Venezuela Aid Live; la battaglia musicale che non piace a Waters

Due giorni musica e spettacolo a favore del Venezuela, porta d’ingresso per l’intero Sudamerica.

Questo, in parte sembra essere l’obiettivo del miliardario inglese Richard Branson, patron di Venezuela Aid Live, in programma domani 22 febbraio a Cucuta; versante colombiano al confine con il Venezuela.

L’eccentrico proprietario della Virgin spinge alla solidarietà sul fronte occidentale, con un’evento che richiama il celeberrimo Live Aid del 1984, in favore della della popolazione venezuelana, stremata dalla grave crisi economica e dal blocco degli aiuti umanitari imposti da Nicolas Maduro, in opposizione al tentativo degli Stati Uniti di rovesciare il regime chavista, attraverso il riconoscimento dell’autoproclamato presidente Juan Guaidò.

La minaccia di una nuova guerra fredda è alle porte e le forze atlantiste sono in mobilitazione, avendo riconosciuto unilateralmente la legittimità del nuovo governo, a eccezione di Russia e Cina. Un’isolamento politico e strategico, cui il mondo della cultura cerca (innocentemente) di dare il proprio contributo.




Venezuela Aid Live contro Maduro; battaglia di concerti o concetti?

è da anni che l’establishment americano, sia repubblicano che democratico cerca disperatamente di colpire al cuore di un regime resistente e ultra protezionista. Non essendoci riusciti con Chavez, ora tentano di dare l’ultima spallata al presidente Maduro, facendo leva sulla grave crisi economica e la complicità universale di tutti i media mondiali, impegnati a raccontare giorno per giorno, quello che succede a Caracas e in tutto il Venezuela.

Lo spettro di una nuova guerra agita le coscienze e gli artisti, su questo non sono mai stati insensibili; un po per coscienza e un po per pubblicità, sono in molti ad aver risposto all’appello di Branson.

Sul palco montato al confine venezuelano, a pochi metri dallo sbarramento di San Antonio del Tàchira, saliranno alcuni fra i più grandi nomi della musica latina e spagnola. Da Alejandro Sanz a Miguel Bosé, dal dominicano Juan Luis Guerra, alla band messicana Maná, con l’intento di raccogliere più di 100 milioni di dollari da destinare alle popolazioni del Venezuela ridotte ormai alla fame e allo stremo delle forze; complice una iperinflazione mai vista prima.

La location situata proprio di fronte al blocco del regime avrebbe lo scopo di muovere anche i camion pieni di medicine e cibo oltre la frontiera.

Perché il megashow potrebbe rivelarsi una grande strategia mediatica di Guaidò

Sono in molti a pensare che dietro il risvolto politico del Venezuela Aid Live vi sia la strategia di Guaidò; ossia  indebolire il regime nel suo consenso e con la forza della solidarietà internazionale.

Ma una volta che la musica sarà finita rimane un enorme dubbio su come farà Guaidó a mantenere la promessa di far entrare gli aiuti nel fine settimana.

Lo stesso leader dell’opposizione non ha mai spiegato come avrebbe fatto a evitare un possibile scontro frontale con l’esercito venezuelano. In tutto questo gli Stati Uniti continuano a rimanere nell’ombra. Sebbene i container portino quasi tutti la sigla UsAid, ad oggi non vi sono truppe americane a fare da scudo, mentre le forze colombiane si mantengono nel loro raggio d’azione. Stessa cosa in Brasile,  dove  è in corso una operazione simile, e anche sul versante caraibico, con i porti sotto stretto controllo militare.




Roger Waters e il controappello a non fomentare un nuovo fronte di guerra

Anche diverse star internazionali sono state invitate al Venezuela Aid Live, ma  vi è anche qualche voce fuori dal coro. Tra queste la più influente e impegnata rimane quella di Roger Waters. L’ex bassista dei Pink Floyd si è schierato ufficialmente contro l’evento di Branson.

Dopo le sue battaglie contro Trump, il boicottaggio dell’ Eurovision Song Contest a Tel Aviv e la sfida al neo presidente del Brasile Jair Bolsonaro, il leone cerca di abbattere un altro muro; quello dell’indifferenza mediatica verso chi tenta di raccontare il Venezuela dall’interno; dell’appoggio unilaterale al presidente “incaricato”; alla strategia di indebolimento e isolamento tipica dei governi americani, per prendere il controllo del paese, e delle risorse di petrolio, che caratterizzano la vera ricchezza del Venezuela, tanto ambita agli americani.

Waters prende una posizione non a favore del regime, ma del diritto, del popolo venezuelano a gestire la propria a gestire la propria politica e la propria economia, senza che gli venga imposta da governi terzi.

“Vogliamo davvero che il Venezuela si trasformi in un altro Iraq, in Siria o in Libia? Così dice Waters in un video su Twitter divenuto virale. Io non lo faccio e nemmeno il popolo venezuelano. La Coce Rossa e le Nazioni Unite sono d’accordo, non politicizzate la cooperazione.” 

Nel video Roger Waters fa appello all’amico Peter Gabriel, invitato anch’egli al Venezuela Aid Live, a ragionare insieme su un evento che non ha nulla a che vedere con gli aiuti umanitari.

Nel frattempo Nicolas Maduro, che sembra dato ogni giorno per spacciato, riorganizza il suo controllo, tra inviti alla resistenza e beffa ai nemici della rivoluzione bolivariana. Lungi da paragonare Maduro a Bolivar, il presidente ha annunciato l’arrivo di 300 tonnellate di aiuti dalla Russia, in contrasto ai cibi considerati avvelenati dalla cooperazione internazionale.

In risposta al megaconcerto di Cucuta, il regime chavista ha organizzato per i prossimi due giorni un controconcerto, sul lato venezuelano del ponte, a cui parteciperanno gli artisti “fedeli al regime”. Come sempre la musica non dovrebbe essere contaminata dalla politica, perché nelle migliori intenzioni, dovrebbe manifestarsi un messaggio di unione e fratellanza, non divisione e fratricidio.

Il problema è che le democrazie liberali continuano a imporre una globale idea di evoluzione.

Fausto Bisantis

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