La nostra mania di velocizzare è il triste sintomo di una lotta titanica contro il tempo e contro noi stessi
L’ultimo aggiornamento lanciato da WhatsApp permette di velocizzare le note vocali fino a dimezzarne il tempo di riproduzione. Non si tratta di una novità assoluta: altre app di messaggistica, come ad esempio Telegram, hanno già sperimentato questa funzionalità.
Una novità già collaudata che arriva, peraltro, in un momento delicato per il social, di recente al centro di un dibattito relativo alle nuove politiche sulla privacy. Tra fake news e allarmismi contagiosi, l’accusa era quella di non garantire la privacy degli utenti.
Il mito della velocità: un morbo che ci travolge da più di un secolo
Quella di velocizzare le note vocali è solo l’ultima di una lunga serie di tendenze che mirano all’ottimizzazione ossessiva dei tempi.
“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità”.
Questo scrivevano i futuristi nel loro Manifesto, già nei primissimi anni del ‘900. Invocavano la rapidità e il dinamismo come nuovi ideali del secolo: la velocità come una locomotiva che avrebbe dovuto guidare l’umanità verso la modernità. Ciò che non avevano previsto era che di lì a poco, il progresso, sarebbe passato dall’essere al servizio dell’umanità a renderla schiava dei suoi ritmi frenetici.
Velocizzare le note vocali era davvero necessario? La tecnologia risponde a delle esigenze o ne crea delle altre?
Per ogni nostra perplessità e necessità – che sia un dubbio amletico o un dubbio del tipo: “perché il mio gatto è in sovrappeso?” -, c’è sempre una creatura digitale pronta ad assisterci. La tecnologia e il mondo del marketing hanno un occhio piantato dentro di noi: conoscono le nostre abitudini, prevedono e plasmano le nostre necessità cercando di offrirvi una risposta commerciale. Il dubbio che si insinua nella mente degli utenti è che forse alcune esigenze non siano poi delle vere e proprie esigenze, come nel caso dell’aggiornamento che permette di velocizzare le note vocali. Il confine tra necessità e capriccio è molto labile: davvero non abbiamo qualche minuto per ascoltare una persona che parla? Alterarne il tono e il ritmo naturale della voce solo per risparmiare qualche frazione di secondo, è davvero così indispensabile?
Nessuno ha tempo per perdere tempo
Guardarsi negli occhi e parlare del più e del meno è un lusso che ci concediamo difficilmente. Coltivare relazioni spesso viene percepito come una perdita di tempo: non c’è spazio per le chiacchiere inutili nella nostra routine sovraffollata. Promettersi un caffè di tanto in tanto, è diventata la bugia più in voga degli ultimi decenni. Al massimo possiamo permetterci una telefonata fatta di fretta, con il cellulare in mano e la testa immersa in chissà quali scadenze improrogabili. Oppure un paio di messaggi, con frasi scritte a metà e completate dalla tastiera intelligente. Ma a pigiare lettere sullo schermo ci vuole troppo: meglio le note vocali, da registrare e ascoltare furtivamente mentre si aspetta il verde ad un semaforo.
Ma come la mettiamo se il messaggio vocale è un flusso di coscienza di lunghezza inaudita?
È fisiologico: la nostra pazienza ha la stessa durata di un ghiacciolo sotto il sole d’agosto. Se il tempo è denaro, la vita è una corsa in cui, per sopravvivere, è necessario pianificare e incastrare ogni istante, come in un puzzle. Le relazioni umane non fanno eccezione: se il tempo a nostra disposizione è contingentato, anche quello da dedicare agli altri esseri umani va misurato con il contagocce.
Fermarsi un attimo non è un reato
Il culto della velocità, ormai, è impiantato nel nostro patrimonio genetico. Ci insegnano che per diventare persone di successo si devono collezionare traguardi precoci e battere il tempo: correre, correre, correre. In fondo, cos’è che dà valore ad un traguardo se non il tempo in cui lo si raggiunge? La tartaruga batte la lepre solo nelle favole. Chi chiede una pausa è un blasfemo e chi arranca ha già fallito. Frenare di tanto in tanto, non ci toglie la possibilità di arrivare sul podio. E poi chi lo dice che la vita deve essere una maratona continua? E se invece ci fermassimo un momento per riprendere fiato, ascoltare e ascoltarci?
(Senza velocizzare le note vocali e trasformare le voci umane in suoni robotici e algoritmici, s’intende.)
Maria Luisa Zecca