senza però rompere del tutto con quello che si era e che resta, appunto, mascherato, nemmeno tanto bene, dietro il nuovo “vestito” elettorale.
Il futuro arriverà prima o poi, questo è sicuro (d’altronde arriva sempre).
Si dovrà però ancora lavorare a lungo per superare il retaggio di un modo di fare politica standardizzato e che per molti appare ancora l’unico possibile.
Adelante!
Gian Luigi Ago