I colpi, i calci, le umiliazioni e le “sadiche torture” con lo spray al peperoncino. E i dettagli divertenti della telefonata e delle parole con cui si vantava con la fidanzata delle percosse subite in questura. Sono alcuni dei dettagli emersi dall’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere cinque poliziotti di Verona. Secondo la ricostruzione, le vittime non solo sono state picchiate ma anche umiliate in diverse occasioni. Gli agenti avrebbero negato loro l’accesso al bagno e li avrebbero costretti a rotolarsi nell’urina sul pavimento. Ci sono altri 17 agenti investigati
Arrestati cinque poliziotti
Lo scorso martedì cinque poliziotti in servizio alla questura di Verona, tra cui un ispettore capoturno dei quattro agenti, sono stati arrestati dopo un lavoro di indagine durato 8 mesi, durante il quale, dopo un’inchiesta partita grazie a delle intercettazioni shock compiute per un’altra indagine, sono emerse accuse gravissime nei confronti dei poliziotti che la Questura ha successivamente confermato. Le indagini hanno riguardato il periodo tra luglio 2022 e marzo 2023, lasso di tempo durante il quale sono emersi almeno 7 episodi di abusi su persone sottoposti alla custodia cautelare degli agenti ora ai domiciliari. Tra le gravissime accuse: tortura, lesioni aggravate, peculato, rifiuto e omissione di atti di ufficio e falso ideologico in atto pubblico. Oltre ai cinque poliziotti arrestati, Alessandro Migliore, Loris Colpini, Filippo Failla Rafici, Federico Tomaselli e Roberto da Rold, vi sono altri 17 agenti indagati nei confronti dei quali la Procura della Repubblica scaligera ha avanzato al gip l’applicazione di misure interdittive, come la sospensione dal servizio o il trasferimento d’ufficio, in quanto «pur non avendo preso parte a episodi di violenza, si presume possa non aver impedito o comunque non aver denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi».
Torture sui “deboli” dalle sfumature razziste
La lunga serie di torture sistematiche e ripetute nel tempo era dedicata, senza la mancanza di insulti dalle sfumature razziste e di minacce di morte, a soggetti in stato di fermo particolarmente deboli, quasi sempre persone straniere e senzatetto in stato di fermo. A confermarlo è anche la gip Livia Magri, secondo la quale: «I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti “deboli”». Livia Magri è anche colei che ha deciso gli arresti, eseguiti come si legge nell’ordinanza, per “una pluralità di condotte integranti reiterate violenze foriere di “acute sofferenze fisiche”, che si desumono non solo dalle parole della persona offesa dai filmati acquisiti, che immortalano la vittima in preda a spasmi e contrazioni, lasciato al suo destino”. Si legge inoltre «Come già sottolineato, questo atto denigratorio e sminuente ha incontrato l’approvazione e suscitato l’ilarità degli altri poliziotti presenti tant’è che nessuno ha dato il minimo segnale di disappunto, portando avanti anche in seguito un coerente atteggiamento di scherno nei confronti della persona offesa, dovendosi rammentare che gli operanti, ai quali la vittima si rivolgeva manifestando sofferenza e chiedendo aiuto… facevano gesti che significavano che a loro non interessava il suo stato», sottolineando anche la pessima condotta di chi è rimasto a guardare senza intervenire.
Alessandro Migliore: il più crudele tra i poliziotti arrestati
Il capobanda ed istigatore di queste torture disumane sembrerebbe essere Alessandro Migliore, il più crudele tra i poliziotti arrestati secondo i magistrati. È grazie a lui, inoltre, che sono scattate le indagini. Migliore, infatti, aveva stretto amicizia con un gruppo di sospettati di origine albanese, i quali telefoni erano sotto controllo in un’altra indagine per tentato omicidio e detenzione di armi. Dalle intercettazioni dei telefoni di questi sospettati sono emerse le omissioni che Migliore aveva fatto per aiutare il suo gruppo di amici. Ma questa non è stata l’unica cosa che è venuta a galla sul suo conto, in quanto le intercettazioni hanno anche portato alla luce le torture che avvenivano tra le pareti della Questura di Verona, torture che Migliore narrava con fierezza alla sua ragazza al telefono e che hanno portato i magistrati a delineare il profilo di Alessandro nell’ordinanza, dove viene descritto come “una persona dalla spiccata propensione criminosa” ed un “violento in grado di torturare con sadico godimento”. “Appena amò mi guarda, mi ero messo il guanto, ho caricato una stecca amò: bam! Lui chiude gli occhi, di sasso, per terra è andato a finire, è rimasto là. È svenuto. Si è irrigidito tutto ed è caduto, sai, hai presente i ko“, questo è solo un piccolo estratto dei numerosissimi e violentissimi episodi di violenza e di torture compiuti raccontati da Migliore in una chiamata con la sua compagna.
Il richiamo di Amnesty International Italia
La vicenda ha anche attirato l’attenzione di “Amnesty International Italia“, che ne ha approfittato per sottolineare come un episodio del genere sia l’ennesimo motivo per non abolire il reato di tortura. In particolare, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, nella sua rubrica sul portale Articolo21, ha commentato: “A coloro che, in parlamento e nel governo, spingono per una revisione delle norme in materia di tortura con l’obiettivo, neanche mascherato, di abolirle, la cronaca dà contro. Nel 2001, in Italia, c’era chi sosteneva la necessità di una norma sulla tortura: non per vietarla, ma per regolamentarla, in risposta alle sfide senza precedenti del periodo post-11 settembre. Ventidue anni dopo, da Verona arriva la conferma che la tortura serve non a scopo di sicurezza – non è mai servita né servirà mai – ma solo per esibire potere su coloro che ne sono privi. È un’espressione di odio, nascosta dietro una divisa. È un mezzo per annientare e umiliare.”
Simone Acquaviva