Il messaggio è arrivato forte e chiaro. I registi americani sbarcati al Lido bocciano Trump e la sua politica. Ambientalismo, antirazzismo e critica feroce al suprematismo bianco sono i temi trattati dai film yenkee della 74esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Girati contemporaneamente alla campagna elettorale, sono portatori di un messaggio politico diametralmente opposto a quello dell’attuale presidente degli Usa. Il muro sul confine messicano, le restrizioni sull’accoglienza di rifugiati e immigrati, le sue amicizie e le sue nomine più che destrofile, le sue convinzioni neoliberiste in campo economico, la promessa di cancellare l’Obamacare e la decisione di uscire dagli accordi di Parigi per la protezione ambientale hanno scosso gli autori americani, che hanno reagito con le loro opere.
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First Reformed, la parabola ambientalista di Paul Schrader, lancia uno sguardo assai cupo sul futuro prossimo. Del resto a Venezia ha dichiarato senza remore che difficilmente il genere umano riuscirà a sopravviere al secolo in corso, vista la sua condotta predatoria nei confronti del pianeta.
Darren Aranofsky ha dichiarato apertamente d’aver scritto di getto la storia di Mother!, come reazione agli orrori in svolgimento sul pianeta. Un’allegoria contro la stupidità dell’uomo, che continua a percorre irrimediabilmente la strada verso l’autodistruzione. Contro il saccheggio di madre natura, e contro l’egoismo e la violenza perpetrati dagli uomini sui loro simili.
Per trattare l’attualità sia Guillermo del Toro, vincitore del Leone d’Oro, che George Clooney, hanno fatto un passo indietro nella storia degli Stati Uniti, fermando la lancetta del tempo nello stesso periodo storico. Quello in cui un altro repubblicano, Ike Eisenhower, prometteva al suo paese un fulgido futuro, quando invece l’America era ancora profondamente razzista, classista e sessista.
Il film di del Toro, The shape of water, è un mix di mstery e fantascienza ambientato nel 1962. Una creatura metà uomo e metà pesce viene catturata e usata senza scrupoli negli esperimenti segreti necessari per la corsa allo spazio, il cui unico obiettivo è vincere la concorrenza dei sovietici. Con la diversità della ‘creatura’ il regista di origini messicane ha ricreato quella dimensione di alterità così tanto avversa dai repubblicani di Trump. Che proprio sul confine tra Messico e Usa hanno deciso di innalzare un muro per bloccare il flusso di clandestini in fuga da una nazione messa in ginocchio dai cartelli della droga.
Clooney ha ambientato il suo Suburbicon nel 1959, in una piccola cittadina di provincia abitata da una comunità in apparenza laboriosa e pacifica. Ma le apparenze ingannano. Basta l’arrivo di una famiglia afroamericana per smascherare e scatenare l’odio per la diversità e la violenza tenuti nascosti dietro la maschera del perbenismo bianco.
Per realizzare Ex Libris – New York Public Library il grandissimo documentarista Friedrick Wiseman ha passato mesi interi nella grande biblioteca della Grande Mela. Dove vengono organizzate conferenze, dibattiti, presentazioni di libri con l’autore e concerti. Il regista si è soffermato soprattutto sulle attività di inclusione, formazione e sostegno per i cittadini meno abbienti e meno fortunati. Tra i quali naturalmente spiccano in termini numerici i membri delle minoranze etniche e delle classi svantaggiate. Waiseman con New York Public Library ha ricordato qual’è il compito primario delle istituzioni pubbliche. Costruire una società più umana, solidale, facendo attenzione ai bisogni delle persone, specie quelle in difficoltà, e non alle richieste di chi è già privilegiato.
A Venezia il cinema americano ha bocciato senza appello Trump e il suo governo con una presa di posizione netta. Offrendo un fulgido esempio di arte che pur disinteressandosi all’autoreferenzialità, riesce a creare bellezza dedicandosi con estrema attenzione alla contemporaneità e alla rappresentazione dei suoi problemi.
Michele Lamonaca