La Nave Della Legalità arriva presto, la mattina. Approda al Porto e i vari comitati e le scuole sono lì ad accogliere chi arriva.
C’è la bella atmosfera di chi attendeva questo viaggio, di chi sa cosa significhi e non vedeva l’ora di arrivare. C’è chi ha studiato e vivamente sente questa giornata.
C’è una Sicilia che accoglie e che condivide la commemorazione: vengono persone da tutte le parti del territorio siculo.
La stessa Sicilia che un po’ si confonde e si perde per strada: con gli ultimi casi di corruzione e favoreggiamento; oppure il giornalismo e l’antimafia che non è antimafia, ma solo un vaneggiare di parole.
La Sicilia a volte lascia le storie a metà; permette che vengano dimenticate, le lascia scorrere e sprofondare. Lascia che a ricandidarsi ci siano sempre elementi improponibili e, probabilmente, li vota.
Questa Sicilia sfaccettata e sempre malaticcia, oggi, ha ricevuto come ospiti moltissimi bambini che avevano quella combattività e attenzione degna dei più grandi eroi.
Chi non è sceso per manifestare e partecipare al corteo non si è fatto attendere, appendendo fuori i consueti lenzuoli bianchi, mantenendo la tradizione del Comitato Dei Lenzuoli che, con questi gesto simbolico e delicato, ha sempre pronunciato la sua posizione nei confronti della mafia: contro, ripetutamente.
I bambini, piccolissimi, da tutta Italia, erano lì perché qualcuno ce li ha portati; perché qualche insegnante che ancora sa lasciare il segno ha spiegato loro cos’è la mafia, chi furono Falcone e Borsellino, cosa accadde in questa città.
Ed erano partecipativi, oltre ogni immaginazione. I più piccoli, minuscoli giovani esseri umani che gridavano slogan che sentivano appena.
C’erano insegnanti che ballavano a ritmo delle canzoni che sono e saranno sempre gli stessi inni, almeno fino a quando qualcuno riuscirà a dire quelle cose con un ritmo diverso.
E c’era bel tempo, come poche volte è capitato in questi ultimi quattro anni, il ventitré di maggio. Sembrava proprio estate, quando la Mafia uccide, piace dire ultimamente.
Quello che non si ha coraggio di dire è che la mafia sembrerebbe proprio non demordere; non sappiamo bene neanche come fare resistenza.
La memoria, sì, la memoria aiuta. Ma anche ricordare va insegnato; chi cresce senza che gli si insegni come ricordare, non sa farlo e continua a operare male.
La mafia, poi, è una mentalità, è stato detto tante volte. Ma forse quei bambini hanno la chiave per combattere.
Oggi c’è stata gente che ci credeva, in una Palermo che spesso ha una memoria selettiva. E tutti, fin dai più piccoli, si sono spintonati in un corteo che dalla strada presente, ha attraversato i cammini del passato che ci ha portato fin qui, facendoci diventare quello che siamo.
E sulle nostre gambe continuano a camminare le loro idee. Idee che non dobbiamo dimenticare, per non dimenticare, di seguito, chi le ha maturate e ha fatto per loro una lotta che è durata (e costata) una vita.
In Sicilia non è che non si dimentica.
E che non si ricorda.
Gea Di Bella