Le migrazioni praticamente ininterrotte di cui il Venezuela è teatro dal 2014 hanno preso le dimensioni di una vera e propria crisi umanitaria. In tutto ciò, nella giornata di martedì il Perù ha deciso di chiudere i confini, viste le difficoltà legate al Covid-19.
La storia recente del Venezuela non è di certo tra le più limpide che si possano trovare. Dopo l’ascesa di Hugo Chavez infatti, nel 1999, la sua rivoluzione bolivariana, che si proponeva di portare uguaglianza tra le classi sociali, ha messo in ginocchio il paese, complice anche la dittatura instaurata da Nicolas Maduro nel 2013.
La rivoluzione bolivariana
Le ragioni che portano Chavez a salire alla guida del Venezuela alla fine del secolo scorso sono tra le più nobili che si possano trovare. Il leader propone infatti un modello socialista, improntato sulla redistribuzione delle ricchezze tra le varie classi sociali.
Non a caso il nome del suo movimento deriva da Simon Bolivar, storico personaggio dell’America del sud che nel corso del XIX° secolo portò avanti diverse rivoluzioni in molti stati del continente, portando all’indipendenza Colombia, Ecuador, Panama, Perù e Venezuela.
Negli anni della presidenza Chavez gli ideali del movimento furono in gran parte rispettati, puntando soprattutto a privatizzare i pozzi petroliferi presenti sul territorio ed a tagliare il cordone ombelicale dagli Usa, considerati colonialisti.
Ciò passò attraverso accordi con Cuba, Russia, Cina e Iran, paesi storicamente avversi alle stelle e strisce, che infatti sono risultati un appoggio solido nella campagna di decolonizzazione.
I soldi ricavati dai pozzi petroliferi avrebbero dovuto poi finanziare scuole e ospedali, nonché tutte quelle opere sociali volte ad un benessere che in Venezuela sembrava veramente lontano da anni, con tassi di disoccupazione e criminalità che hanno raggiunto, a fasi alterne, picchi veramente preoccupanti.
La morte di Chavez e la dittatura in Venezuela
Quando il presidente Chavez morì, lasciando il paese senza una vera e propria guida, venne sostituito ad interim da Nicolas Maduro, poi eletto ufficialmente presidente della Repubblica venezuelana.
La presidenza del braccio destro di Chavez viene da subito criticata, e a più riprese viene denunciato un clima di corruzione all’interno del governo. Inoltre la situazione economica precipita, probabilmente a causa delle politiche chaviste, e il prezzo del petrolio si abbassa drasticamente, portando il paese sull’orlo del collasso.
Maduro cercherà di giustificare la situazione propinando al popolo teorie complottiste riguardo presunti governi stranieri che vogliono ucciderlo. Le seguenti teorie, per quanto assurde e campate in aria, risultano comunque verosimili, visto il forte ostruzionismo degli Stati Uniti nei confronti del Venezuela.
Nel corso delle elezioni del 2017 Nicolas Maduro non riuscirà a riconfermare la sua posizione, perdendo le elezioni e la maggioranza in parlamento. Tuttavia, il premier deciderà di non considerare legittime le votazioni, mettendo in atto un vero e proprio colpo di stato.
E’ l’inizio della dittatura e dell’aggravarsi delle condizioni di vita del popolo venezuelano.
La crisi umanitaria e le migrazioni
Quella che si scatena in Venezuela è una vera e propria crisi umanitaria, che a onor del vero aveva visto la luce proprio mentre il nuovo presidente veniva eletto.
La situazione economica e sociale porterà il popolo a cercare rifugio nelle nazioni adiacenti. Infatti, le mete predilette dei migranti venezuelani sono Colombia, Perù, Ecuador e Brasile.
La Colombia, più degli altri stati citati, ha dovuto subire una mole migratoria incredibile, paragonabile ad un vero e proprio esodo. Solo nel luglio 2019 gli immigrati venezuelani erano più di 1,2 milioni.
Diversi dei sopracitati Stati hanno deciso di chiudere le frontiere, pur non facendo mancare politiche volte a donare una vita dignitosa ai rifugiati provenienti dal Venezuela. E’ il caso del Brasile, che, pur avendo negato l’accesso, ha messo in atto il progetto Operation Welcome, per garantire assistenza sanitaria e supporto lavorativo ai richiedenti asilo.
La situazione è stata monitorata anche da diverse associazioni umanitarie, che hanno cercato di garantire aiuto in tutti gli Stati vittima di questo fenomeno.
Le conseguenze della pandemia
La pandemia globale ha messo a dura prova gli equilibri della regione ed il controllo dei flussi migratori.
Il programma Operation Welcome per esempio ha subito una grave battuta d’arresto dovuta agli enormi problemi che lo Stato ha dovuto affrontare per quanto riguarda la pandemia. Inoltre, il programma riguardava solamente i rifugiati entrati legalmente sul territorio brasiliano, ma, poiché negli ultimi mesi le dogane sono state chiuse, il flusso migratorio è stato completamente illegale.
E’ degli ultimi giorni inoltre la notizia secondo cui il Perù avrebbe rafforzato il confine con l’Ecuador al fine di evitare ulteriori ingressi. Lo Stato, al momento alle prese con la seconda ondata di contagi, ha inviato circa 1.200 soldati alla frontiera.
Il confine tra i due stati è costituito soprattutto da terre agricole e da un lungo canale di cemento, sopra il quale vengono costruiti ponti di fortuna per favorire il passaggio. Solo nella giornata di giovedì, ad esempio, la polizia è intervenuta su ben 493 venezuelani che cercavano di entrare nel paese.
La crisi in cui versa questa sfortunata regione del mondo sembra veramente senza fine, e la pandemia non può far altro che peggiorare la situazione. Ci si chiede come possa Nicolas Maduro dormire sogni tranquilli, conscio di tutte le morti e le sofferenze che sta provocando.
Thomas Marzioni